di Claudio LISTANTI
È partita lo scorso 2 aprile la prima edizione del Festival Sacro Incanto, una nuova rassegna musicale organizzata dall’Associazione In Canto di Terni, istituzione presieduta di Carlo Podestà e diretta per la parte artistica da Fabio Maestri.
Una attività concertistica strutturata per proporre, nell’ambito del territorio ternano, capolavori della musica sacra arricchendo così il contenuto spirituale e mistico che solitamente coinvolge gli animi e i pensieri di molti devoti e appassionati della Grande Musica nel periodo pre-pasquale.
La nuova manifestazione musicale, per questa prima edizione, si articola in cinque concerti di grande interesse che dal 2 al 13 aprile coinvolgeranno alcune località dell’Umbria ternana, come Amelia, San Gemini, Collescipoli e la stessa Terni.
Il concerto inaugurale del 2 aprile ha già messo in evidenza la valenza artistica di questa piccola, ma grande, rassegna, presentando al pubblico due composizioni di non comune ascolto che ha richiamato presso la Chiesa di San Francesco a San Gemini un folto pubblico rimasto entusiasta per quanto ascoltato.
Il programma della serata era imperniato su due composizioni di carattere sacro poco note. Ad aprire la serata sono state le Litanie di Stanislao Falchi in prima esecuzione in tempi moderni e lo Stabat Mater per due soprani, tenore ed archi op. 61 di Luigi Boccherini.
Innanzitutto c’è da mettere in risalto la scelta di inserire una composizione di Stanislao Falchi. Nato a Terni nel 1851, Falchi fu musicista e didatta di una certa importanza nel periodo a cavallo tra gli ultimi venti anni dell’800 e i primi venti anni del ‘900. Con questo concerto l’Associazione In Canto ha voluto rendere omaggio al suo illustre concittadino in occasione del centenario della scomparsa avvenuta nel 1922.
La sua attività di didatta, come raccontano i libri di storia, avvenne soprattutto nella città di Roma dove insegnò canto corale al Liceo Musicale di Santa Cecilia avendo, tra i numerosi allievi, personalità musicali che divennero poi di primaria importanza nel panorama musicale italiano come Bernardino Molinari, Licinio Refice e Vittorio Gui. Dal 1902 al 1915 fu chiamato a dirigere il glorioso Liceo Musicale carica che alternò all’insegnamento come maestro del coro della Scuola Comunale di Roma, incarico che tenne dal 1883 al 1916.
Per quanto riguarda la sua attività di musicista sono da ricordare due opere liriche rappresentate a Roma, Lorhèlia nel 1878 e Giuditta nel 1887 assieme ad una Ouverture per il Giulio Cesare di Shakespeare nel 1881 e, in occasione dell’inaugurazione dei concerti dell’Accademia Filarmonica Romana presso il palazzo Doria Pamphilj di piazza Navona, nel dicembre del 1891, un Ave Caesar per coro ed archi che faceva parte di un variegato programma diretto per l’occasione da Raffaele Terziani, in quel periodo figura di spicco nell’ambiente musicale romano. La collaborazione di Falchi con la Filarmonica produsse anche un Requiem eseguito nel 1883 per l’annuale messa funebre celebrata nel Pantheon per commemorare la morte di Vittorio Emanuele II, incarico esclusivo e prestigioso affidato alla Filarmonica dal governo italiano di allora.
Per quanto riguarda il concerto ascoltato presso la Chiesa di San Francesco a San Gemini è stata scelta una composizione del tutto significativa riguardo all’attività di didattica di Falchi: le Litanie per due voci ed armonium. È un’opera musicale giunta a noi manoscritta e mancante di alcune parti. Nell’insieme, però, riesce ad evidenziare quelle caratteristiche didattiche derivate dall’attività principale del musicista. Tali considerazioni sono il frutto degli studi effettuati dalla musicologa Silvia Paparelli, membro e consigliere dell’Associazione In Canto, autrice della pubblicazione “Stanislao Falchi: musica a Roma tra due secoli”. La studiosa mette in evidenza la semplicità della composizione, avanzando anche l’ipotesi che le parti mancanti siano state espunte dallo stesso musicista. Le parti giunte a noi sono il Kyrie, le Invocazioni alla Trinità e alla Vergine e l’Agnus Dei.
Nella seconda parte del concerto un capolavoro di Luigi Boccherini, anche se di raro ascolto: lo Stabat Mater per tre voci ed archi op. 61, musicato sul celebre testo attribuito a Jacopone da Todi che è stato utilizzato con grande frequenza nella musica sacra di tutti i tempi.
Come è noto, oggi, siamo a conoscenza di due versioni di questo indiscutibile capolavoro. La prima, scritta nel 1781 in Spagna ad Arenas in Avila per ordine dell’Infante di Spagna Don Luis per soprano ed archi e, la seconda, per due soprani, tenore ed archi che risale all’anno 1800. Entrambe le versioni sono conservate presso la Biblioteca dell’Istituto Musicale Luigi Boccherini di Lucca. La seconda versione è quella più conosciuta in quanto, già nel 1801, fu pubblicata con una edizione a stampa, mentre quella del 1781 è giunta a noi manoscritta solo pochi anni fa.
