di Claudio LISTANTI
Grande successo per il secondo concerto sinfonico della stagione 2020-2021 dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia che ha visto protagonisti il pianista Stefano Bollani ed il direttore Antonio Pappano.
L’Accademia Nazionale di Santa Cecilia è, tra le istituzioni musicali italiane, una delle più attive per la ripresa delle esecuzioni dal vivo interrotte a causa della situazione sanitaria del nostro paese e recuperare così quello speciale rapporto tra ascoltatore ed esecutore che è il baricentro ideale per la diffusione e lo sviluppo dell’arte musicale.
Ovviamente le difficoltà incontrate sono enormi perché la situazione sanitaria è ancora lontana dalla soluzione e la proposta di concerti dal vivo è sottoposta a regole e vincoli che ne limitano, purtroppo gli effetti. Nonostante tutto la caparbietà, e la competenza, degli organizzatori dei concerti ceciliani, consci anche del ruolo fondamentale che riveste l’istituzione nell’ambito dello sviluppo culturale del nostro paese, hanno programmato una stagione concertistica di tutto rispetto che consente al pubblico di partecipare attivamente all’ascolto dei concerti rispettando completamente tutte le disposizioni in materia sanitaria.
Dopo le più che soddisfacenti aperture delle stagioni Sinfonica e Cameristica della scorsa settimana, il 22 ottobre era in programma il secondo concerto ‘sinfonico’ che ha visto brillare il direttore musicale Antonio Pappano che alla guida dell’Orchestra Sinfonica dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia ha avuto al suo fianco uno dei pianisti italiani più emergenti del momento, Stefano Bollani, offrendo al pubblico una esecuzione davvero godile ma anche ‘preziosa’ per i capolavori musicali proposti.
Nello specifico sono state eseguite musiche emblematiche nell’ambito della Musica di tutti i tempi, la cui fama è dovuta in particolar modo a quegli elementi di ‘sperimentazione’ e di ’innovazione’ che contraddistinguono le partiture.
Aprivano il programma due grandi pagine di Giovanni Gabrieli, musicista di levatura europea operante a Venezia a cavallo tra la fine del ‘500 e i primi anni del ‘600: la Canzon per sonar Primi Toni a 8 voci e la Canzon per sonar Duodecimi Toni a 8 voci tratte da le Sacrae Symphoniae.
Giovanni Gabrieli è uno dei nomi più importanti della storia della nostra musica. Veneziano di nascita seguì le orme di suo zio Andrea uno dei seguaci di Adrian Willaert che fondò la Scuola Veneziana che ebbe come centro assoluto la Basilica di San Marco, la cui attività era rivolta ad orientare le composizioni verso la ‘policoralità’. Il suo pensiero fu poi portato avanti dal suo allievo Cipriano de Rore ed anche dal già citato Andrea Gabrieli.
Con quest’ultimo la ‘policoralità’ prende con decisione la strada della modernità con uno stile contrappuntistico sempre più sofisticato nel quale l’uso delle dissonanze, che ai primordi della polifonia era di carattere forse più casuale, qui diviene parte integrante dell’espressività con effetti sonori del tutto strabilianti.
Giovanni Gabrieli giunge al termine di questa trasformazione riuscendo a fondere voci e strumenti in modo del tutto coinvolgente dividendo anche gli esecutori in diversi gruppi spesso messi in contrapposizione tra loro coinvolgendo con un turbinio di suoni tutti gli ascoltatori. La Basilica di San Marco in Venezia ne fu ‘struttura architettonica’ ideale per questa concezione di fare musica le cui sonorità derivanti dalle diverse collocazioni degli esecutori riuscivano a riempivano le ampie volute interne della Basilica.
La raccolta delle Sacrae Symphoniae è una delle opere rappresentative dell’arte di Giovanni Gabrieli che vanta anche un catalogo piuttosto esteso; prodotta nel 1597 contiene più di 60 brani tra mottetti, canzoni e sonate utilizzando un contrappunto con più voci, da 6 a 16. Tra queste Sacrae Symphoniae qui a Santa Cecilia sono state scelti due brano a carattere strumentale, Canzon per sonar Primi Toni a 8 voci e la Canzon per sonar Duodecimi Toni a 8 voci, realizzate per quattro trombe e quattro tromboni.
