redazione
Rossana Torlontano, Silvestro dell’Aquila – Rarissimo scultore, bonissimo architettore e pittore, con un saggio di Simona Ferrauti, De Luca Editore d’Arte, Roma 2024, pp. 142
Si è assistito in anni recenti ad una efficace ripresa degli studi sulla scultura abruzzese e nonostante la documentazione non sia sempre adeguata – pochi in effetti sono i testi di riferimento archivistico in proposito – tuttavia non poche pubblicazioni stanno mettendo in rilievo il livello e la rilevante qualità di molta produzione artistica, soprattutto dei secoli XV e XVI. In questo senso, è significativa la convergenza dei vari studiosi sulla necessità di ricomporre con i loro studi una storiografia ancora poco salda che necessita di continue ricerche e approfondimenti naturalmente all’interno di una logica metodologica basata sulla scientificità e sulla innovazione.
La vicenda artistica di Silvestro dell’Aquila, principale esponente della scultura abruzzese nel secondo Quattrocento, è un contributo che si muove precisamente entro questa direttrice fornendo una prova ineludibile di come la rinnovata attenzione cui si faceva cenno porti a risultati invero considerevoli.
Non a caso la figura e l’opera di Silvestro dell’Aquila (pseudonimo di Silvestro di Giacomo, Sulmona, 1450 ca, – L’Aquila, 1504) viene presentata in questo studio di Rossana Torlontano – che del maestro ripercorre i principali passaggi – in forza anche di un’attenta ricognizione dei documenti che lo riguardano. In effetti Silvestro era originario di Sulmona, città del padre, “magister Iacobus”, un orafo che si trasferisce all’Aquila verosimilmente alla metà degli anni sessanta del Quattrocento, quando il figlio doveva essere ancora adolescente.
Nel primo documento che lo riguardi, datato 8 gennaio 1471, Silvestro di Giacomo da Sulmona prende in affitto con Giovanni di Biasuccio da Fontavignone una bottega, circostanza che consente di fissare la sua nascita – di cui non è stata trovata nessuna registrazione – intorno alla metà del secolo: in effetti ancora diversi anni dopo, il 13 luglio 1480, l’artista potrà ricevere il compenso di 160 scudi per il monumento del cardinale Agnifili solo “cum consensu Iacobi sui patris”, prova che la sua definitiva emancipazione dalla tutela paterna non era ancora avvenuta. Si pensa pertanto ad una sua iniziale formazione proprio nella bottega del padre, ma ben presto Silvestro deve conquistarsi in modo autonomo il favore dei suoi concittadini, visto che il primo dicembre 1478 accetta la commissione della sua opera più celebre (o comunque più studiata), il bel San Sebastiano ligneo realizzato per la chiesa aquilana di Santa Maria del Soccorso e oggi conservato nel Museo Nazionale d’Abruzzo e che campeggia sulla copertina del libro pubblicato da De Luca editori d’Arte.
Non è però questa la sua prima opera, dal momento che in un atto del 12 febbraio 1476 l’artista si impegna a realizzare entro il successivo mese di luglio una statua di san Giacomo, da collocare in un tabernacolo decorato con oro e “coloribus bonis et perfectis”, per la Cattedrale di San Massimo.
La permanenza di una “assodata disattenzione verso l’arte aquilana” da parte quanto meno di alcuni settori del mondo accademico, denunciata pochi anni fa da Michele Maccherini (cfr. la voce Silvestro dell’Aquila in Dizionario Biografico degli Italiani, vol. 92, 2018 [2020]), comporta senza dubbio alcune aporie. In primo luogo che la relativamente precoce datazione del San Sebastiano conduca necessariamente a riproporre all’attenzione degli studi la questione non ancora del tutto risolta dei rapporti di Silvestro con le coeve ricerche fiorentine e con gli esiti di quanto avveniva a Roma, nell’ambito del completamento della sua formazione.
Simili problemi si presentano di fronte ad altre sue opere di alto respiro, in marmo, quali il Monumento funebre del cardinale Amico Agnifili nel duomo aquilano, (completato nel 1480; seriamente danneggiato da un terremoto del 1703 e ricomposto in modo frammentario nel tardo Ottocento), il Monumento funebre di Maria e Beatrice Camponeschi nella Basilica di San Bernardino (commissione attestata nel 1488) e nella stessa Basilica il Mausoleo di San Bernardino, che l’artista non riuscì a finire e che venne completato dopo la sua morte (1504) da Salvato di Girolamo (Salvato Romano) e da Angelo di Marco da Arischia (o di Stroncone).
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Si fa apprezzare nel volume su Silvestro dell’Aquila il contributo di Simona Ferrauti – “Cum tabernaculo portis et suis Historiis” – I tabernacoli come pala d’altare nel Rinascimento abruzzese e il caso del San Sebastiano di Silvestro dell’Aquila (pp. 103-129). La studiosa prende le mosse proprio dal San Sebastiano e dalla sua originaria collocazione (scomparsa) per un’accurata disamina dei probabili modelli dell’insieme originario (un tabernacolo decorato) con raffronti e interessanti proposte.
Ma non si può concludere questa breve disamina senza far quanto meno cenno ai numerosi studi per certi aspetti ineludibili che nel corso della sua carriera universitaria Rossana Torlontano ha dedicato alla produzione scultorea abruzzese facendo letteralmente fuoriuscire – se si può dire – da chiese e luoghi normalmente trascurati nomi e opere da rivalutare e risarcire. Come nel caso di Francesco da Tolentino e Andrea Delitio, per non dire del saggio intitolato La Chiesa di s, Maria della Misericordia, una inedita testimonianza della cultura artistica di primo Cinquecento pubblicato di recente negli Studi in onore di Alessandro Tomei (2022), a testimonianza di quanto l’autrice abbia contribuito a far emergere una realtà solitamente sottovalutata. E soprattutto non si può prescindere dal contributo fornito alla ricognizione del patrimonio artistico dopo il terremoto ad Amatrice, al cui territorio la studiosa aveva già precedentemente dedicato ricerche e pubblicazioni, come documentammo due anni fa ( https://www.aboutartonline.com/memoria-e-futuro-per-amatrice-la-forza-delle-immagini-come-atto-estremo-di-conservazione-e-strumento-di-ricostruzione/)
Roma 2 Marzo 2025