di Francesco MONTUORI
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M.Martini e F. Montuori
I GIARDINI ITALIANI
Seconda parte
I giardini di Iacopo Barozzi da Vignola
Iacopo Barozzi da Vignola ebbe una carriera particolarmente rapida; poté godere di prestigiose committenze; la sua attività al servizio dei papi e della famiglia Farnese costituirà l’inizio di una fase professionale di enorme rilevanza.
Lavora su commissione del papa Paolo III e dei suoi tre nipoti: Ranuccio, il duca Ottavio ed i futuro cardinale Alessandro Farnese. I Farnese non si accontentarono di governare lo Stato della Chiesa ma crearono un loro personale Ducato con capitale Castro, una città ideale costruita da Antonio da Sangallo nell’alto viterbese.
Per tutto il ‘500 e oltre, nel Lazio ed in particolare nel Ducato di Castro, non c’è porta di città, palazzetto nobiliare, chiesa in cui si riscontri traccia dell’intervento vignolesco; tra il 1550 e il 1570 il nome di Vignola appare nei più significativi progetti di palazzi,ville e giardini del Lazio.
Il principale committente fu Alessandro Farnese. Eletto cardinale da Paolo III, suo nonno, quando aveva da poco compiuto quattordici anni, nominato vicecancelliere, si insedia a Roma nel Palazzo della Cancelleria, la “sua reggia” per i restanti 45 anni; tra il 1542 e il 1547 il giovane Alessandro ricoprì la funzione di “ministro della cultura”, radunando a Palazzo una corte di intellettuali e artisti, fra cui lo stesso Giorgio Vasari. Sarà sempre il cardinale a prendere le decisioni essenziali; il suo architetto di fiducia sarà Vignola.
La committenza farnesiana non si limitò a singole costruzioni ma riguardò anche il loro rapporto con le città e i borghi ove essi sorgevano; Vignola si misurò ovunque con l’inquadramento urbanistico degli interventi progettuali.
La politica culturale di Alessandro Farnese ben si fondeva con la multiforme poetica vignoliana, spesso incline al compromesso; Vignola lavorava con pazienza sempre alla ricerca di una sintesi in grado di riassorbire le varie contraddizioni che incontrava nel suo lavoro. Secondo Paolo Portoghesi il Vignola
“si accosta ecletticamente a tutti i repertori tradizionali….per utilizzare i vari apporti in una acquietante sintesi linguistica”; per Arnaldo Bruschi Vignola è “l’iniziatore di una nuova fase rinascimentale non eclettica, ma aggiornata, fra le disparate proposte avanzate dalla cultura bramantesca e post bramantesca”.
Nel suo trattato “Regola delli cinque ordini dell’Architettura” del 1562 si distingue per la sua formulazione chiara e concisa. E’ il motivo per cui la personalità del Vignola eserciterà un grande influsso sull’architettura cinque-seicentesca.
Tipicamente vignolesca sarà la concezione dello spazio; attraverso una lunga evoluzione Vignola arriva ad una concezione sempre più autonoma dello spazio; la struttura esterna si svincola sempre più da quella interna: spazio interno e configurazione esterna tendono ad essere reciprocamente indipendenti.
La chiesa del Gesù, che costituirà la sua opera più importate (fig.1), è basata su questo principio innovativo: alla facciata classica si contrappone un interno anticlassico ad unica navata “coperta a volta et non altramente”, paradigma della controriforma, finalizzata alle esigenze della predicazione e della partecipazione popolare alla funzione religiosa, come volle esplicitamente Alessandro Farnese, che nel Gesù avrà la sua tomba.
Sua attività non secondaria sarà quella di innovare la progettazione dei giardini italiani; ne darà prova nei cantieri di Caprarola nella Tuscia, Villa Giulia a Roma, Villa Lante a Bagnaia.
