di Stefania MACIOCE
In 44 anni di frequentazione accademica, non sono mai riuscita a chiamarlo Maurizio, mi sembrava una mancanza di rispetto. Ho conosciuto Maurizio Calvesi a Venezia nel 1976, dopo aver seguito una bellissima trasmissione televisiva in cui parlava di Giorgione. Decisi allora che sarebbe stato il mio professore e fu così. L’ho seguito per tanti anni, affezionatissima allieva, dal suo primo corso su Piero della Francesca in poi. Curavo orgogliosamente le dispense dei suoi corsi, poi il consueto percorso: laurea e dottorato. Non dimenticherò mai che il professore riuscì a partecipare alla presentazione della mia tesi di dottorato al collegio docenti, era appena rientrato da New York, frastornato dal jet lag, ma c’era.
Ne’ posso dimenticare i tanti appuntamenti nel suo splendido studio. Ricordo il bellissimo convegno su Caravaggio in Sicilia e a Malta nel 1985 con tanto studiosi, c’erano proprio tutti, era un clima molto allegro Alessandro Zuccari certamente lo ricorderà e proprio lì il professore mi consigliò di lasciare gli studi su Ferrara estense per concentrarmi su Caravaggio e così fu. Mi accompagnò poi a Milano per iniziare le ricerche nell’archivio dell’Ambrosiana. Non ho mai messo in discussione i suoi suggerimenti e le sue indicazioni. Calvesi è stato sempre disponibile, per me era il Maestro, sebbene la sua proverbiale, oggettiva lucidità fosse sovente velata di ironia e talvolta di sarcasmo, è stato sempre affettuoso e gentile perché comprendeva l’autenticità della mia devozione. Quando morì mio padre mi scrisse una lettera indimenticabile che, naturalmente, conservo.
È stato un percorso lungo di studi, di vita accademica, di amicizia, ricordo ancora una bellissima estate nella sua incantevole casa di Tropea: solo qualche momento di ansietà da parte mia e me ne rammarico.
Anche negli ultimi tempi dolorosi lo ritrovavo e sebbene la conversazione fosse un pochino rallentata, il filo del dialogo non si è mai interrotto.
Indubbiamente introverso, complesso e sensibilissimo Maurizio Calvesi ha avuto la statura e il peso di un Maestro vero, aperto a tutti i campi dell’ indagine sull’arte, ha avuto la forza dell’intuizione acuta, l’acribia del metodo e il grande dono della scrittura. Sono stati anni belli pieni di battaglie, di polemiche, di vitalità, di progetti: dal ciclo di mostre sul Quattrocento alle biennali, da Giorgione a Piero della Francesca, da Dürer a Caravaggio, dall’Avanguardia di massa a Boccioni e a Duchamp, anni di fermento produttivo.
Non ho potuto salutare il mio amato professore e nel rammarico lo abbraccio con tutto il mio affetto è un commiato triste che mai avrei voluto.
Grazie mio carissimo professore, ora soltanto posso dire grazie Maurizio, per tutto ciò che ho ricevuto per il tuo affetto e per il dono di questa bellissima esperienza.
di Stefania MACIOCE Roma 25 luglio 2020