“Tiziano, Lotto, Crivelli e Guercino”. Sei capolavori della Pinacoteca di Ancona in mostra a Roma, nei Musei Capitolini

di Nica FIORI

Tra le regioni italiane, le Marche sono una delle più ricche di beni culturali, tanto che il grande storico e critico d’arte Federico Zeri nel suo Diario Marchigiano 1948-1988 (edito nel 2000) definisce il suo territorio “un’immensa rete di comuni, chiese, palazzi, custodi ognuno di un piccolo tesoro da scoprire”.

Locandina

Ed è proprio un vero tesoro artistico quello che viene presentato a Roma in una mostra ospitata nei Musei Capitolini (nelle sale a piano terra del Palazzo dei Conservatori), consistente in sei capolavori provenienti dalla Pinacoteca civica “Francesco Podesti” di Ancona, una città indubbiamente ricca di arte, ma forse non così frequentata dal turismo di massa. Il titolo dell’esposizione “Tiziano, Lotto, Crivelli e Guercino. Capolavori della Pinacoteca di Ancona” evidenzia i nomi dei prestigiosi autori dei dipinti portati all’attenzione dei visitatori, mentre manca il nome di Olivuccio di Ciccarello, del quale è in mostra un’importante opera del primo Quattrocento di stile tardo gotico.

L’evento espositivo, a cura di Luigi Gallo, direttore della Galleria Nazionale delle Marche, e di Ilaria Miarelli Mariani, direttrice dei Musei civici della Sovrintendenza Capitolina, è stato realizzato approfittando della lunga chiusura della Pinacoteca civica di Ancona, legata ai lavori di adeguamento impiantistico e riallestimento, finanziati anche con fondi europei PNRR.

1 I curatori della mostra, a sinistra, davanti alla Pala Gozzi di Tiziano

Le opere sono tutte a tema religioso e vogliono celebrare in anteprima l’apertura del prossimo Giubileo cattolico, non diversamente da un’altra mostra, in corso a Castel Sant’Angelo fino al prossimo 2 marzo, dedicata ai Papi e Santi marchigiani. Non possiamo dimenticare, in effetti, che le Marche hanno fatto parte dello Stato Pontificio e hanno sempre avuto una familiarità con il cristianesimo, che ha visto il suo culmine con la venuta della Santa Casa della Vergine, traslata a Loreto dagli Angeli, secondo una leggenda, il 10 dicembre 1294.

Nel primo ambiente espositivo facciamo la conoscenza con Ancona, il cui nome (dal greco ànkon) vuol dire gomito, perché crea una sorta di gomito sul mare Adriatico, all’altezza del monte Conero. Fondata dai Dori, tanto che è nota anche col nome di Dorica, la città divenne un importante porto di Roma verso oriente, da dove s’imbarcò Traiano per intraprendere le campagne daciche; in seguito fu repubblica indipendente e poi centro nevralgico dei commerci dello Stato Pontificio, crocevia di genti e culture diverse.

2 Video dedicato ad Ancona

La fondazione della Pinacoteca di Ancona si lega alle vicende dell’Italia postunitaria e alla soppressione degli ordini religiosi, che ha dato origine alla formazione di diversi musei italiani: per questo motivo conserva opere prevalentemente sacre. Nacque nel 1884 grazie all’interessamento del pittore ottocentesco Francesco Podesti (noto soprattutto per gli affreschi della Sala dell’Immacolata nel Vaticano), che fece dono alla Municipalità di un cospicuo numero di sue opere. Il suo gesto venne poi emulato da diverse famiglie anconetane che depositarono o donarono altre opere per incrementare la raccolta. Inaugurata in alcuni ambienti del convento di San Domenico, oggetto di requisizione demaniale, la Pinacoteca fu trasferita nel 1927 in quello di San Francesco alle Scale, che venne distrutto dai bombardamenti nel 1943-44. Per fortuna allo scoppio della Seconda guerra mondiale il museo era stato chiuso e le opere maggiori messe in sicurezza nella rocca di Sassocorvaro, e poi nel Palazzo Ducale di Urbino, su iniziativa di Pasquale Rotondi; la Pinacoteca venne riaperta nel dopoguerra nella sede di Palazzo degli Anziani dall’allora soprintendente Pietro Zampetti e in seguito, essendo gli spazi insufficienti, venne trasferita a Palazzo Bosdari, un antico edificio il cui progetto è attribuito all’artista manierista Pellegrino Tibaldi.