Gli otto strumentisti, Andrea Lucchi, Alfonso Gonzales Barquin, Ermanno Ottaviani, Romolo D’Ippolito trombe e Andrea Conti, Esteban Mendez, Roberto Basile, Francesco Chisari tromboni sono stati collocati in due gruppi contrapposti in alto nella parte sovrastante il palco dell’orchestra utilizzando la magnificenza della struttura architettonica della Sala Santa Cecilia dell’Auditorium Parco della Musica per ricreare e restituire all’ascoltatore del terzo millennio lo splendore e la sontuosità della Basilica di San Marco per la quale furono create.
La direzione di Antonio Pappano, grazie anche all’ottimo apporto degli esecutori prima citati, è stata particolarmente funzionale alla valorizzazione di queste musiche il cui ascolto è stato veramente sorprendente per il pubblico e per noi che scriviamo ma anche con un’ulteriore sorpresa, e questo lo diciamo con un po’ di rimpianto, quella che ci dice che queste musiche sono state eseguite oggi per la prima volta a Santa Cecilia riempiendo così un vuoto durato più di 110 anni ma concludendo con l’augurio di poterle riascoltare più frequentemente in questa splendida sala.
A proposito di Giovanni Gabrieli e per far comprendere ai nostri lettori, al di là delle nostre modeste parole, l’importanza di questi musiche proponiamo l’ascolto della Canzon primi toni a 8 voci in una esecuzione discografica della Canadian Brass.
Audio 1
Giovanni Gabrieli
Canzon primi toni a 8
Canadian Brass diretti da Douglas Haas
Cbc Radio Recordings
℗ 2008 CBC
Edizioni Naxos
https://www.youtube.com/watch?v=tyMyCHflmQM
Dopo questa piacevole apertura il programma prevedeva musiche di un altro ‘veneziano’ illustre, Antonio Vivaldi, del quale è stato eseguito il Concerto in si minore per quattro violini, violoncello, archi e basso continuo, op. 3 n. 10, RV 580 brano contenuto nella raccolta da tutti conosciuta come Estro Armonico.
Anche qui ci troviamo di fronte ad una innovazione. La raccolta, anche se tra le prime opere vivaldiane, è una delle più famose, in quanto contribuì a far conoscere Vivaldi in tutta Europa. Le doti caratteristiche ‘innovative’ di quest’opera sono individuate nella ricerca di fondere in un’unica opera le caratteristiche del Concerto Grossocon quelle del Concerto Solistico, creando così un organismo unico frutto della condensazione dei due stili.
Il valore di questo Concerto in si minore è dimostrato anche dal fatto che è fra i dieci brani scelti da Bach per le sue trascrizioni che, in questo caso, trasformò per quattro clavicembali. La dimostrazione di quanto detto risiede soprattutto nel movimento centrale (Largo. Larghetto. Largo) dove le singole parti violinistiche si intrecciano e dialogano tra loro in efficace contrapposizioni al ‘tutti’ del resto dell’orchestra.
La resa sonora di quanto ascoltato è stata ottimale grazie alla prova dei singoli solisti, Carlo Maria Parazzoli. Alberto Mina, Andrea Obiso, David Romano violini, Gabriele Geminiani violoncello e Carlo Gargiulo clavicembalo ed alla conduzione di Antonio Pappano alla guida degli archi d’Orchestra dell’Accademia di Santa Cecilia. Una esecuzione che può essere sintetizzata come il frutto di una fusione ottimale tra virtuosismo solistico ed eleganza del suono dovuta anche ad una complementare, efficace, cura della parte ritmica e del colore strumentale creando suoni raffinati e prelibati.
