di Francesco PETRUCCI
ACCADEMIA POLACCA DELLE SCIENZE
Martedì 23 febbraio ore 18,30 via Andrea Doria, 2 (Piazza Venezia)
CONFERENZA DEL PROF. FRANCESCO PETRUCCI
In quello che viene definito “il secolo d’oro del Grand Tour”, Roma nel campo delle arti fu ancor più del passato il vero cuore pulsante del continente.
Nessuna capitale europea poteva infatti vantare la compresenza di così numerosi artisti, italiani, francesi, tedeschi, inglesi e di ogni altra nazionalità, in un cosmopolitismo senza precedenti e contemporanei paralleli.
In un’Europa di nazioni sempre più in cerca di identità culturale, Roma viene identificata come il vero centro della tradizione classica, ove l’esperienza diretta dell’antico rappresenta la quotidianità ed un fattore di coesione straordinario agli occhi di ogni uomo di scienza.
La nascita dell’archeologia dietro le teorizzazioni di eminenti intellettuali come Winckelmann ed Ennio Quirino Visconti, le numerose campagne di scavo avviate sistematicamente nel territorio pontificio a partire da quelle sul Palatino (1721-31), la politica di acquisti, con conseguente restauro di sculture e pezzi archeologici, patrocinata da Benedetto XIV e Clemente XIV, portarono alla fondazione del Museo Clementino, ingrandito e incrementato da Pio VI Braschi.
Negli stessi anni, a seguito di scavi clandestini o autorizzati dal governo pontificio, ma anche in conseguenza di alienazioni determinate dalla crisi economica dell’aristocrazia romana, si costituirono importanti collezioni private estere, come quelle di Caterina II di Russia, Federico II di Prussia, Augusto di Sassonia, della nobiltà britannica o del principe polacco Stanislao Poniatowski – che trascorse gran parte della sua vita tra Roma e Firenze -, alla base della formazione dei grandi musei pubblici europei.
La conseguenza fu un considerevole afflusso di artisti, intellettuali, facoltosi aristocratici e mercanti d’arte, creando quel substrato culturale e quei fermenti che determinarono poi l’avvento del Neoclassicismo.
In tale contesto si inserisce la figura del pittore polacco Tadeusz Kuntze, detto “Taddeo Polacco” (Zielona Góra [Grünberg] 1727 – Roma 1793), un artista che, nonostante il suo valore, non ha conosciuto un’adeguata valorizzazione critica nell’ambito degli studi sulla pittura del Settecento romano, pur essendo stato uno dei pittori più originali e prolifici attivi nella capitale pontificia tra gli anni ’60 e la fine del secolo.
La sua frequentazione fu peraltro fondamentale per la formazione del giovane Francisco Goya (Fuendetodos 1746 – Bordeaux 1828), che fu suo ospite in occasione del tirocinio culturale italiano, come dimostra il confronto con la prima produzione del pittore spagnolo.
Attivo come brillante decoratore e pittore da quadreria, è stato anche un ottimo disegnatore, lasciando numerosi quadri, pale d’altare ed affreschi in chiese, ville e palazzi tra Roma e il Lazio, dal Viterbese, alla Ciociaria, ai Castelli Romani, inviando anche numerose opere in Polonia.
Le sue argute descrizioni di vita popolare romana anticipano le celebri composizioni di Bartolomeo Pinelli, ma anche alcune invenzioni dello stesso Goya, come le scenette di gusto rococò create per gli arazzi della Real Fábrica de Tapices de Santa Bárbara, a partire dal 1775.
Kuntze è stato anche il progenitore di una celebre dinastia di artisti spagnoli, i Madrazo, discendenti in linea femminile dal pittore polacco. Infatti Maria Isabella (1788-1866), figlia dell’artista e della sua seconda moglie Anna Valentini, sposò nel 1809 il pittore José de Madrazo (1781-1859), trasmettendo il cognome paterno ai figli, tra i quali i pittori Federico, Luis e Pedro de Madrazo y Kuntz.
Francesco PETRUCCI Roma 20 febbraio 2021