di Nica FIORI. Foto di Francesca Licordari
Da Forum Novum a Vescovio
In un territorio pianeggiante compreso nel comune di Torri in Sabina (Rieti), accanto ai resti dell’antico municipio romano di Forum Novum, si staglia isolata col suo alto campanile romanico la Chiesa di Santa Maria in Vescovìo, i cui apparati decorativi comprendono un ciclo di affreschi attribuiti alla prima bottega di Pietro Cavallini. Si tratta indubbiamente del centro più antico della storia civile e religiosa della Sabina, il cui toponimo Vescovio deriva da episcopium e in effetti la chiesa è stata fino al XV secolo la Ecclesia Cathedralis Sabinorum, come si legge sul portale di accesso all’atrio, prima che il vescovato passasse a Magliano Sabina e confluisse quindi nell’attuale giurisdizione ecclesiastica di Sabina-Poggio Mirteto.
“Da Forum Novum a Vescovio” è stato il tema della Giornata di Studi del 27 ottobre 2018, organizzata presso l’Oasi di Vescovio dalla Soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio per le province di Frosinone, Latina e Rieti, in collaborazione con la Diocesi Suburbicaria di Sabina-Poggio Mirteto, con l’intento di porre l’attenzione sulle testimonianze culturali e le origini cristiane dell’antica diocesi di Vescovio foronovana.
Partendo da questo sito si intende valorizzare la Sabina nella sua totalità, secondo il motto Tota Sabina Civitas, voluto da Pio VII per lo stemma di Rieti, che vuole idealmente raccogliere i popoli della provincia quasi ad essere una sola città, come ha ricordato il vescovo ospitante Mons. Ernesto Mandara.
Gli studiosi che sono intervenuti hanno fatto il punto sullo stato degli studi e hanno presentato le recenti scoperte compiute nell’antico centro romano di Forum Novum, sorto come luogo di mercato, soprattutto di pecore, su una delle principali vie di traffico della Sabina e organizzato come municipio in età cesariana, come attestato da fonti letterarie ed epigrafiche.
Esso svolgeva la funzione di polo di aggregazione in un ambito territoriale in cui prevalevano forme di insediamento sparso (i cosiddetti vici). Non si conosce la data di fondazione, ma i rinvenimenti attestano una frequentazione a partire dal II secolo a.C., in corrispondenza con l’abbandono del centro sabino di Poggio Sommavilla (Collevecchio, RI). Divenuto sede vescovile nel V secolo, Forum Novum si unì nel IX secolo alle altre diocesi sabine di Cures Sabini (Passo Corese) e Nomentum (Mentana), dando luogo all’episcopium sabino. L’estensione originaria di Forum Novum doveva aggirarsi sui 4 ettari e il primo edificio di culto doveva essere situato a NE della zona forense, dove si trova ancora oggi la chiesa medievale.
Come ha precisato l’archeologo Alessandro Betori nella sua relazione “Prospettive di valorizzazione dell’area archeologica foronovana alla luce degli interventi di recupero e di restauro in corso”, obiettivo primario della Soprintendenza è quello di rendere l’area di Forum Novum fruibile e accessibile al pubblico e di corredarla di un apparato didattico esplicativo, grazie allo stanziamento di 370.000 euro, dei quali 140.000 sono stati già utilizzati nel corso di un anno e mezzo per realizzare alcuni interventi. Betori ha ricordato come il sito, dopo un periodo di oblio, suscitò l’interesse degli studiosi in seguito a un articolo di Carlo Pietrangeli degli anni ’40 del secolo scorso. Le prime ricerche archeologiche, condotte dal 1969 al 1975, hanno riportato alla luce le strutture pubbliche dell’antica città romana quali la basilica e un complesso templare. Indagini più approfondite sono riprese negli anni Ottanta con la scoperta del mosaico pavimentale di un sacello obliterato dalla basilica. Gli scavi sono stati ripresi tra il 1997 e il 2004 dalla British School at Rome in collaborazione con l’Università di Perugia (2004) e hanno portato alla luce gran parte dell’area pubblica del municipium, caratterizzata da un assetto ortogonale. Vi si riconoscono almeno tre edifici di culto, la basilica civile, tabernae, ambienti di soggiorno e di servizio, nonché un articolato sistema di gestione delle acque. Anche al di fuori dell’area archeologica degli scavi, sono stati individuati importanti complessi di edifici, sia pubblici, come l’anfiteatro a terrapieno, che privati, come la sontuosa villa con mausoleo annesso venuta alla luce oltre la via Romana Vecchia. Il prof. Filippo Coarelli, dell’Università di Perugia, ha proposto di attribuire questa proprietà, sulla base di un incrocio tra fonti epigrafiche e letterarie, al cavaliere P. Faianius Plebeius, una sorta di mecenate locale che aveva fatto realizzare a sue spese opere idrauliche utilizzando l’acqua di sorgenti di sua proprietà.
La visita agli scavi ha permesso di ammirare il mosaico pavimentale della cella destra del cosiddetto Capitolium,
con inserti in giallo antico e iscrizione dedicatoria di C. Vibius Celer, e i resti di affresco sulla parete laterale destra, appena restaurati, e un altro mosaico all’interno di un edificio privato con un motivo esterno a cinta muraria e un elaborato emblema. Non è stato possibile, invece, vedere il mosaico all’interno della basilica (ma non facente parte della stessa), in quanto è ricoperto da un telo di protezione, in attesa del restauro e di una copertura adeguata. Di questo mosaico è interessante l’iscrizione, che attesta come L. Volsienus Pu(pi) l(ibertus) avesse fatto realizzare a sue spese la pittura dell’aedes (un sacello in opera quadrata) e il pavimento. Quanto alla divinità che vi era venerata, si potrebbe pensare forse ad Ercole, il cui culto è di norma attestato nelle vie della transumanza, in corrispondenza dei mercati di bestiame, come per esempio a Tivoli, dove sorge il santuario di Ercole vincitore.
