di Nica FIORI
Sutri. Nove mostre per inaugurare il Museo di Palazzo Doebbing
A Sutri è stato inaugurato il Museo di Palazzo Doebbing, già sede vescovile e ora prestato al Comune come sede di esposizioni artistiche. La cittadina del Viterbese, che vanta un eccezionale parco archeologico con un anfiteatro, un mitreo e una necropoli rupestre, si arricchisce così ulteriormente di un luogo idoneo ad attrarre visitatori amanti dell’arte e della cultura.
Palazzo Doebbing prende il nome dal prelato tedesco Joseph Bernhard Doebbing che nel 1900 fu nominato vescovo di Nepi e Sutri, dove ampliò l’edificio annesso alla cattedrale, ristrutturandolo in chiave medievale, ma è a Vittorio Sgarbi, sindaco di Sutri, e al finanziatore Emmanuele Emanuele, presidente della Fondazione Terzo Pilastro Internazionale, che si deve l’apertura del museo, dove sono state allestite nel giro di un mese ben nove mostre, e una decima si inaugurerà a dicembre: un vero Festival d’Autunno finalizzato alla conoscenza dell’arte e della cultura.
Caratterizzato da una facciata con una torretta, il palazzo, cui si accede da piazza del Duomo, è stato appena restaurato e ha riportato alla luce nella parte inferiore murature romane. Vi sono anche delle terme romane, aperte a suo tempo da Doebbing, ma per ora non visibili al pubblico. Molto apprezzate sono le terrazze, adiacenti alla sala conferenze, dalle quali si gode un bel panorama sul campanile della cattedrale e su un idillico paesaggio verde. Proprio per questa affinità col meraviglioso contesto paesaggistico che si vede di fronte (parco archeologico e Villa Savorelli) è stata sistemata nella sala la tela circolare Passeggiata amorosa di Pellizza da Volpedo,
ovvero la prima delle mostre ospitate nel palazzo, denominata “Idillio verde”. Quest’anno ricorre il 150° anniversario della nascita del pittore, noto soprattutto per Il Quarto Stato (1901), icona delle lotte proletarie del Novecento, che costituisce, come scrive Sgarbi, “il manifesto politico di Pellizza da Volpedo, mentre l’Idillio verde è la sua meditazione lirica, la sua interiorità romantica”. Dipinto anch’esso nel 1901, l’Idillio si ricollega all’altro più celebre dipinto come “introduzione a un mondo nuovo”. Entrambe le opere mostrano un’avanzata, un cammino, uno verso la storia e l’altro, più intimo, verso l’anima. Il dipinto è stato prestato dal Museo civico di Ascoli Piceno, che il 15 dicembre manderà l’Estasi di San Francesco di Tiziano, che sarà protagonista della decima mostra.
Scendendo di un piano incontriamo l’esposizione più ampia, “La bellezza di Dio”, ovvero 34 opere di arte sacra (oggetti, tavole e tele, che vanno dal XIV al XVII secolo), provenienti dalle chiese della Tuscia. Giustamente in questo caso si può parlare di bellezza perché questo tipo di arte fa rivivere le emozioni di una storia religiosa che si ripete innumerevoli volte, senza esaurirsi nella ripetizione. Scene e personaggi risultano dai testi sacri, ma l’artista, che non li ha mai visti, li inventa, ispirato dalla sua fede. Ed ecco che queste immagini appaiono come se fossero reali davanti ai nostri occhi e noi non possiamo che pensare: questo è Cristo, questa è la Madonna, questi sono i Santi, questi sono gli Angeli, perché riconosciamo i loro volti, i loro atteggiamenti, i loro simboli. Passiamo dalle opere più antiche, con capolavori di Antonio da Viterbo, Sano di Pietro, Antoniazzo Romano e altri maestri, a quelle barocche tra cui San Giovanni e il drago, di Giovanni Lanfranco, senza trascurare raffinati manufatti della produzione argentiera laziale (statuetta di Santa Caterina d’Alessandria e due busti reliquiari di santi) e un cofanetto in avorio. Proviene da Campagnano (chiesa di S. Giovanni Battista) la “miracolosa” Madonna col Bambino in trono, detta Madonna del Sorbo, la cui tipologia è quella dell’Odigitria (colei che indica la via) e insieme della Madonna regina. È una tempera su tavola, realizzata da un pittore romano nel XIII secolo, che secondo una leggenda sarebbe stata trovata in un albero di sorbo da un porcaio che avrebbe udito la voce della Madonna.
