di Carla GUIDI
Un libro notevole, ben 515 pagine di pennellate e colpi di frusta letterarie, edito da Robin (2020) illustrato con d’epoca foto e le vignette dell’artista Paolo Sceichian.
Anzi, come l’autrice stessa lo definisce nella presentazione: “Pamphlet… diario di bordo… tadzebao di pucundrie”, “Dedicato, con qualche bacchettata, agli ignavi autoctoni, ai tanti napolitani “ingiustiziati” dai luoghi comuni, dalla Storia e dal Potere, vittime della criminalità organizzata gestita dall’invidia di pochi scaltri rampanti senza spessore e onore.”
Sicuramente un gesto ponderato ma senza censure, facente parte di un atto d’amore di Marina (cu’ tutt’ o’ còre) per Napoli e per quel Sud, condannato all’eterna emergenza, destinato a “scontare” la propria bellezza per adattarsi, con il “tiràmm’a campà”, a quel destino dove quello che va al “Nord è ricchezza, al Sud diventa monnezza”.
Non a caso infatti la raccolta di articoli che costituiscono il libro, non sono in ordine cronologico, ma seguono un proprio ritmo, per argomenti ed argomentazioni. Anche se molti sono del 2020, i precedenti sono ancora “purtroppo” dotati di attualità, andando a dimostrare che la storia del Mezzogiorno si ripete sui medesimi errori – “perché È COSÌ che il sud deve essere sfruttato in eterno, per fornire l’humus essenziale alle casse del nord”.
L’autrice, alias Megaride (isoletta distante pochi metri dalla linea di costa napoletana, oggi collegata alla terraferma dove sorge il Castel dell’Ovo, luogo dove il mito colloca la sepoltura della sirena Partenope, morta di dolore per il rifiuto di Ulisse) … dopo un “ergastolo padano di trent’anni”, torna al sud per nostalgia forse, ma non come quei creativi dotati di “napolitudine opportunistica” e soprattutto in compagnia sempre di quella rabbia verso i “vergognosi napolitani inamovibili, stratificati geologicamente sul sacro suolo di Campania Felix” – Partenope fagocitata da Pulcinella!
Ci tiene anche a precisare che ogni riga del libro è riferita a personaggi, avvenimenti e cronache reali; eventi privati e pubblici, con contributi giornalistici e letterari datati dal 2000 ad oggi. Un libro insolito forse, ma doloroso atto d’accusa da parte di una coraggiosa giornalista che sembra aver perso ogni speranza in una società dispersa da “briganti digitali” e “reazionari cybernetici”, nell’intera schiatta amorfa.
Tutto questo – “sognando il ritorno dell’Italia unita (non dal Covid) senza destre e sinistre, i sotto ed i sopra ed altre ignobili tifoserie” che, dopo una serie di dediche e di affettuosi ringraziamenti personalizzati (che occupano un’intera pagina) ed un addio alla “leggenda” Armando Maradona, con un tocco finale di pennello, rievoca quella frase che, dal medioevo in poi, molti autori hanno masticato col veleno – “un paradiso abitato da diavoli”.
Per dare ancora una volta la parola all’autrice:
In passato ho pubblicato in team con altri ricercatori, un sussidiario di storia delle Due Sicilie e – da sola – un’Antologia di voci meridionaliste di ieri e di oggi: due polpettoni! Ho capito che la gente vuole i “fattarielli”, specie se “volgari” (del volgo); una sorta di “Cunto de li cunti”, per abbeverarsi della minima cultura generale quindi questa mia è solo una raccolta di immagini; l’immagine, come la musica, è in grado di esprimere meglio le emozioni, renderle tangibili, come con la filosofia – altra nostra dannazione eterna – non si riesce sempre a fare: io non scrivo. Pitto!
Così come scrive in quarta di copertina anche il collega, giornalista e blogger, Tony Fabrizio:
Dopo tanti lavori impegnati, la scrittrice e saggista sudista Marina Salvadore ci regala la sua ultima, anomala opera; stavolta – a parte rari toni lirici – in chiave ironica e “spensierata da far pensare”. Terronia Felix è un estemporaneo zibaldone che cade come il cacio sui maccheroni in tempi di pandemia covidiana e di reclusione domiciliare, utile all’esercizio del pensiero, come mai nel presente periodo di forzato e decerebrante isolamento sociale. La narrazione, spesso canzonatoria, ha il rutilante ritmo di una Tammurriata: affronta temi impegnati fungendo – e non fingendo – da sprone per coscienziose ed approfondite riflessioni; un modo persino indolente e indolore per interrogarci sul chi siamo stati e sul chi oggi siamo… o, meglio, ci ritroviamo ad essere “ridotti”.
