di Claudio LISTANTI
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Duetto tra Rocco (Marco Rencinai) e Ivana (Lada Bočková). Ensemble Strumentale del Teatro Lirico Sperimentale di Spoleto diretto da Vittorio Parisi
Molto interessante la partitura di John Palmer che ha scritto anche il libretto assieme a Cristina Battocletti. Di particolare pregnanza la regia di Alessio Pizzech per un dramma di condanna di maschilismo e femminicidio.
Maschilismo e femminicidio sono due fenomeni che, pur vendo radici anche lontane nella storia dell’umanità, nella società contemporanea si concretizzano purtroppo nella vita di tutti i giorni presentandosi alla nostra attenzione con una frequenza ormai regolare destando sempre più raccapriccio, terrore e ribrezzo contro i quali nessuna ricetta sembra essere ormai efficace a combatterli.
Nell’avanzato sistema comunicativo di oggi non passa giorno che, frequentando i social network o sintonizzandoci con un qualsiasi telegiornale o radio giornale o sfogliando le cronache dei giornali, non veniamo a conoscenza di orribili fatti di cronaca che vedono soccombere donne di qualsiasi età alla violenza fisica, ma a volte anche verbale, oppure alla furia omicida perpetrata da uomini (ma non sempre) frutto della strisciante cultura maschilista principio che costituisce (ahinoi!) una delle basi della nostra società. (fig 1)
Il mondo della cultura di oggi risulta essere sensibile a tematiche come queste e, nella fattispecie, il mondo della Musica e dell’Opera Lirica contemporanea non potevano sottovalutare l’increscioso fenomeno e, neppure, la portata emotiva della proposta di un lavoro teatrale che si basi su questi contenuti per coinvolgere a pieno il pubblico di oggi. A rispondere a questa esigenza si è cimentato il Teatro Lirico Sperimentale di Spoleto che ha deciso di aprire la 73ma Edizione di questo glorioso festival con una prima assoluta di una nuova opera commissionata per l’occasione ed avente come baricentro la narrazione di una storia costruita su fatti del genere onorando quell’elemento di ‘contemporaneità’ che è uno dei cardini presenti nel Dna dell’istituzione guidata oggi dalla direzione artistica di Michelangelo Zurletti.
Da qui nasce Re di Donne, l’opera che ha inaugurato con indiscusso successo l’edizione 2019 del festival (cfr, https://www.aboutartonline.com/re-di-donne-un-dramma-ispirato-a-un-fatto-realmente-accaduto-apre-la-stagione-lirica-al-teatro-sperimentale-di-spoleto/la cui composizione è stata affidata John Palmer, eclettico musicista britannico dalla brillante carriera e dalla personalità artistica incline alla sperimentazione, specialista anche in musica elettronica che ha composto questa nuova opera musicando un testo di Cristina Battocletti, giornalista di grande esperienza nel campo del Cinema e dello Spettacolo, libretto alla cui stesura ha partecipato anche lo stesso Palmer. (fig 2)
Re di Donne è ispirato alla famigerata e drammatica storia di Avetrana della quale è riproposto il trio centrale, la nipote vittima e le due esecutrici del delitto, zia e cugina, ma con ambientazione e contorni diversi e movente del crimine più evidente. Qui siamo a Pisa ed il protagonista è Rocco, una sorta di playboy senza scrupoli alla continua ricerca di donne e avventure amorose dominate dal sesso e dai suoi piaceri, da esibire nei racconti con i suoi simili. Le due cugine sono Ivana, la quindicenne che poi sarà assassinata, e Martina ragazza più ‘navigata’ pronta a tutto pur di avere Rocco. Su di essa c’è la sconcertante influenza di sua madre, Frida, donna priva di scrupoli che istiga Martina ad usare ogni mezzo ‘femminile’ per ottenere l’amore di Rocco.
Ivana è una ragazza che vive tutti i turbamenti dell’adolescenza influenzata dallo squallido ambiente dalla quale è circondata; certamente una sognatrice ma infatuata dal modo di agire di Rocco che capisce il suo stato d’animo e, attratto dalla ‘freschezza’ della bellezza della ragazza, cerca un approccio con lei per poi inserire il suo nome nel personale ‘palmares’ di provetto, moderno, Don Giovanni. Martina subisce quindi il rifiuto di Rocco, da lei considerato, ma a torto, come una sorta di ‘proprietà privata’ fatto che la porta alla disperazione, stato d’animo colto dalla madre Frida che istiga la figlia ad uccidere Ivana per mettere a tacere per sempre quello che lei stima come acerrima rivale in amore.
