Ukiyoe. Le Immagini del mondo fluttuante. La grande mostra sull’arte giapponese della cultura Edo a Palazzo Braschi.

di Nica FIORI

Quello che invidio ai giapponesi è l’estrema limpidezza che ogni elemento ha nelle loro opere … Le loro opere sono semplici come un respiro, e riescono a creare una figura con pochi, ma decisi tratti, con la stessa facilità con la quale ci abbottoniamo il gilet. Ah, devo riuscire anche io a creare delle figure con pochi tratti”.

Queste parole, scritte da Vincent van Gogh al fratello Theo nel 1888, evidenziano tutta la sua ammirazione per l’arte giapponese, la cui poetica del disegno e dei colori ha ispirato anche altri artisti ottocenteschi, tra i quali Manet, Monet, Tissot, Toulouse-Lautrec, protagonisti del movimento del Japonisme, e continua a ispirare gli odierni manga, i fumetti che dal Giappone si sono diffusi in tutto il mondo.

Furono soprattutto lo stile e i temi delle stampe ukiyoe a influenzare l’arte europea, quando il Giappone si aprì agli scambi commerciali con le potenze occidentali a partire dalla metà dell’Ottocento, dopo secoli di chiusura, ma a loro volta gli artisti giapponesi introdussero nella loro tecnica importanti novità, come il blu di Prussia, un pigmento dal colore intenso meno costoso del blu ottenuto dal lapislazzuli. Non solo, ma il governo Meiji favorì lo sviluppo di professioni artistiche di stampo occidentale, chiamando nel 1875 alcuni artisti italiani come formatori e specialisti nei primi istituti di grafica e arte, tra cui lo scultore siciliano Vincenzo Ragusa (1841-1927), che da giovane aveva partecipato alla spedizione dei Mille, e l’incisore genovese Edoardo Chiossone (1833-1898). Dobbiamo a loro due importanti collezioni d’arte giapponese, relative alla cultura Edo (così detta dalla città di Edo, l’antico nome di Tokyo), che sono alla base della grande mostra “Il mondo fluttuante. Ukiyoe. Visioni dal Giappone”, a cura di Rossella Menegazzo, ospitata fino al 23 giugno 2024 nel Museo di Roma a Palazzo Braschi.

1 Il mondo fluttuante. Allestimento mostra Palazzo Braschi

Sono in mostra circa 150 opere (soprattutto silografie policrome e rotoli dipinti) provenienti dal Museo Edoardo Chiossone di Genova (la più importante collezione di arte giapponese in Italia) e dal Museo delle Civiltà di Roma, che comprende la raccolta di Vincenzo Ragusa relativa alle arti applicate, più altri oggetti acquisiti da Luigi Pigorini per il suo museo etnografico, tra cui un bellissimo soprakimono di cortigiana che era appartenuto a Enrico di Borbone, conte di Bardi (fondatore della collezione d’arte orientale di Venezia), e un bellissimo Koto (strumento a corde), appartenuto al primo console italiano in Giappone Cristoforo Robecchi.

2 Allestimento con ukiyoe della Collezione E. Chiossone
3 Vetrina con oggetti del Museo delle Civiltà

L’itinerario espositivo è suddiviso in sette sezioni tematiche ed è prevista una rotazione delle opere grafiche per motivi conservativi legati alla fragilità dei materiali. Quello che viene mostrato ci racconta una parte del Giappone attraverso la voce di trenta artisti e l’evoluzione delle tecniche di stampa tra il Seicento e l’Ottocento: si va da quelle iniziali monocromatiche alle stampe dipinte in un secondo tempo a pennello, per arrivare alla tecnica della stampa policromatica, che richiedeva l’utilizzo di una serie di blocchi di legno per ognuno dei colori utilizzati nelle immagini. Ovviamente i maestri avevano nel loro atelier diversi assistenti che contribuivano alla riuscita del risultato finale.