La voce di Megaride – Qualche nota su Marina Salvadore, per chi ancora non la conoscesse, almeno attraverso la sua attività sui social dove si può leggere: http://www.vocedimegaride.it/html/MarinaSalvadore.htm:
Giornalista con all’attivo numerose e qualificanti esperienze nel giornalismo “scritto” e “parlato” nonché addetto-stampa e conduttrice di numerose manifestazioni di cultura e spettacolo che vanno per la maggiore in Italia, opinionista ed infine meridionalista, Marina Salvadore ricorda con particolare emozione e nostalgia i suoi timidi esordi nella prima televisione privata d’Italia “Napoli Canale 21”, che può tranquillamente essere annoverata tra gli insindacabili “primati” napoletani – come ai tempi dei Borbone – in quegli anni in cui Napoli e tutto il Meridione ancor più venivano considerate il bacino depresso d’Italia…
Ci fu, invece, quel miracolo; il miracolo di “Canale 21”... Chi avrebbe potuto mai immaginare – di quei tempi – che i soliti “terroni” avrebbero saputo realizzare, organizzare, gestire e rendere celebre un’emittente televisiva prettamente “napolitana“?
… Ed in quella fucina d’arte e tecnologia, i pionieri dello schermo – tecnici, artisti, giornalisti e maestranze – seppero creare, giorno dopo giorno, il più grande megafono della napoletanità colta, mai volgare … di quella autentica napoletanità fatta di ingegno, fantasia, cultura ed estetica (…)
Marina nasce a Napoli, in pieno boom economico, da genitori “profughi istriani” ed acquisisce immediatamente gli onori e gli oneri di Due Sicilie e Tre Venezie. Padre napoletano, mamma croata. Il nonno paterno è piemontese di Asti, coniugato ad una calabrese di Staiti, cugina per discendenza materna dei Ruffo di Calabria, poi dama di Corte a Napoli, dei Sabaudi. Nonni materni austroungarici che nell’arco della loro breve vita hanno cambiato ben tre cittadinanze, senza mai cambiare casa.
Marina ha consapevolmente definito il senso della sua “appartenenza”, cioè al perfetto equilibrio tra l’appassionata napoletanità, che l’ha forgiata, e la stima quasi atavica verso la Serenissima, sin dai tempi di Lepanto e fino ai giorni del patriota veneto Bepin Segato. Non a caso, la prefazione di questo zibaldone è affidata al mitico saggista calabrese Nicola Zitara e la postfazione all’accademico istriano Claudio Antonelli. Sempre non a caso, la sua biografia è stata affidata al collega borbonico Paolo Cozzolino e le vignette a corredo dei feuilleton ambientati nella P.A. al collega serenissimo Paolo Sceichian.
Per quanto riguarda la prefazione di Nicola Zitara, impossibile riassumerla. Si tratta in realtà di commento ragionato e lettura storica che parte dal 1861, prima dell’Unità di’Italia, quindi necessariamente rimandiamo alla interessantissima lettura diretta. Invece possiamo approfondire su quanto, a questo riguardo, Marina ci confessa in NOTA
Sin dal 2002 avevo in mente “Terronia Felix”. Per hobby e con estremo piacere, dal mio esilio in Padania seguivo le cronache sudiche e scrivevo… scrivevo… sull’onda del sentimento. Non potevo immaginare che l’immenso Nicola Zitara si divertisse a leggere le mie esternazioni in rete; poi, un amico napoletano che non è più tra noi, Mario Bonavolontà, seguace e corrispondente di Zitara, mi mise al corrente della cosa ed io mi inorgoglii talmente che decisi di darmi da fare per pubblicare una raccolta meridionalista e l’amico Mario, a mia insaputa, mise assieme i brandelli di una prima rattoppata “Terronia Felix” e li inoltrò al Maestro che con generosità estrema volle omaggiarmi – gratis, capite? – di una dotta presentazione. Il Maestro ci lasciò nel 2010, “Terronia Felix” non vide mai la luce fino ad oggi benché in diversa versione e la bellissima pagina di Nicola Zitara la pubblicai nel mio blog solo per rendergli doveroso omaggio, il 2 ottobre 2010.
Non riesco ad immaginare personalmente di poter fare una sintesi di questo straordinario novero di racconti/cronache della nostra Italia (non solo sud), afflitta da mali, forse incurabili, ma sostenuta da desideri di riscatto e giustizia, non ultimo da quella necessità di un futuro che contempli la salvezza dell’ambiente e della salute mentale, del vivere sociale. Mi ha particolarmente colpito, tra l’altro, l’identificazione “Napoli-Partenope”
“Napoli! Unica città fondata su un mito femminile e acquatico, contrariamente all’orda di eroi rapaci e guerrieri cui nell’antichità si dedicavano siti e città sotto ogni coordinata celeste!”