I dipinti di Ancona presentati nella mostra romana testimoniano il livello altissimo della committenza locale e

descrivono un percorso di importanti contaminazioni tra correnti artistiche che hanno reso la città dorica depositaria di assoluti capolavori tra XV e XVII secolo”,

come afferma Ilaria Miarelli Mariani.

In particolare offrono uno spaccato dell’arte veneta nella regione marchigiana e, nel caso delle opere di Tiziano, Lorenzo Lotto e Guercino, queste possono dialogare con quelle degli stessi autori presenti nella Pinacoteca Capitolina. Ricordiamo che del primo si conserva il Battesimo di Cristo (1511-1512), appartenente alla sua fase giovanile, di Lotto il Ritratto di balestriere (1551) e del Guercino la spettacolare e gigantesca pala con il Seppellimento di Santa Petronilla, oltre ad altre opere. Mancano a Roma, invece, i “primitivi” Olivuccio di Ciccarello e Carlo Crivelli.

Di Olivuccio, importantissimo autore del tardo Trecento attivo ad Ancona anche nei primi decenni del XV secolo, troviamo in mostra la Circoncisione di Gesù Bambino (1430 – 1439 ca., cm 180 x 82,5 x 4). Eseguita a tempera su di una tavola di pioppo, ha un forte sviluppo verticale e non costituisce un dipinto a sé stante, ma è la probabile raffigurazione centrale di un trittico, le cui tavole laterali sono a Cambridge.

3 Olivuccio di Ciccarello, Circoncisione di Gesù Bambino, Ancona, Pinacoteca Civica Francesco Podesti
3 bis, dettaglio della scena a sinistra

L’opera proviene dalla chiesa San Francesco ad Alto, il più antico insediamento francescano di Ancona. La scena raffigurata, ricca di elementi decorativi, si svolge in un edificio religioso del quale sono rappresentati l’interno e l’esterno. La narrazione si sviluppa da sinistra a destra in tre momenti (prima, durante e dopo la circoncisione), ai quali non assiste la Madonna, mentre è presente san Giuseppe, riconoscibile dall’aureola.

Carlo Crivelli, veneziano di nascita, abbandona la città lagunare nel 1457, in seguito a una condanna dovuta a una sua relazione con una donna sposata, e, dopo una permanenza di alcuni anni a Zara, inizia il suo percorso artistico nelle Marche. La sua piccola Madonna col Bambino (tempera su tavola, 1480 ca., cm 21 x 15,5) è sopravvissuta alla ricerca spasmodica dei suoi raffinatissimi dipinti, particolarmente richiesti sul mercato internazionale quando tornarono in auge i “primitivi”, e venne ritrovata casualmente nel 1861, in un armadio della sagrestia della chiesa anconetana di San Francesco ad Alto. L’opera, firmata, ci colpisce per la presenza di alcuni simbolici frutti, quali la noce nella mano del Bambino, che allude all’incarnazione, il cetriolo, simbolo di salvezza e resurrezione in quanto associato all’episodio biblico di Giona che se ne cibò per tre giorni nel ventre del “grande pesce” che lo aveva inghiottito, e le mele che evocano il peccato originale. Pure emblematico è il cardellino, che con il suo capo rosso simboleggia la passione di Cristo.

4 Carlo Crivelli, Madonna col Bambino, Ancona, Pinacoteca Civica Francesco Podesti

L’opera più importante in mostra è la Pala Gozzi di Tiziano e dello stesso pittore è presente anche la monumentale Crocifissione (detta anche Pala Cornovi della Vecchia), entrambe considerate “addirittura sublimi” da Pietro Zampetti.

Nella Crocifissione (1556-1558, olio su tela, cm 375 x 200) che si trovava nella chiesa di San Domenico, il pittore porta a estrema riflessione due tematiche, una iconografica, l’altra tecnico-stilistica. La scena, notturna, è concepita lungo l’asse verticale della croce, per esaltare al massimo la sofferenza del Cristo nel registro superiore e, inferiormente, il dolore provato dai tre astanti (la Madonna, san Domenico e san Giovanni evangelista), ciascuno a modo proprio.  Straordinaria appare la figura di Maria, che richiama la preghiera “Stabat Mater” attribuita a Jacopone da Todi. Dal punto di vista stilistico, già Vasari evidenzia che i personaggi sono “bellissimi e di quell’ultima maniera fatta di macchie”. Tiziano, in effetti, usa una stesura pittorica assai larga, pastosa, in cui le pennellate sembrano assorbire sia la tridimensionalità delle forme sia gli effetti di rifrazione della luce.