4 Allestimento con alcuni ukiyoe di Hiroshige della Collezione E.Chiossone

Va subito precisato che ukiyoe è una parola composta da uki (fluttuante), yo (mondo terreno), e (raffigurazione, immagine): si può tradurre, quindi, con “immagini del mondo fluttuante”. Si tratta di visioni che ci fanno pensare ai cambiamenti stagionali presenti nelle raffigurazioni dei paesaggi, ma si riferiscono allo stesso tempo al vivace e dinamico contesto socio-culturale formatosi agli inizi del XVII secolo in alcune città, soprattutto a Edo, in contrapposizione al modo di vivere nel resto del Paese, ancora organizzato secondo una rigidissima stratificazione sociale. Ricordiamo che Edo venne scelta a partire dal 1603 come “capitale orientale”, sede del nuovo governo militare, dal primo shogun Tokugawa Ieyasu, mentre Kyoto continuava a essere capitale della corte imperiale. Il periodo Edo (1603-1868) godette di una relativa pace e stabilità sociale, favorendo lo sviluppo economico e un rapido processo di urbanizzazione, tanto che Edo raggiunse nel 1740 una popolazione superiore al milione di abitanti.

Prima di essere esteso all’arte, il termine ukiyoe venne utilizzato nella letteratura dell’epoca Edo negli ukiyo zōshi (libri del mondo fluttuante), scritti in kana, ovvero in lingua autoctona e non in cinese, che era la lingua utilizzata in ambito ufficiale.

Come ha spiegato Rossella Menegazzo:

L’ukiyoe rappresentò per l’epoca anche un nuovo mezzo di divulgazione – attraverso le immagini e i libri illustrati – di valori culturali nuovi che si andavano imponendo. Dietro a rappresentazioni di un mondo di piaceri e intrattenimenti terreni spesso si celavano insegnamenti, concetti morali e messaggi che venivano passati abilmente, scavalcando la forte censura governativa che voleva colpire il lusso e le classi emergenti. Le opere in mostra ci raccontano quanto quella di Edo fosse una società alfabetizzata e come si usassero le arti come disciplina formativa dell’individuo”. 

Nella prima sezione, intitolata “Arti ed educazione”, sono soprattutto le immagini di donne a mostrare le arti ritenute essenziali per una buona educazione, ovvero la pittura, la calligrafia, la musica e il gioco di strategia. Ma si potrebbero aggiungere anche l’arte di sistemare i fiori (ikebana) e la pratica della cerimonia del tè (chanoyu).

Oltre a Kitagawa Utamaro (1753-1806), famoso per le beltà femminili, anche Keisai Eisen, Kikugawa Eizan, Utagawa Kunisada e altri hanno raffigurato molte donne, che ci incantano per i movimenti sinuosi dei corpi e per la raffinatezza dei loro abiti, quei kimono che sembrano concepiti per scoprire l’animo, più che per coprire il corpo, in quanto espressione del gusto e delle reazioni umane davanti alla natura, ai suoi colori, alle sue emozionanti sorprese. In effetti, la scelta dei tessuti e il sapiente accostamento dei colori erano considerati attributi della bellezza, anche più importanti di quelli fisici.


5-Kikugawa Eizan Raccolta moderna di bambini come tesori 1809. Silografia policroma 263-x-386 cm ©Courtesy of Museo dArte Orientale E. Chiossone
6.Keisai Eisen, Cortigiana con l’ombrello sotto la neve 1824-29 Silografia policroma, 73,3 x 24,9 cm ©Courtesy of Museo d’Arte Orientale E. Chiossone

Nel trittico di Utagawa Hiroshige II, intitolato Veduta dal piano superiore (della casa da tè Gankirō) nel quartiere di piacere Miyozaki a Yokohama (silografia policroma, 1860, Museo d’arte orientale E. Chiossone) è il blu a dominare nelle vesti delle cortigiane, raffigurate in diverse pose davanti a un edificio preceduto da un ponticello di legno rosso, mentre il trittico di Utamaro Giovani donne e inserviente raccolgono cachi (1803-1808) ci trasporta in un frutteto, dove i kimono riprendono il giallo-arancio dei frutti.

7 Utagawa Hiroshige II, Veduta nel quartiere di piacere di Miyozaki a Yokohama 1860, Museo E. Chiossone
8.Kitagawa Utamaro, Giovani donne e inserviente raccolgono i cachi. Silografia policroma, trittico 37,5 x 76,3 cm ©Courtesy of Museo d’Arte Orientale E. Chiossone

Tra le opere di Utamaro appaiono particolarmente curiose due silografie della serie Occhiali moralizzanti dei genitori del 1802-1803, dove in alto a sinistra degli occhialetti (arrivati dall’Europa in Giappone alla fine del Settecento) formano una sorta di cartiglio.