Claudio Antonelli, dopo aver trascorso gli anni formativi a Napoli, città-mondo cui si sente profondamente legato, vive ormai da tempo a Montréal (Québec, Canada) – bibliotecario universitario, docente, ricercatore, giornalista, scrittore in possesso di diverse lauree ottenute in Italia e in Canada, è un osservatore attento e appassionato dei legami che intercorrono tra la terra di appartenenza e l’identità dell’individuo e dei gruppi. Dalla Postfazione a lui affidata, di ben 20 pagine, cercherò di citare punti salienti.
(…) Su poche città al mondo si riversa da secoli un flusso così intenso di amore e di voci e di sentimenti come avviene per la nostra Napoli. Che si pensi solo alle canzoni… Marina Salvatore si unisce a questo ampio coro. Lo fa con voce forte, vivace riprendendo qualcuno dei motivi dell’abituale spartito riguardante Napoli e l’intero sud, ma aggiungendo motivi nuovi. Lo fa con originalità, toccando i temi più diversi con passionalità e talvolta con furia, ma sempre con una profonda conoscenza dei testi più vari, ricchi di personaggi, leggende, relazioni, analisi, bilanci, e inserendo nel collage le sue esperienze di vita. (…) Donna bella, “brillante, colta, resistente a tutte le difficoltà”, animata da alti ideali, con il dono della comunicazione, sensibile e attenta agli altri, e con un profondo senso della giustizia, l’Autrice è stata a suo tempo la stella di uno spicchio di cielo mediatico. Dotata di una penna straordinaria manovrata come un bisturi o invece come un pennello, e molto articolata nel verbo, Marina si era fatta un nom Ammirata e ricercata, avrebbe potuto trovare la maniera di creare una sua nicchia dorata, un posto confortevole sul palco del proscenio o direttamente anche su scena. “Ho conosciuto il mondo da protagonista in eventi importanti” scrive. Questa sua appartenenza da giovane all’élite mediatica l’ha condotta a frequentare personaggi anche celebri e potenti del mondo politico, dell’arte, della finanza. Ma per le circostanze della vita e anche per le sue scelte dovute al suo idealismo e alla sua coerenza è venuto a mancare nella sua vita il fortunato trampolino che proietta nel club dei privilegiati. (…) La sua totale adesione ad una causa profondamente sentita, il riscatto del sud, basata su sentimenti di generosità partenopea ma anche su principi inflessibili e metodi rigorosi da lei “austriacamente” intesi, rivela la tempra morale, e nello stesso tempo i limiti “strategici” di questa donna che difendendo il sud difende anche l’intima sfera del suo essere, la sua sostanza umana insomma. (…)
A chiusura del libro le note di Paolo Cozzolino, di San Giorgio a Cremano. Funzionario Informatico Agenzia Entrate. Socio fondatore e vice presidente dell’Associazione Culturale Mi.Mi.Ar.T.S. – MIto, MIstero ed ARte della Terra delle Sirene. A lui si deve un elenco delle avventure culturali e giornalistiche di Marina Salvadore, fin dai suoi esordi come speaker e poi conduttrice nella televisione privata “Napoli Canale 21” del Comandante Achille Lauro.
Si citano in breve le frasi finali del pezzo:
– “i tre Nobel da lei intervistati: la Montalcini, Dulbecco e Rubbia, per la loro assoluta semplicità; soprattutto, Rubbia che le rese facile, intuitiva, la comprensione della fisica. Incontrò anche Shri Mataji Nirmala Devi, la “Grande Madre Indiana”; quella del sahaja yoga che rideva alle sue barzellette, tra un prodigio animico e l’altro. Mario Soldati le riconobbe talenti da sceneggiatrice e si cimentò nella scrittura per il cinema per il regista Pino Tordiglione; il film “Il Natale rubato”, del quale curò i testi narrativi, presentato alla Mostra del Cinema di Venezia, vinse il primo premio nella sezione “Nuovi territori”. Di grande significato, nel 2009 (ancora residente a Milano) la sua Napoli la premiò nella pubblica piazza con il trofeo “Masaniello – Napoletani protagonisti”, riconoscimento di gran pregio. Nel 2003 ebbe l’occasione di parlare a Bruxelles agli allora 25 paesi riuniti, che apprezzarono molto il suo progetto di riportare in Europa i fasti del Regno delle Due Sicilie… che già, con le sole Vienna, Parigi e Londra, fu una Nazione europea. Molti dei presenti stranieri si commossero alla proiezione del documentario “Napoli capitale” (ancora oggi video-cult meridionalista del regista-documentarista Mauro Caiano su testi di Marina).
Carla GUIDI Roma 16 Gennaio 2022