Il libretto di Cristina Battocletti e John Palmer è costruito in maniera ‘essenziale’ e caratterizzato da dialoghi scarni ma efficaci a mettere di fronte al pubblico tutto lo squallore di quell’ambiente provinciale dove il maschilismo impera assoluto dimostrandosi ‘motore’ principale del femminicidio che al termine corona questa storia. Elemento interessante di questo libretto è il personaggio di Ivana, che parla ed agisce da ‘morta’ che aiuta lo spettatore a percorrere tutte le drammatiche tappe della sua storia evidenziando anche la sua mentalità ancora ‘fanciullesca’ di donna ancora non ancora fatta, ingenua e sognatrice, vera e propria martire della violenza di quanto la circonda (fig 3).
La parte visiva dello spettacolo è stata affidata al regista Alessio Pizzech che ha creato uno spettacolo del tutto inerente all’essenza del libretto anche se ha operato alcuni cambiamenti rispetto a quanto previsto dallo stesso, semplificando le diverse ambientazioni sceniche con la concentrazione dell’azione in uno studio televisivo dove si svolge tutta l’azione che ha reso altamente drammatica grazie ai movimenti dei personaggio molto ben calibrati nell’insieme includendo diverse scene di rapporti sessuali, anche spinti, che accrescevano il senso realistico dell’insieme regalando, comunque, enorme compattezza visiva ad un dramma che è risultato totalmente espressivo restituendo allo spettatore un senso di crudezza ed orrore. Il tutto grazie alla felice collaborazione di Andrea Stanisci per le scene, di Clelia De Angelis per i costumi e di Eva Bruno per le suggestive luci. (fig 4)
John Palmer ha prodotto una partitura ideale per la rappresentazione di questo dramma a forti tinte che si giova di una sapiente orchestrazione per complesso da camera con violino, violoncello, contrabbasso, flauto clarinetto, trombone, pianoforte e una nutrita schiera di percussioni il tutto rafforzato da interventi di musica elettronica e dedicando ai personaggi una vocalità molto intensa che può essere considerata una via di mezzo tra recitativo e aria bilanciando però molto efficacemente questi due elementi; certo la tessitura risulta spesso impervia per i quattro interpreti ma riesce a dare quel senso di dramma squallido, sordido, e concepita per consentire la completa intelligibilità del testo e dell’azione tutta. Il tutto completato da una parte squisitamente orchestrale nella quale trionfa il senso ritmico che abbinato a sonorità asciutte ed incalzanti creano un insieme straordinariamente efficace per sottolineare l’evoluzione dell’azione.
Concludiamo con l’interpretazione musicale guidata dalle esperte mani di Vittorio Parisi che ha saputo condurre la musica ad una apprezzabile amalgama con tutti gli altri elementi dello spettacolo per restituirci un dramma completamente organico nell’insieme ed ottenere una fruizione coinvolgente catturando energicamente l’attenzione del pubblico ed agevolarlo, quindi, nella comprensione di tutta l’evoluzione del dramma che ha avuto il suo zenit con l’impressionante finale dove la convergenza tra le varie componenti dello spettacolo è avvenuta con forza e decisione (fig 5).
Questo grazie ai bravi strumentisti dell’Ensemble strumentale del Teatro Lirico Sperimentale e ad una compagnia di canto composta da quattro cantanti vincitori, in vari anni, del concorso spoletino, risultata valida sia dal punto di vista vocale che teatrale, ognuno dei quali ha superato le intrinseche difficoltà delle parti vocali a loro affidate. Il tenore Marco Rencinai ci ha offerto un Rocco totalmente coinvolgente e, soprattutto, personaggio conscio di essere quel ‘Re di Donne’ evocato dal titolo del lavoro, vero baricentro dello sviluppo del dramma.
Lada Bočková, soprano, è stata una convincente Ivana perché è riuscita a dare al personaggio i caratteri di innocenza adolescenziale nel momento del passaggio ad una femminilità più matura assieme alla Martina del soprano Miryam Marcone (Fig. 6) che ha centrato i caratteri di ragazza in bilico tra gli obblighi famigliari e la spregiudicatezza di donna competitiva in amore che la conduce ad essere protagonista del feroce omicidio fomentato da Frida, interpretato con incisività dal mezzosoprano Daniela Dineva che ha esibito una voce calda e dal piacevole colore scuro riuscendo a sottolineare con efficacia le caratteristiche drammatiche del personaggio.
La recita alla quale abbiamo assistito (6 settembre), prima mondiale di questa interessante nuova opera che con poco più di un’ora di intenso e coinvolgente spettacolo ha catturato l’attenzione del pubblico che al termine, molto evidentemente, ci è parso stregato da questo dramma.
La recita è stata salutata da un incontrovertibile successo da parte dei numerosi spettatori che hanno affollato la splendida sala del Teatro Caio Melisso dedicando a tutti i protagonisti scroscianti applausi e numerose chiamate al proscenio.
Claudio LISTANTI Spoleto settembre 2019