La versione 1800, ascoltata in questo concerto, che alcune fonti riferiscono essere dedicata a Luciano Bonaparte ambasciatore di Francia a Madrid, è una rielaborazione della stesura originaria arricchita nell’organico vocale (due soprani, tenore e archi), ampliata con una introduzione strumentale tratta dalla Sinfonia in fa maggiore op. 35 n. 4 del 1782 presentando anche qualche modifica apportata nella parte strumentale del finale dell’Eja mater assieme ad un ampliamento dell’Amen del Quando corpus finale. Accanto a questi anche cambiamenti nella dinamica, nel fraseggio e nei timbri.
Tale situazione contribuisce a far scaturire negli studiosi e negli appassionati le consuete discussioni di quando ci si trova di fronte a due versioni dello stesso pezzo. In questo caso la scoperta della prima edizione ha portato la critica a giudicare questa versione più incisiva dal punto di vista spirituale e delle emozioni interiori. Altri sostengono che la versione 1800 abbia una più ampia espressività dovuta all’utilizzo di tre voci dalle caratteristiche basilari diverse che ne garantiscono contrasti emotivi di straordinario fascino.
Lasciando agli esperti questa, anche se affascinante, discussione l’ascolto della seconda versione ci presenta un capolavoro al quale Boccherini ha impresso la sua abilità nell’utilizzo degli archi come elemento espressivo, una materia nella quale eccelleva particolarmente ad alla quale trasfuse la sua indiscussa abilità di violoncellista che, anche in questa opera, risulta di grande presa nell’introduzione del già citato Eja Mater dove al violoncello è riservata una parte prevalente, di guida per tutto il brano che nel suo sviluppo coinvolge i violini e tutti gli archi, esaltante base per il canto dei due soprani. Ciò che colpisce in questo brano è la solidità dell’amalgama che riesce a legare tutti gli archi che compongono l’orchestra; una derivazione diretta della parte più cospicua del catalogo del musicista lucchese e dedicata alle musiche per archi, per le quali ha prodotto grandi capolavori come i Quartetti e, soprattutto, i Quintetti, considerati i capolavori più importanti del compositore.
L’esecuzione del concerto è stata affidata a Fabio Ciofini, che ha dimostrato di essere ‘specialista’ per questo repertorio, offrendo una interpretazione del tutto godibile nell’insieme. Al suo fianco l’Accademia Hermans, da lui stesso fondata e composta da strumentisti di valore che per questa occasione erano Azusa Onishi e Sara Montani violini, Luca Sanzò viola, Alessandra Montani violoncello e Alessandro Schillaci contrabasso. Per la parte vocale c’è stato il contributo de Il Labirinto vocale formato dai soprani Giovanna Gallelli e Patrizia Polia e dal tenore Franco Luisi.
Fabio Ciofini ha messo in risalto le peculiarità di entrambe le composizioni. Nelle Litanie, esecutore all’armonium, ne ha sintetizzato il carattere didattico e la conseguente ‘semplicità’ dell’insieme, ben coadiuvato dai due soprani appartenenti a Il Labirinto vocale. Nello Stabat Mater di Boccherini ne ha evidenziato la spiritualità e gli elementi rappresentativi che una composizione come lo Stabat contiene, curando l’esecuzione per ottenere la necessaria amalgama tra tutti i componenti dell’orchestra e i tre interpreti vocali che hanno offerto un contributo determinante con l’interpretazione del tenore Franco Luisi e, soprattutto, per la parte riservata ai due soprani che risulta preponderante all’ascolto, forse derivazione diretta dell’unica parte vocale presente nella prima stesura, alla quale le due componenti de Il Labirinto vocale hanno dato un felice contrasto sonoro dovuto alle caratteristiche dalla voce di ognuna di esse, quella cristallina e chiara di Giovanna Gallelli abbinata a quella più corposa e scura di Patrizia Polia.
Il concerto ha riscosso un buon successo di pubblico convenuto numeroso presso la Chiesa di San Francesco di San Gemini la cui struttura originale duecentesca, seppur in presenza di varie vicissitudini di carattere architettonico subite nel corso dei secoli, conserva ancora oggi le sembianze originali, dimostrando di essere stata cornice ideale per il contenuto di questo concerto.
Applausi numerosi e scroscianti per tutti gli interpreti che hanno ringraziato il pubblico con un bis di uno dei brani dello Stabat Mater.
Concludiamo la nostra recensione ricordando che il Festival Sacro Incanto si concluderà nei giorni della cosiddetta Settimana Santa con l’esecuzione di uno dei monumento della musica sacra di tutti i tempi, la Johannes-Passion (Passione secondo Giovanni) BWV 245 di Johann Sebastian Bach che sarà eseguita il 12 marzo presso il Duomo di Amelia e il 13 marzo presso la Chiesa di San Pietro a Terni con la direzione d’orchestra di Fabio Maestri.
Claudio LISTANTI Roma 10 Aprile 2022