redazione
Mercoledì 1° settembre alle ore 19.00, presso la Fondazione Palmieri nella Chiesa di San Sebastiano in Vico dei Sotterranei a Lecce, a cura di Benarte e con la collaborazione della Libreria Palmieri, sarà presentato il libro di Andrea Apollonio S’indaghi Malò il fiammingo. Inchiesta impossibile di un pubblico ministero nell’epoca di Caravaggio, edizione La Bussola, Roma, 2021, n. 1 della collana “Arte e Giustizia”. Con l’autore dialogheranno lo storico dell’arte Emilio Negro e l’avvocato Enzo Verricchio moderati da Meri Spinelli.
Il pugliese Andrea Apollonio, il giovane autore di questo volume prodotto dalla casa editrice romana La Bussola, è attualmente Pubblico Ministero in Sicilia, già procuratore presso l’Avvocatura dello Stato e dottore di ricerca nell’Università degli Studi di Pavia. Ha scritto e curato numerosi saggi sulle mafie, tra cui Storia della Sacra corona unita, e nel 2016 ha vinto il premio “Building Apulia” per scrittori emergenti con il romanzo L’arte borghese della guerra proletaria. Attualmente è tra i tre finalisti del prestigioso premio “Racalmare Leonardo Sciascia” col libro I pascoli di carta.
Grande appassionato d’arte, nel 2020 è stato messo in scena il suo testo teatrale Goodbye Scu, mentre nel suo ultimo libro che sarà presentato a Lecce affronta un tema più strettamente pittorico partendo dal dipinto Cristo che guarisce il paralitico legato all’ambiente del pittore nordeuropeo Vincent Malo (1602-1644) e impostando attorno al quadro una piacevolissima attività investigativa che intreccia le modalità del processo penale con quelle delle indagini storico-artistiche.
Saggistica, Storia e Narrazione tra Arte e Cronaca Giudiziaria presenti e passate sono alla base della nuova collana “Arte e Giustizia” ideata dalle edizioni La Bussola. Non a caso nel comitato scientifico e nella direzione di questo progetto editoriale compaiono storici e critici d’arte quanto esperti di Diritto e Legislazione: Massimiliano Floridi, Giuseppe Iannaccone, Gesine Pogson Dora Pamphilj, Nicosetta Roio, Enzo Varricchio.
D’altra parte nel corso dei secoli è sempre accaduto che arte e crimine abbiano seguito percorsi paralleli: sono innumerevoli i sommi artisti noti, oltre che per le loro opere memorabili, anche per aver commesso reati, talvolta molto gravi. E il Seicento, il secolo del Caravaggio e l’epoca in cui vide la luce il Cristo che guarisce il paralitico, l’opera protagonista del libro di Andrea Apollonio, fu per eccellenza il periodo in cui fu addirittura catastrofico il numero delle pene capitali eseguite nella sola Roma: è stato calcolato che nel decennio in cui il caravaggino Michelangelo Merisi visse nell’Urbe (1596 ca.-1606) vi siano state 621 esecuzioni capitali, la maggior parte delle quali nei primi anni del papato di Clemente VIII Aldobrandini (1592-1605), quando la vox populi soleva dire “si vedono più teste al Ponte [il rione delle esecuzioni] che meloni al mercato”.
Immaginare che il Merisi, come altri artisti, non abbia presenziato ad alcuna di esse senza restare profondamente impressionato è poco credibile, soprattutto riflettendo sul fatto che tra le sentenze capitali eseguite ci furono il rogo a Campo de’ Fiori di Giordano Bruno (1600) e, solo un anno prima, presso Ponte Sant’Angelo, il taglio della testa di Beatrice Cenci, la nobile fanciulla romana che fu difesa appassionatamente, quanto invano, proprio da un “collega” dell’autore di Si indaghi Malo’ il Fiammingo. Inchiesta impossibile di un pubblico ministero nell’epoca di Caravaggio: Prospero Farinacci che, oltre ad essere “criminalista”, era anche giudice e procuratore del pontefice.
Come Andrea Apollonio, anche Farinacci amava i pittori, dei quali collezionava le opere, e soprattutto per ritemprarsi dalle fatiche dei tribunali amava discutere d’arte garbatamente con amici, artisti e conoscitori, poiché anch’egli ben sapeva che “vita brevis, ars longa”.
Roma 29 agosto 2021