Nel corso del convegno è stato anche illustrato il progetto del rilievo tridimensionale di Forum Novum, che porterà ad una maggiore comprensione dell’area archeologica, alla documentazione dello stato di conservazione del mosaico che si intende restaurare, prima del suo consolidamento e restauro, ed alla valorizzazione dell’area con la “realtà aumentata”.
Si sono poi succeduti interventi che hanno affrontato alcune tematiche relative al periodo cristiano del sito, che potrebbe aver avuto inizio con quell’Aurelius Ursacius, il cui sarcofago (del IV secolo) è conservato a Vescovio e che avrebbe dato il nome alla chiesa originaria Sabinensis Cathedra Ursaciana. A Forum Novum subirono il martirio Massimo, Basso e Fabio, i cui corpi furono raccolti e sepolti dalla primitiva comunità cristiana nella seconda metà del III secolo. Quanto all’esistenza di una sede episcopale nel sito, le prime notizie risalgono alla fine del secolo IV, al tempo dell’imperatore Teodosio I. Un documento del 554 parla del fatto che Teodosio avrebbe costruito la chiesa dotandola di possedimenti “per mantenere il ricordo dell’Apostolo Pietro che in infima sede Ursaciorum (nella parte inferiore della casa degli Ursaci) venne a celebrare la fractio panis”. Una tradizione, questa della venuta di San Pietro, non provata storicamente, ma che sembra volutamente rievocata dalla presenza del nome del Santo in molti altari, chiese e località nei pressi di Vescovio.
Nell’876 Vescovio venne distrutta dai Saraceni e la sede episcopale venne spostata per qualche anno a S. Lorenzo a Toffia. Una fase di ripresa economica e culturale si ebbe nel Duecento, epoca alla quale risalgono gli affreschi. In seguito la pianura, abbandonata a poco a poco dai suoi abitanti, divenne paludosa e malarica. Dato lo stato di desolazione, nel 1495 si decise di trasferire l’episcopio a Magliano Sabina, ma nel 1521 Leone X restituì a Vescovio il titolo di cattedrale e diede a Magliano quello di concattedrale. Un ultimo tentativo per non lasciare Vescovio nel completo abbandono lo fece il cardinale Gabriele Paleotti nel 1569 erigendo un grandioso edificio da adibire ad abitazione di religiosi di ordini diversi che si susseguirono nella custodia del santuario fino alla prima metà del ‘700; in seguito la chiesa fu affidata ai parroci dei paesi vicini che si limitarono ad andarvi saltuariamente per dirvi messa. Nei primi anni dell’Ottocento furono imbiancate le pareti e coperti gli affreschi che fortunatamente tornarono alla luce circa cento anni dopo con lo sgretolarsi della calce e vennero restaurati negli anni Trenta. Un ulteriore restauro è stato eseguito dalla Soprintendenza ai Beni Storici e artistici del Lazio a seguito del sisma del 1979 che interessò l’area della Sabina, dell’Alto Lazio e dell’Umbria.
La parte più antica della chiesa è la cripta, rimasta a lungo interrata.
Gli affreschi che vi sono conservati risalirebbero all’VIII secolo e dovevano far parte della chiesa primitiva.
Dalla cripta semianulare si intravede la fenestella confessionis che si apre sull’altare centrale e che comunica con la camera delle reliquie. La visita guidata alla Chiesa (navata unica a croce latina) ha permesso di ammirare, oltre alla cripta, il ciclo pittorico duecentesco con scene del Vecchio e del Nuovo Testamento sulle pareti della navata e con il Giudizio Universale nella controfacciata, attribuito alla scuola di Cavallini, il cui influsso è particolarmente evidente nell’Annunciazione.
Nel convegno si è ampiamente parlato della struttura architettonica dell’edificio sacro e dei suoi apparati pittorici, ma anche di altre chiese della Sabina e dell’uso politico dell’agiografia, ovvero l’uso delle vite dei santi per affermare il potere abbaziale, che si inserisce nel dissidio tra Farfa, filoimperiale, e la parte della Sabina filopapale, come Santa Maria in Vescovio.
L’icona mariana che si venera nella chiesa, della quale ha parlato lo storico dell’arte Giuseppe Cassio, trae il proprio nome di Madonna della Lode dall’iscrizione, tratta dalla Bibbia (Salmo 8), che si legge nella pergamena che Gesù Bambino, con la mano destra benedicente, tiene nella mano sinistra: “ex ore infantium et lactentium perfecisti laudem (Tu, o Signore, hai ricevuto la lode dalla bocca dei fanciulli e dei lattanti)”. La tavola, di grande interesse storico devozionale, non è in realtà quella originale, ma è stata rifatta nel Quattrocento e ritoccata con mano non sempre felice: ricorda nell’impostazione la Salus Populi Romani conservata in Santa Maria Maggiore a Roma. L’icona è stata oggetto di indagini diagnostiche multispettrali, che sono state presentate nel convegno da Fabio Aramini.
Nica FIORI Torri in Sabina (Ri) ottobre 2018