Caprarola. Villa, palazzo, fortezza
Fin dal 1556 Vignola elabora un progetto per Caprarola per la costruzione di una grande villa, palazzo residenziale dei Farnese. Il cardinale Alessandro impone un programma completamente innovativo: un Palazzo innestato sulla fortezza pentagonale che Antonio da Sangallo il Giovane e Baldassarre Peruzzi avevano iniziato a costruire (fig. 2)
Vignola aprì nel borgo una strada di accesso al Palazzo, che, per la sua forma, sarà chiamata la via Diritta, così come imponeva la consuetudine cinquecentesca delle strade diritte verso i palazzi papali: la via Alessandrina della spina dei Borghi al Vaticano, la via dei Baullari in asse con il palazzo Farnese di Roma.
Sul corso di Caprarola si affacciano chiese e nobili palazzi, edifici cinquecenteschi e seicenteschi: il palazzo Riario; la collegiata di San Michele Arcangelo, eretta da Luigi Valadier; la chiesa di San Rocco di fronte alla scalinata che sale al Palazzo Farnese, la chiesa della Madonna della Consolazione di cui Vignola eresse l’altare maggiore (fig. 3).
I lavori proseguirono fino al 1564 con la costante presenza del Vignola nel grande cantiere; nel 1575 il Palazzo-fortezza era concluso. Il Vignola riesce a saldare il Palazzo con il borgo grazie al sistema dei terrazzamenti di scale e cordonate, puntate come un cuneo nel nucleo antico della città.
Dagli affreschi della Loggia centrale emergono le scene con Paolo III trionfante sui signori del mondo di allora: lo vediamo ritratto a ricevere l’omaggio di Carlo V, inginocchiato davanti a lui; nella sala dei Fasti i Farnese si mostrano insigniti dei segni del potere e delle guerre vittoriose, sempre nel posto di onore, al centro dei potenti del mondo (fig. 4). Sullo sfondo della scena urbana, il Palazzo di Caprarola è presenza incombente, una mole che spicca nel territorio.
A Caprarola Vignola realizzò un ventaglio di giardini “all’italiana” che si aprono a ridosso della villa, due quadrati geometrici le cui bisettrici convergono sul centro del cortile circolare della mole pentagonale.
I due giardini adiacenti al Palazzo si rifanno ai “giardini segreti” del Cinquecento, un giardino d’inverno ed uno d’estate, ognuno in corrispondenza dei relativi appartamenti collegati ai giardini tramite due piccoli ponticelli. Il viale della collina retrostante il Palazzo fu livellato e piantumato perché il cardinale Farnese e i suoi ospiti potessero godere del bosco circostante. Passeggiando nel parco si incontra la Casina del Piacere, un rifugio intimo e segreto del cardinale, situato in posizione dominante con vista spettacolare sulla campagna romana (fig. 5). Vi si organizzavano battute di caccia e spettacoli per divertire gli ospiti, stupire, sorprendere.
Roma. La Villa Giulia
Nella sua ambizione di emulazione dei fasti imperiali è probabile che Giulio III, con la realizzazione della sua nuova Villa fuori dalla città e prossima alla via Flaminia, intendesse confrontarsi sia con Giulio II, il signore del Belvedere, sia con Giulio dei Medici, che aveva commissionato a Raffaello la realizzazione di Villa Madama. Certamente quest’opera fu presa a modello dal Vignola per il programma architettonico della Villa Giulia, avviata nel 1551.
Per collegare la sua Villa alla Via Flaminia il papa Giulio III fece aprire una strada, la via Iulia Nova (fig. 6) che punta diritta sul portale dell’edificio: la facciata fondale della Villa si presenta ancor’oggi per quanti provengono dalla consolare.
Allo sbocco sulla via Flaminia, la via Iulia Nova era inquadrata da due quinte architettoniche, due differenti fontane, di cui la quinta di sinistra, la cosidetta fontana “pubblica”, è ancor oggi al suo posto.
Percorrendo la via Iulia Nova il fronte della Villa Giulia si presenta di scorcio (fig. 7). Nel fronte principale a due livelli con corpo centrale aggettante e due corpi laterali, il massimo rilievo è concesso al portale di ingresso bugnato con nicchie laterali e alla loggia superiore da cui il papa Giulio III poteva affacciarsi verso nord, verso le sue proprietà della Toscana etrusca.