9 Kitagawa Utamaro, Due silografie della serie Occhiali moralizzanti dei genitori, 1802-03, Museo E.Chiossone

Pure d’importazione europea doveva essere il visore ottico che appare in una silografia, raffigurante una giovane donna con due bambini che scrutano le immagini prospettiche al suo interno. L’allestimento prevede anche una serie di oggetti legati all’educazione, tra cui alcuni strumenti musicali e un set composto di una scatola per cancelleria e una scatola da scrittura.

“Arti performative: dalle strade ai teatri kabuki” sono il soggetto di un’altra sezione, divisa in sottosettori che ci fanno conoscere le danze, tipiche soprattutto delle feste, e gli attori del teatro kabuki, che aveva lo scopo di intrattenere il popolo raccontando aneddoti di vita reale, quali amori sfortunati e drammatiche vendette, talvolta nascosti dietro parodie per evitare la censura governativa. Utagawa Kuniyoshi (1798-1861), in particolare, utilizzò il divertimento e l’ironia mostrando ritratti di attori abbozzati similmente a graffiti su una parete, attori nascosti dietro le sembianze di pesci o di gatto o anche componendo persone composte da figurine umane, assemblate in modo arcimboldesco per divertire il pubblico, evitando rimandi diretti ai nomi e ai volti degli attori.

Foto 11 Utagawa Kuniyoshi, Fa paura ma è veramente una buona persona, 1847 ca., Silografia policroma, 36,5 x 24,8 cm, ©Courtesy of Museo d’Arte Orientale E. Chiossone
Foto 10 Utagawa Kuniyoshi, Esibizione a Nishi Ryōgoku dalla serie Hayatake, Torakichi. Fiori di Edo, foglie che pendono dagli alberi, 1857, Silografia policroma, 35,5 x 24,5 cm, ©Courtesy of Museo d’Arte Orientale E. Chiossone

Per eludere la censura, lo stesso Kuniyoshi trasformò i volti delle cortigiane di una casa da tè in teste di passeri, come si vede nel settore dedicato al “Lusso e seduzione nei quartieri di piacere”, che espone, tra le altre cose, il prezioso soprakimono (uchikake) portato in Italia dal conte di Bardi, con ricami in fili d’oro e di altri colori sullo sfondo indaco, alcuni splendidi ventagli e accessori come i portatabacco e lo specchio da toletta, tutti provenienti dal Museo delle Civiltà, esposti con la funzione di richiamare gli stessi oggetti raffigurati nelle opere grafiche.

13 Specchio da toletta periodo Edo. Museo delle Civiltà
12 Allestimento dedicato al lusso e seduzione nei quartieri di piacere

Altri temi trattati sono relativi a “Giochi, svaghi e intrattenimenti”, per arrivare, infine, alle sezioni “Edo capitale orientale” e “In viaggio: luoghi da cartolina”, dove troviamo suggestive vedute naturali e architettoniche di molte province del Giappone. Ovviamente si parte da Edo e dai suoi scorci, per intraprendere, attraversando il Ponte di Nihonbashi, un pittoresco tragitto fino alla capitale imperiale di Kyoto.

Osservando la prospettiva adottata da alcuni artisti per realizzare scorci di strade, con negozi e ristoranti laterali, ci rendiamo conto di quanto le vedute europee, importate a partire dal Settecento, avessero influenzato la loro arte, prima di contribuire a loro volta a rinnovare gli sguardi occidentali.

Il percorso espositivo lascia percepire quello che era il viaggio attraverso le montagne lungo il Kisokaidō (strada che collega Tokyo e Kyoto) e lungo il mare sul Tōkaidō (regione del mare dell’Est), per chi si spostava dalle province a Edo, con scenari naturali e vedute del Monte Fuji da diverse angolazioni del territorio giapponese.

Ricordiamo che il Fuji è un vulcano alto 3.776 m ed è circondato da cinque laghi. Con la sua cima innevata per dieci mesi all’anno, è uno dei simboli del Paese e gli shintoisti lo considerano sacro al punto da ritenere doveroso almeno un pellegrinaggio, nel corso della vita, sulle sue pendici.

Esposta da sola su una parete troviamo in mostra la Grande Onda di Kanagawa, una piccola ma iconica silografia che fa parte delle “Trentasei vedute del Monte Fuji” di Katsushika Hokusai.

