di Marco FIORAMANTI
Roma, Palazzo Bonaparte
Vincent Peters – TIMELESS TIME
Fino al 25 agosto 2024
Non si fa una fotografia solo con una macchina fotografica. / Si portano nell’atto fotografico tutte le immagini che si sono viste, / la musica che si è ascoltata, le persone che si sono amate. Il tempo dimenticato.
Vincent Peters
A RED CARPET IN BLACK&WHITE
Le sale al piano nobile del Palazzo Bonaparte accolgono lo spettatore con un elegantissimo trequarti sinuoso di Charlize Theron del 2008 in nudo parziale. Seni e bacino avvolti in morbida seta scivolano lungo la gamba, rigorosamente in bianconero, come tutti e novanta gli scatti presenti in mostra, realizzati tra il 2001 e il 2021. Fin dalle origini il ruolo, ma anche il fascino, della fotografia è quello di “fermare il mondo”, in questo caso il tedesco Vincent Peters (Brema, 1969) ha inteso anche “fermare il tempo”. “Timeless Time” è infatti il titolo di questa super mostra prodotta e organizzata da Arthemisia in collaborazione con Nobile Agency e curata da Maria Vittoria Baravelli.
Una carrellata di star hollywoodiane – da Scarlett Johansson a Michael Fassbender, da Laetitia Casta a John Malkovich, e ancora tra gli altri Kim Basinger, Monica Bellucci, Vincent Cassel, la Crawford, Penelope Cruz, Cameron Diaz e Matt Dillon fino a Emma Watson – le presenta ritratte nella loro unicità estetica, ciascuna racchiusa in un set che ci rimanda al cinema. Quasi a comprimere in uno solo i ventiquattro fotogrammi di una cinepresa, Peters riesce in ogni shot a raccontare e a farci rivivere un avvenimento. Tratti pertinenti dell’intera mostra sono in primis la calibrazione geniale della luce sui volti, e poi la gestualità delle mani, i movimenti in atto dei soggetti, che siano statici o iperdinamici (come nella magnifica serie degli incendi), opportunamente scelti in un loro momento intimo, privato, là dove il luogo dei sentimenti viene còlto nel loro farsi e divenire.
Sono sempre stato affascinato dalla capacità intrinseca della luce di guidare e definire le emozioni, dice l’autore, in fotografia, l’occhio dirige il cuore. Attraverso la luce, cerco di evocare un’emozione specifica che rispecchi lo stato d’animo del soggetto, e con essa, narrare la storia che desidero venga trasmessa.
Molte immagini, come quella di Scarlett Johansson ad esempio, hanno come soggetto uno specchio, ma non è forse anche specchio l’immagine che i protagonisti hanno in mente fissando l’obbiettivo nel loro essere fotografati? Sublime il ritratto – riflesso in frammenti di specchio – di Amanda Seyfries (realizzato a Parigi nel 2015, ndr) esposto in una sala scura interamente foderata di specchi (pareti e soffitto) dove le immagini si moltiplicano nello spazio coinvolgendo gli stessi visitatori nell’operazione visiva.
L’operazione di culto, codificata da Walter Benjamin, apparentemente banalizzata nel suo immediato riproporsi meccanico, che ha portato a distruggere l’aura di autenticità, recupera grazie a questo fotografo l’originario significato rituale, magico religioso, infine artistico.
Racconta Peters durante la presentazione alla mostra:
Tutti abbiamo un giardino dentro di noi, dove non incontriamo le persone dal vivo, ma le emozioni che ci vengono trasmesse. Incontriamo le persone che abbiamo perso, anche quelle che non abbiamo mai incontrato e con loro giochiamo. È una immaginazione del ricordo. Così, quando ascoltate Puccini o Caravaggio è come se entraste nelle loro emozioni, in qualcosa di vivo. Ecco il senso del titolo, senza tempo e senza spazio le foto, la musica e i dipinti restano per sempre in uno spazio senza tempo.
Marco FIORAMANTI Roma 19 Maggio 2024