La Villa, nelle parole dell’Ammannati, si pone come archetipo della buona architettura
“Tutto il sito di questa amena, et bella villa si può dire che sia con tutte quelle qualità che si ricercano, perché vi sono monticelli, vallette, piano, acqua et aria bonissima”
Si entra nell’edificio attraverso un arco trionfale; il fronte interno porticato – a colonne ioniche che sorreggono una volta a botte affrescata – riprende l’esedra di Villa Madama. Come Villa Madama, la Villa Giulia si basa su una successione di tre cortili disposti su un asse longitudinale; il perimetro dei giardini è ristretto da mura che proseguono l’esedra porticata mentre sui fianchi, in corrispondenza delle ali, si sviluppano i giardini laterali (fig. 8).
Il cortile grande si ispira al Belvedere bramantesco e alla Villa Madama; è chiuso dalla Loggia dell’Ammannati; la Loggia permette l’accesso alla seconda terrazza tramite due fughe di scale di marmo che conducono al cuore della Villa, il Ninfeo, posto ad una quota inferiore della terrazza. La struttura architettonica, articolata su tre livelli di logge con balaustre e decorate ai lati con le divinità dei fiumi, è costruito intorno ad una fontana centrale cinta dalle cariatidi. (fig. 9). Due scale circolari permettono il passaggio alla terza terrazza risolta con un semplice parterre intorno ad una fontana centrale.
Bagnaia. La Villa Lante.
In una lettera recapitata da Alessandro Farnese al cardinale Francesco Gambara, entrato in possesso del castello di Bagnaia, veniamo a sapere che Vignola era già venuto a Bagnaia per prendere conoscenza dei luoghi e del tema dell’intervento che doveva progettare. Lo affiancherà il senese Tommaso Ghinucci architetto di fiducia del cardinale e grande esperto di problemi idraulici.
Alla fine del Cinquecento lo spazio fra la Villa e il borgo medioevale era ancora disabitato. La realizzazione dei giardini di Villa Lante fu iniziata dal Vignola nel 1511; solo successivamente fu realizzato il nuovo borgo seicentesco (fig. 10).
Il piano urbanistico tra il borgo antico e la Villa sarà progettato solo nel 1567, e realizzato soltanto nel secolo successivo alla realizzazione della Villa; tuttavia non è da escludere che l’ideatore del piano fosse lo stesso Vignola. A partire dalla torre del Castello Vignola progetta il borgo nuovo organizzato da un tridente sul cui asse centrale nord sud, si apre il portale inferiore della Villa; l’ingresso viene stabilito in posizione esattamente baricentrica rispetto alla torre del borgo vecchio e l’estremità terminale della Villa (fig.11).
Vengono di conseguenza stabilite le dimensioni dei nuovi giardini, come stabilisce la regola, essi saranno suddivisi in tre terrazze quadrate: la prima terrazza è organizzata con un parterre di giardini con al centro quattro peschiere e la Fontana dei Mori, opera del Giambologna (fig.12);
il secondo terrazzamento è articolato in molteplici episodi: le due palazzine Montalto e Gambara (fig.13)
che racchiudono le rampe di salita alla Fontana dei Lumini e, sul lato superiore, alla Fontana dei Giganti (fig.14); nello spazio quadrato terminale, solo virtuale, la sequenza prosegue tramite una linea d’acqua e si conclude con la Fontana del Diluvio, racchiusa da due casini terminali.
La Fontana del Diluvio è concepita come un ninfeo allungato chiuso da un’esedra rocciosa nel cui centro è una grotta con un mascherone. Da qui sgorga la sorgente che alimenta tutte le acque della Villa.
La Villa di Bagnaia rappresenta una brillante evoluzione rispetto ai due prototipi bramanteschi e raffaelleschi del Belvedere e di Villa Madama. Vengono arricchite le sequenze degli eventi, moltiplicando le fontane e diversificando i giardini; il rapporto con il paesaggio si trasforma nel rapporto con la città. Giardini e città sono organizzati in un disegno urbano unitario.
Eminente esponente del manierismo europeo; trattatista e protagonista della cultura architettonica, Iacopo Barozzi da Vignola segnerà con le sue opere la seconda metà del Cinquecento. Sarà sepolto nel 1573 al Pantheon di Roma.
Francesco MONTUORI Roma 27 settembre 2020