di Alessia FERRARO
Tra le pieghe
Beatrice Bartolozzi, Domenico De Rubeis, Filippo Imbrighi, Giovanni Mazzi, Emanuele Marchetti, Marco Randazzo, Manuela Rizzi.
Ripiegata e conservata nella tasca di un paio di jeans, incollata al frigorifero con un appunto, vaporizzata nell’aria dalle mani di un bambino, accartocciata agli angoli della strada, svolazzante dietro la rigida copertina di un libro, conserva e protegge le fragilità.
La carta è uno degli oggetti che maggiormente compone lo scheletro del vissuto di ogni essere umano. Le affidiamo speranze, confidiamo segreti, ci parla e racconta di luoghi lontani, spiega numeri. Infiniti mondi nascondono le sue pieghe sussurranti. Moltissime sono le sue declinazioni. I libri di artista di Beatrice Bartolozzi sono una delle più contemporanee forme di questa artistica invenzione, che affonda le sue radici nel Futurismo. I suoi lavori sono oggetti unici, contenitori di storie favolistiche dalle linee dinamiche e colori brillanti. Domenico De Rubeis gioca con la carta, facendo del collage una forma d’arte innovativa. Le increspature del materiale rendono le sue opere affascinanti e richiamano l’interazione con il pubblico. Un’interessante variazione di libro d’artista sono le opere di Filippo Imbrighi. L’artista, partendo da riproduzioni di pagine di Hemingway, interviene direttamente con il suo linguaggio pop, donando nuova veste grafica a celebri scritti che noi tutti conosciamo. Emanuele Marchetti gioca e sperimenta l’uso di moltissimi materiali, tra cui la carta. Le sue ispirazioni sono vere e proprie visioni a cui si affida per riferire al pubblico un messaggio, veicolato da elementi, apparentemente semplici, ma che diventano complessi nella lavorazione artistica. Giovanni Mazzi, invece, partecipa con Eve of distraction, una composizione pieghevole di 6 tavole disegnate a china su cartone. Una graphic novel che narra di un risveglio, di una presa di coscienza del mondo in cui viviamo. Un rifiuto verso i costanti bombardamenti mediatici e un invito a riappropiarci della nostra singolarità. Marco Randazzo, utilizza anche lui la carta per incidere il suo refrain “Ho tutto in testa ma non riesco a dirlo”, chiave di lettura di un mondo in cui le emozioni fluiscono nell’animo ma faticano a prendere reale plasticità. Il cerchio, simbolo di una circolarità di pensiero che si chiude troppo spesso in se stesso, è qui schizzo vivace, a tratti imperfetto, che urla l’esigenza di scambi comunicativi energici e fuori da rigidi schemi. Manuela Rizzi, sperimenta la carta nella fine arte del design del gioiello, creando una collezione ispirata ai sette peccati capitali in cui ogni singola creazione è studiata con attento rispetto del delicato materiale.
Alessia Ferraro, Ikigai Art Gallery Director Roma 3 novembre 2019