5 Tiziano, Crocifissione, Ancona, Pinacoteca Civica Francesco Podesti

La straordinaria Pala Gozzi (1520, tecnica mista su tavola, cm 322 x 215), disposta scenograficamente alla fine del percorso espositivo, con la possibilità di aggirarla per vedere il retro (con alcuni disegni, tra cui un volto presumibilmente tizianesco), raffigura la Madonna con il Bambino in gloria, i santi Francesco e Biagio e il donatore Luigi Gozzi. L’opera è la prima firmata e datata da Tiziano, all’epoca poco più che trentenne, ed è anche la sua prima pala d’altare propriamente detta, anche se preceduta dall’Assunzione dei Frari del 1516-18.

6 Tiziano, Pala Gozzi, Ancona, Pinacoteca Civica Francesco Podesti
6 bis, dettaglio con firma e data

Il committente della tela è il mercante di Dubrovnik (all’epoca Ragusa) Luigi (o Alvise) Gozzi, che svolgeva la sua attività tra Venezia e Ancona.

La sua provenienza geografica è dichiarata, assieme a quella del pittore cadorino, nel cartiglio posto in calce al dipinto, come pure da san Biagio, protettore di Dubrovnik, che indica al committente, inginocchiato, l’apparizione della Vergine con il Bambino sulle nuvole, circondata da un coro di tre angeli. Sulla sinistra è raffigurato san Francesco, la cui presenza evoca la chiesa di San Francesco ad Alto, cui il quadro è destinato. Il paesaggio sullo sfondo è, invece, quello di Venezia.

Il capolavoro, di grande potenza espressiva e coloristica, ci appare particolarmente interessante non solo perché racconta il territorio dell’Adriatico nel periodo rinascimentale, ma anche perché richiama la Madonna di Foligno di Raffaello, che all’epoca si trovava sul Campidoglio, nella chiesa di Santa Maria in Aracoeli, mentre attualmente è conservata nei Musei Vaticani.

Scrive a questo proposito la Miarelli Mariani:

Benché non sia chiaro come Tiziano conoscesse l’opera, precedente di soli otto/nove anni, la ripresa è plateale. Tiziano si reca infatti a Roma solo molti anni dopo, nel 1545. Entrambe le pale erano destinate a contesti legati all’ordine francescano e non si può escludere la circolazione di informazioni all’interno dello stesso ordine”.

La pala di Raffaello, datata al 1511-12, segna il passaggio dalla tradizionale “Sacra conversazione”, ovvero la Vergine in trono circondata da santi, all’apparizione della Madonna in cielo, seduta su nuvole e circondata da angeli, mentre i santi e il committente sono raffigurati sulla terra.

L’impostazione tradizionale della “Sacra conversazione” è invece ripresa da Lorenzo Lotto nella cosiddetta Pala dell’Alabarda, ovvero La Vergine con il Bambino incoronata da angeli e i santi Stefano, Giovanni Evangelista, Simone Zelota e Lorenzo (olio su tela, cm 295 x 210 x 5), realizzata nel 1539 circa per la chiesa di Sant’Agostino, dove fu vista da Giorgio Vasari.

7 Lorenzo Lotto, Pala dell’Alabarda, Ancona, Pinacoteca Civica Francesco Podesti

Capolavoro della maturità di Lotto, il dipinto è stato commissionato dall’anconetano Simone di Giovannino Pizoni. La tela principale era completata da una cimasa, una perduta predella raffigurante il Corteo di sant’Orsola e le undicimila vergini, e due stemmi della famiglia Pizoni. Gli insistiti riferimenti alla violenza fisica (il martirio delle 11000 vergini, il gesto stanco con cui san Simone si appoggia all’alabarda capovolta, possibile simbolo di cessata ostilità) in quest’opera sono stati ricollegati dalla critica ai maltrattamenti subiti nell’autunno del 1532, al tempo della conquista militare della città operata da papa Clemente VII e dal suo crudele emissario, il cardinale Benedetto Accolti.

Di Lotto, nato a Venezia nel 1480, ricordiamo la sua particolare devozione religiosa, tanto che entrò come oblato nella Santa Casa di Loreto, dove morì nel 1557.

