di Nica FIORI
Manca della parte inferiore del corpo, ma è pur sempre una statua di grande bellezza il Telamone dal volto faunesco, che possiamo ammirare nel Museo archeologico di Terni.
Il corpo dalla potente muscolatura, coperto in parte da un gonnellino di foglie, ha le braccia piegate in su a sollevare presumibilmente un architrave. Era stato rinvenuto, in tre pezzi, in questa città umbra nel 1971, ma i ternani non lo avevano mai visto e soltanto ora vi ritorna, in prestito temporaneo dal museo di Perugia, ma con la speranza che vi possa rimanere definitivamente. Michele Rossi, consigliere comunale di Terni, si è impegnato per ottenere questo prestito e ha organizzato un convegno, che si è tenuto il 25 gennaio 2020 nella Biblioteca comunale della città dell’acciaio, per cercare di fare luce sul Telamone.
Si tratta di una statua avvolta da diversi misteri, a partire dal luogo del suo rinvenimento.
Il relativo verbale è andato perduto, e questo prezioso reperto era stato portato nei magazzini di Spoleto e lì “dimenticato”, fino alla successiva riscoperta e restauro, e poi portato nel museo di Perugia. Il verbale di restauro e la scheda museale dicono solo che è stato ritrovato a Terni nel 1971 durante degli scavi Enel. Michele Rossi, passando al setaccio le pagine di un intero anno della cronaca locale de Il Messaggero, è riuscito a rintracciare la notizia mancante nell’articolo di mercoledì 1 settembre 1971, intitolato “Cariatide romana torna alla luce durante gli scavi in piazza Fontana”.
L’articolo descrive il rinvenimento della statua e l’immediata attribuzione da parte della Soprintendenza al periodo romano.
Il ritrovamento avvenne durante gli scavi subappaltati dall’Enel per la realizzazione dei nuovi collettori principali delle fognature della città, più precisamente in piazza Domenico Fontana, oltre l’attuale passerella pedonale di via del Cassero, sulla riva sinistra del fiume Nera, lungo quel tratto della via Flaminia che costeggiava la città, oggi via XX Settembre.
I Telamoni sono il corrispettivo maschile della Cariatidi e sulla loro presenza nel mondo antico, come elemento architettonico di sostegno, ha parlato lo studioso Giorgio Ortolani, professore di Architettura nell’Università di Roma Tre. Mentre sono notissime le Cariatidi dell’Eretteo di Atene, a Roma si ricordano le loro imitazioni nel Foro di Augusto, dove le Cariatidi erano alternate a medaglioni con il volto di Giove Ammone, e quelle del Canopo di Villa Adriana a Tivoli, mentre tra i Telamoni più noti si ricordano quelli di Agrigento e in ambito romano quelli delle Terme del Foro a Pompei e quelli ritrovati a Villa Adriana, e in particolare i due giganteschi Telamoni egittizzanti che sono stati sistemati nei Musei Vaticani come ingresso monumentale al Museo Pio Clementino.
È interessante il motivo dei Telamoni in ambito figurativo, che troviamo per esempio in un mosaico pavimentale di Ostia Antica, nelle Terme dei Cisiari (forse una Corporazione di Carrettieri), dove quattro Telamoni sembrano dividere lo spazio in quattro settori, come ripreso poi in epoca medievale, per esempio nei mosaici della cappella di San Zenone nella Basilica di Santa Prassede, dove quattro figure angeliche costituiscono gli elementi portanti di una volta, che simboleggia il cielo.
Un altro mistero del Telamone di Terni è che è realizzato nel prezioso marmo pentelico, proveniente da un’area a pochi km da Atene, utilizzato in età romana per l’unicità della bellezza del suo bianco dalla tonalità leggermente rosata. Se è normale la sua presenza nelle ville imperiali, ci si potrebbe chiedere se nella Terni romana, Interamna Nahars, un privato cittadino potesse permettersi un simile marmo, o se la Terni romana fosse così ricca da commissionare un manufatto così prezioso per ornare un qualche edificio pubblico.
È difficile dare una risposta, ma, dato il ritrovamento vicino alla Porta di entrata dell’antica città, si potrebbe pensare alla sua presenza, insieme a un Telamone gemello (i telamoni sono sempre presenti almeno in coppia), proprio nella Porta, mentre ci sembra meno plausibile l’idea, che pure è stata avanzata, che potesse ornare un monumento sepolcrale posto sulla via Flaminia subito al di fuori delle mura cittadine. Secondo un’ipotesi il Telamone sarebbe stato portato sotto Giustiniano nel VI secolo proprio per ornare la Porta Romana. Chissà se, scavando nel luogo del ritrovamento di tanti anni fa, non si possa riportare alla luce il secondo ipotetico Telamone?
Da dove provenisse non possiamo dirlo, forse da Villa Adriana, o forse dalla ricchissima villa di Erode Attico (grande amico di Antonino Pio) a Roma, chiamata Pago Triopio, che si trovava nella zona dell’Appia antica. La sua datazione è ascrivibile alla prima età antonina e la sua fattura magistrale sembrerebbe di una officina dell’Urbe. Per ora è stato messo in relazione con una testa di Fauno, staccata presumibilmente dal corpo di un Telamone, presente nel museo universitario di Berkeley (USA), ma dalla foto che è stata mostrata è difficile dirlo.
Certo per Terni il Telamone, assicurato per tre milioni di euro, sta diventando un’immagine iconica e ci si augura che lo Stato, proprietario di tutti i beni che emergono dal sottosuolo, possa assegnare al museo archeologico di Terni, che è civico, la preziosa scultura, in via definitiva, piuttosto che al museo statale di Perugia, vista l’indubbia provenienza.
Nica FIORI Terni gennaio 2020