Scendendo ancora troviamo le altre mostre, a partire da “Kouros”, che espone alcuni dipinti e disegni di Roberto Ferri, un pittore di grande talento che vive a Sutri.
L’artista, nato a Taranto nel 1978, è giunto a elaborare un suo raffinato linguaggio basato su rigorosi principi formali ed estetici. Le sue opere colpiscono l’osservatore per l’estrema perizia esecutiva, l’ipermanierismo e il lirismo fantastico con cui riesce a trasfigurare i corpi umani, trafitti da una luce caravaggesca. La pittura antica viene reinterpretata e rimodellata attraverso pose ardite e macabre invenzioni in grado di suscitare meraviglia. I dettagli e i simboli giocano un ruolo importantissimo nelle sue composizioni che indagano nella psiche, alla ricerca di una terribile verità.
I nudi sono resi con estremo realismo, con i muscoli in tensione e le vene palpitanti, e i drappeggi dei tessuti con le più impercettibili sfumature cromatiche. I colori dominanti sono il bianco e il rosso, un rosso che allude al sangue e al male che tutto divora. Ben tre dipinti raffigurano San Giovanni Battista, ma non mancano alcune figure mitiche, come Narcissus e Creatura antica, una specie di fauno con vistose corna.
I suoi nudi sono messi a confronto in una sala attigua con le fotografie di fine Ottocento e primi decenni del Novecento di giovani maschi nudi, colti in varie pose da Wilhelm von Gloeden: immagini che potrebbero dar fastidio a qualche visitatore perché sembra trasparire un certo compiacimento voyeuristico da parte del fotografo. Pare, in effetti, che nel corso della presentazione ufficiale, il vescovo e gli altri prelati abbiano volutamente saltato questa stanza, ritenuta da Sgarbi “la più eccitante” del museo.
Il percorso prosegue con “Animali e Piante immortali”, ovvero le sculture metalliche di Ivan e Luciano Zanoni, disposte anche nelle terrazze, e con “Il nuovo Quarto Stato”, ovvero Migranti di Giovanni Iudice, un pittore in equilibrio tra realismo magico e neorealismo che richiama la Sicilia di Pirandello e di Guttuso. La sua opera ci appare come un viaggio verso la speranza da parte di migranti africani, che si collega al viaggio degli operai verso la modernità di Pellizza da Volpedo. Vi sono quindi le “Icone” di Matteo Basilé, un fotografo che usa il digitale come un pittore usa i colori, creando effetti surreali, e “Sotto il cielo” di Italo Mus, un pittore della prima metà del Novecento della Val d’Aosta, le cui tele hanno secondo Sgarbi “la forza di Sironi e l’intimità di De Pisis”.
Si prosegue con “Altalena Etrusca”, un progetto di monumento a Sutri di Luigi Serafini, che rievoca il passato etrusco della città, e per finire “Eva, To the wonder”, con video e fotografie di un’artista russa che si firma EVA. Indubbiamente con questa immersione nell’arte, sia antica che contemporanea, sembra proprio di assistere
alla rinascita culturale di Sutri. Il professore Emmanuele Emanuele, innamorato della città, dove trascorre abitualmente il fine settimana, finanzierà con la sua Fondazione per i prossimi 10 anni il Museo di Palazzo Doebbing e ha manifestato alla Soprintendente per l’area metropolitana di Roma e l’Etruria meridionale, Margherita Eichberg, la sua completa disponibilità economica per il restauro del Mitreo di Sutri*.
Nica FIORI Sutri (VT) ottobre 2018
*Per approfondimenti sul Mitreo di Sutri, v. articolo di Nica Fiori al seguente link:
MUSEO DI PALAZZO DOEBBING. Sutri, piazza del Duomo. fino al 13 gennaio 2019
Orari: ottobre: venerdì, sabato e domenica ore 10,30-13,30 e 15,30-18,30; dicembre e gennaio: venerdì, sabato e domenica ore 10,30-13,30 e 14,30-17,30; visite guidate e aperture straordinarie su prenotazione; Biglietto: 8 €, ridotto 6€ , oppure 4€ o 2€ a seconda delle categorie: gratuito per gli aventi diritto