Chiude la mostra l’Immacolata Concezione (olio su tela, cm 259 x180) del Guercino (Giovan Francesco Barbieri), registrata in due occasioni nel suo Libro dei conti nel 1656. L’opera è la prima delle tre eseguite dal pittore di Cento per Ancona; le altre sono la Santa Palazia del 1658, sempre conservata nella Pinacoteca “Podesti”, e l’Annunciazione della chiesa di San Domenico del 1662. L’Immacolata fu dipinta per il palazzo del conte Carlo Antonio Camerata, la cui famiglia, originaria del bergamasco, si era stabilita in città nel Cinquecento.

Influenzato dal classicismo di Guido Reni, Guercino giunge in quest’opera a un linguaggio maturo e pacato, autocitandosi nella figura di Dio Padre, già utilizzata in altre sue opere e che ci appare molto umana con la sua calvizie. L’insieme della composizione, molto alleggerita dei simboli che hanno caratterizzato l’iconografia tridentina, dei quali resta la falce di luna sotto i piedi della Vergine, ci colpisce per la luce modulata sul paesaggio, che omaggia la città di Ancona attraverso la raffigurazione del suo mare.

8 G. F. Barbieri detto il Guercino, Immacolata Concezione, Ancona, Pinacoteca Civica Francesco Podesti

Si tratta di un Guercino diverso da quello più drammatico ed esuberante del Seppellimento di Santa Petronilla del 1623, che possiamo ammirare nei Musei Capitolini (in origine era collocato nella basilica di San Pietro in Vaticano, dove è stato sostituito dalla sua riproduzione a mosaico). La sua divina Madonna anconetana ci appare perfettamente in sintonia con l’idea di dolcezza e purezza legata al concetto dell’Immacolata Concezione, ovvero della nascita di Maria senza peccato originale (“piena di grazia”), per poter accogliere il Figlio di Dio.

Questa credenza, anche se non espressa chiaramente nel Vangelo di Luca, si affermò nel tempo, nonostante il parere sfavorevole di alcuni teologi, grazie soprattutto ai francescani, che si contrapponevano ai domenicani, finché il papa francescano Sisto IV proibì le dispute sull’argomento e inserì la festa dell’Immacolata nel calendario liturgico romano. Il Concilio di Trento nel 1556 dichiarava che Maria non era inclusa nel peccato originale, ma senza definirne il dogma, e pontefici successivi ribadirono il concetto, fino a che Pio IX con la bolla Ineffabilis Deus ne proclamò il dogma l’8 dicembre 1854.

Fu proprio Pio IX, da buon marchigiano, a scegliere l’anconetano Francesco Podesti per realizzare  una serie di affreschi sulle mura di una sala dell’antica Torre Borgia del Vaticano, che da allora viene chiamata Sala dell’Immacolata. Podesti con grande coraggio e umiltà affrontò l’incarico di confrontarsi con la contigua Sala dell’Incendio di Borgo di Raffaello. E proprio al grandissimo Urbinate sembra rifarsi nel grande affresco della Proclamazione del dogma dell’Immacolata Concezione che rievoca l’impostazione dello spazio della “Disputa del Santissimo Sacramento” di Raffaello.

In occasione del Giubileo della Speranza, è proprio la figura della Madonna, più volte presente in questa mostra, a parlarci di bellezza, di storia e di fede, valori che superano i limiti del tempo e dello spazio. Ma in generale tutte e sei le opere, che sono giunte a Roma per questa esposizione

invitano a guardare oltre il presente e oltre le difficoltà, per scorgere quel cammino di rinnovamento che caratterizza ogni vera crescita artistica e spirituale”,

come ha dichiarato mons. Rino Fisichella, pro-prefetto del Dicastero per l’Evangelizzazione.

Nica FIORI  Roma  1 Dicembre 2024

Tiziano, Lotto, Crivelli e Guercino. Capolavori della Pinacoteca di Ancona”

 Musei Capitolini – Palazzo dei Conservatori, Piazza del Campidoglio Roma 26 novembre 2024 – 30 marzo 2025 Orario: tutti i giorni ore 9.30 – 19.30 (24 e 31 dicembre ore 9.30 – 14.00; chiuso il 25 dicembre)

Biglietto integrato Musei Capitolini + mostra per i non residenti a Roma: intero € 15,50 – ridotto € 12; per i residenti a Roma intero € 13- ridotto € 11; biglietto ridottissimo € 2,00 per le categorie aventi diritto, e per i possessori della Roma Mic Card

Info: Tel. +39 060608 (tutti i giorni ore 9.00 – 19.00); www.museicapitolini.org