14 Allestimento con la Grande onda di Hokusai

Hokusai (1760-1849) deve la sua fama universale proprio alla Grande Onda, un’opera che descrive la contrapposizione tra forza della natura e fragilità dell’uomo: in primo piano appare l’incessante agitarsi dell’onda e, sullo sfondo, l’immobilità della montagna. In mezzo, proprio dove il movimento dell’onda si incava prima di rinchiudersi su sé stessa, barche di miseri pescatori.

Di Hokusai sappiamo che nacque a Edo da un fabbricante di specchi della corte degli shogun Tokugawa. Il suo nome d’infanzia era Tokitaro, ma cambiò più volte il suo nome d’arte, fino ad assumere quello di Hokusai per la sua profonda venerazione verso il dio Hokushin-Mioken (un bodhisattva che è la deificazione della Stella polare). Ed è proprio dal pensiero religioso orientale che deriva quel concetto di impermanenza, di mondo mutevole, che traspare dalle sue opere. Nel 1834 appare il primo libro dedicato alle vedute del Fuji, ma a questo segue un secondo e quindi un terzo volume in cui raggiunge “una scienza, un’arte e una capacità di osservazione umoristica di gran lunga superiori”, come già osservava il critico d’arte ottocentesco Edmond de Goncourt.

Foto 15 Katsushika Hokusai, Veduta del tramonto presso il ponte Ryōgoku dalla sponda del pontile di Honmaya, dalla serie Trentasei vedute del monte Fuji 1830-1831 ca. Silografia policroma 26,3 x 38 cm ©Courtesy of Museo d’Arte Orientale E. Chiossone
16 Utagawa Hiroshige, Surugacho dalla serie Meisho Edo Hyakkei, 1856, Silografia, 50,9 x 35,9 cm, ©Courtesy of Museo d’Arte Orientale E. Chiossone

Molto più rappresentato in mostra è Utagawa Hiroshige (1797-1858), uno degli artisti più apprezzati dagli impressionisti e dai postimpressionisti e, nell’ambito del Novecento, da Frank Lloyd Wright, che del maestro realizzò la prima esposizione in assoluto, facendo conoscere la ricchezza cromatica delle sue opere e l’architettura delle sue immagini, l’intensa partecipazione della natura e la capacità di trasmetterne il sentimento. La sua serie più famosa è 100 vedute di luoghi celebri di Edo.

Anche nelle sue opere è spesso presente il Fuji, come in Surugachō (1856, silografia policroma, Genova, Museo E. Chiossone), dove la cima del monte appare come una visione surreale al di sopra delle nuvole. Dalla serie Illustrazioni di luoghi celebri delle sessanta e altre province ci colpisce la straordinaria immagine del 1855 intitolata Awa. I gorghi di Naruto (Genova, Museo E. Chiossone).

17 Utagawa Hiroshige, Awa. I gorghi di Naruto dalla serie Illustrazioni di luoghi celebri delle sessanta e oltre province, 1855, Silografia policroma, 35,5 x 23,5 cm, ©Courtesy of Museo d’Arte Orientale E. Chiossone

Sono esposti anche dei trittici, come quello con i monti innevati lungo la strada di Kiso della serie Neve, luna, fiori.

18 Utagawa Hiroshige, Monti e fiumi sotto la strada di Kiso, 1857, Genova Museo Chiossone

Sembra proprio di cogliere in queste incantevoli visioni le parole dello scrittore Asai Ryoi, che nel 1662 scrisse:

Vivere momento per momento, abbandonarsi interamente alla luna, alla neve, ai fiori di ciliegio e alle foglie rosse degli aceri, cantare canzoni, bere saké, consolarsi dimenticando la realtà, non preoccuparsi della miseria che ci sta di fronte, non farsi scoraggiare, essere come una zucca vuota che galleggia sulla corrente dell’acqua: questo, io chiamo ukiyo, il mondo fluttuante”.

Nica FIORI  Roma 25 Febbraio 2024

“Il mondo fluttuante. Ukiyoe. Visioni dal Giappone”

20 febbraio – 23 giugno 2024

Museo di Roma a Palazzo Braschi. Piazza San Pantaleo 10, Roma

Orari Dal martedì alla domenica ore 10.00-19.00; la biglietteria chiude alle ore 18.00.

Per info: tel. 060608 (tutti i giorni ore 9.00 -19.00); www.museodiroma.it; www.museiincomune.it