Dopo Vivaldi una delle opere più importanti di Igor Stravinskij la Suite da Concerto del balletto Pulcinella. Anche in questo caso si tratta di una musica nata da intenti innovativi. Siamo negli anni 1919-1920 e il compositore russo stava entrando nel periodo cosiddetto ‘neoclassico’ caratterizzato, come dice il termine, da una rivisitazione del classicismo musicale. Su illuminante suggerimento di Sergeij Diaghilev, Stravinskij si ispirò ad alcune famose pagine di Giovanni Battista Pergolesi tratte dal Flaminio, da Lo Frate ‘nnamorato e da Adriano in Siria per costituire una base per un nuovo balletto: Pulcinella. Queste pagine furono riplasmate tramite la sua poetica musicale per ottenere una fusione di stili di grande fascino che fu l’inizio di un nuovo, prolifico, filone della produzione stravinskiana che dal 1920, anno di rappresentazione di Pulcinella, che produsse poi grandi capolavori come Oedipus Rex, Apollon musagète, Sinfonia di Salmi e Perséphone.
Come per molti balletti anche Pulcinella ebbe una suite da concerto per essere eseguita lontano dal teatro, versione che abbiamo ascoltato durante questo concerto che stiamo recensendo. Antonio Pappano ha diretto questa musica in maniera molto incisiva, attento e tutte le raffinatezze orchestrali create da Stravinskij, mettendo in evidenza i colori e, soprattutto, i ritmi forte anche della sua notevole esperienza nel campo del balletto fornendo una prova del tutto convincente.
A conclusione del programma un altro momento di grande attrazione: il Concerto per pianoforte n. 23 in la maggiore, K 488 di Wolfgang Amadeus Mozart per il quale era attesa da tutti gli appassionati l’interpretazione di Stefano Bollani, uno dei pianisti più in vista di oggi. Come è noto Bollani è un musicista conosciuto soprattutto per i suoi legami con la musica Jazz della quale è considerato interprete di grande livello. L’occasione di ascoltarlo in una esecuzione del grande repertorio classico era elemento di curiosità e di interesse. Il pianista milanese ha fornito una prova del tutto convincente riuscendo ad entrare nello spirito della composizione grazie anche ad una perfetta intesa con Antonio Pappano per regalarci nell’insieme una interpretazione intensa, pulsante ed entusiasmante.
Il Concerto per pianoforte n. 23 in la maggiore, K 488 anch’esso contiene alcuni elementi di ‘innovazione’ soprattutto nell’uso delle tonalità: in questo caso è introdotto nel secondo movimento una tonalità minore a fronte della tonalità maggiore d’impianto procedimento fino ad allora piuttosto raro nella produzione mozartiana. Fu composto da Mozart nel 1786 ed è praticamente coevo di uno dei suoi più grandi capolavori, Le Nozze di Figaro; di quest’opera ne ripercorre la grande sensualità e la passione che traspare dai comportamenti dei vari personaggi, una caratteristica che si può ravvisare soprattutto nell’Allegro del primo movimento. Centro gravitazionale del concerto è l’Adagio centrale dai toni patetici e riflessivi che portano ad un generale clima di mestizia che sfocia poi nel brio e nella forza dell’Allegro assai finale dove pianoforte e orchestra si intrecciano per un variegato ed incisivo connubio di suoni.
Tra Pappano e Bollani c’è stata un’intesa perfetta che ha donato all’esecuzione tutta i connotati di eleganza ed incisività. Buona la prova dell’Orchestra dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia che grazie a Pappano riesce ad essere una delle più apprezzate compagini a livello internazionale come dimostra anche l’ultimo attestato in ordine di tempo del prestigioso BBC Music Magazine che la giudica tra le migliori dieci orchestre del mondo.
Di grande presa anche la prova di Bollani che ha superato a pieni voti la prova del gradimento del pubblico ceciliano, uno dei più esperti d’Italia.
Applausi scroscianti e reiterati per tutti dopo la recita del 22 ottobre. Bollani ha ringraziato con due bis, ‘Il sentiero’ da lui stesso composto ed una deliziosa improvvisazione sul terzo movimento della sonata n. 11 per pianoforte K 331 di Mozart, la celeberrima ‘alla turca’ le cui note sono state accostate ai ritmi brasiliani di ‘tico-tico’; due bis che hanno elettrizzato il pubblico.
Claudio LISTANTI Roma 25 ottobre 2020