Un busto del Bernini di Urbano VIII Barberini in casa Spada.

di M. Lucrezia VICINI

Gian Lorenzo Bernini (Napoli, 1598- Roma, 1680)     

Busto di Urbano VIII Barberini (Firenze, 1568-Roma,1644)

marmo bianco con patina color brunastro, cm 94 x 71 x 40, inv. n. 379

Inv. n. 379 Galleria della Meridiana, piano nobile di Palazzo Spada

Il busto apparteneva al cardinale Bernardino Spada (1594-1661) che lo custodiva nella cosiddetta Stanza del soffitto azzurro, attuale prima sala del Museo, insieme a sei altre sculture, di cui cinque antiche e una moderna dello scultore Giuliano Finelli,  raffigurante suo padre, il tesoriere pontificio Paolo Spada (1541-1631). Così risulta nell’inventario dei suoi beni ereditari del 1661, descritto senza particolari riferimenti, semplicemente come: “Urbano” (1). Nella stessa stanza il cardinale conservava anche un ritratto di Papa Urbano con cornice dorata, non più esistente, fatto eseguire dal pittore Baldassarre Aloisi, detto il Galanino, insieme ad un altro del nipote Gregorio (1615-1686), saldati con 12 scudi il 15 maggio 1632(2).

Non rintracciabile nell’inventario dei beni mobili del 1759 e nell’ appendice del fidecommisso del 1862, dove tutti i  busti seicenteschi vengono trascritti col titolo di Scultura moderna o busto di incognito, nell’inventario  intermedio, il fidecommisso del 1823 (3)è segnalato come “Un busto in marmo, ossia ritratto di Urbano VIII Barberini” e nella Prima camera detta del Filosofo, una delle tre stanze al piano terra del palazzo, a sinistra entrando nel cortile, dove il cardinale  aveva collocato la raccolta delle sue  sculture in una sorta di museo  archeologico.

Nel 1889, con l’insediamento nel palazzo del Consiglio di Stato, la collezione delle sculture venne smembrata per lasciare posto alla Biblioteca,  dove  tutt’ora vive, e dislocata  sia nelle quattro sale del museo, sia in altre stanze dell’edificio. Di fatto, nella ricognizione inventariale di Pietro Poncini del 1925 il busto figura con  altri busti maschili di componenti Spada, nella cosiddetta Anticamera del Consiglio di Stato, in realtà la Galleria della Meridiana  al piano nobile, in cui si possono ammirare anche oggi, decritto sempre comeRitratto diUrbano VIII Barberini” (4). Hermanin, nella coeva stima, lo valuta lire 25.000,  e lo elenca nel medesimo ambiente che definisce anonimamente Locali occupati dal Consiglio di Stato, con la giusta attribuzione all’artista, comeG.L.Bernini: Busto di Urbano VIII su base” (5).

Pienamente  in accordo nel riferire il busto a Gian Lorenzo Bernini, la critica moderna rimane tuttavia non del tutto allineata sulla datazione, che oscilla tra il 1637-38 e il 1640, e il 1642-44

Dopo essere stato menzionato da Riccoboni come opera di maniera berniniana (6), a sostenere l’autografia del Bernini è il Faldi (7),  che vi nota:

un grado assolutamente puro da interferenze di aiuti.”

Lo studioso pensa anche di identificare il busto in quello ricordato da Baldinucci (8) già esistente nella villa gianicolense del cardinale Angelo Giori, che lo menzionava nel suo testamento del 1658. La datazione che Faldi propone al 1642-44, dopo il bronzo del duomo di Spoleto (dat.1640-44),   viene anticipata da Wittkower (9) al 1640, a quando l’artista aveva già eseguito il Busto di Urbano VIII della Collezione Eredi  Barberini del 1640-43.

Ma per Marcello e Maurizio Fagiolo dell’Arco l’opera risalirebbe al tempo di una grave malattia del pontefice nel 1637 e sarebbe quindi anteriore al su menzionato ritratto presso gli eredi  Barberini (10). I due studiosi ritengono peraltro infondata l’identificazione avanzata da Faldi che il busto Spada possa essere lo stesso Giori.

La definizione che si tratti di due busti diversi viene fatta da Corradini su base documentaria, secondo cui  il busto Giori, figurava ancora nel successivo  inventario dei beni ereditari del 10 marzo 1669 dell’erede del cardinale, Cesare Giori. Il busto Spada permaneva invece in quello di Bernardino del 1661 (11).

Se per  Neppi (12) le probabilità che il busto di Urbano VIII sia autografo sono molto forti, per Schutze (13) che data intorno al 1640

dovrebbe essere in parte autografo poiché manca forse l’ultima rifinitura e non raggiunge la vivacità e l’eloquenza del grande busto del 1632, nelle due versioni di Ottawa e della Galleria Nazionale d’Arte Antica a Roma che segnano con i busti di Scipione Borghese un apice assoluto della ritrattistica berniniana”.

Dopo che anche Ferrari-Papaldo (14) datano l’opera al 1640-42,  Montagu (15), rimane ferma al 1640 reputando  inaccettabile una esecuzione di collaborazione.

Si sa che oltre che con il Borromini, anche tra  Bernini e il cardinale Spada intercorrevano da sempre rapporti di amicizia e stima. Nel 1634 l’artista gli fornì alcuni schizzi per l’altare maggiore della chiesa di San Paolo a Bologna e nel 1635 Bernardino pensava di commissionargli un ritratto del nipote Orazio:

saria manifattura da desiderare che seguisse presto, e basterebbe che il Cavaliere Bernino lo facesse col lapis” (16).

Urbano VIII Barberini, al secolo Maffeo Berberini, nacque a Firenze da una ricca famiglia di commercianti. Dopo una brillante carriera di studi umanistici e giuridici, fu da papa Paolo V  nominato prima Nunzio a Parigi e nel 1606 creato cardinale proprio per i meriti acquisiti in terra di Francia. Alla morte di Gregorio IV (1621-1623), il 6 agosto 1623, fu eletto papa e incoronato il 29 settembre con il nome di Urbano VIII. Difensore del potere temporale del papato, nei venti anni del suo pontificato tentò di rafforzare l’autorità della Santa sede in tutta l’Europa.

Attuò numerose riforme nella gerarchia ecclesiastica e operò il potenziamento dell’Inquisizione e dal punto di vista della politica interna, nel 1631 riuscì ad annettere allo Stato Pontificio il Ducato di Urbino. Sotto il suo governo si svolse la definitiva condanna di Galileo, con l’abiura del 22 giugno 1633. Negli ultimi anni della sua vita, tra il 1641 e il 1644 fu in guerra con Odoardo Farnese per il possedimento del Ducato di Castro che si risolse con la sconfitta dei Barberini, determinando risentimento tra i sudditi  per i tributi imposti nel tentativo  di recuperare le spese sostenute.  Urbano VIII va ricordato in special modo per le sue doti di colto umanista, mecenate e amante del fasto. Soprannominato ape attica, dall’ape presente nello stemma di famiglia, si avvalse dei grandi artisti del momento, Bernini, Borromini, Pietro da Cortona, per celebrare il trionfo della Chiesa rimasta avvilita dalla crisi prodotta dal protestantesimo, abbellendo Roma di opere importanti (17).

Bernardino Spada fu  da Urbano VIII nominato cardinale  col titolo di Santo Stefano al Celio nel gennaio del 1626. In quel momento si trovava ancora a Parigi dove lo aveva inviato come Nunzio Apostolico due anni prima. Tornato a Roma, nel giugno del 1627 ottenne la Legazione Pontificia a Bologna (1627-1631) e l’incarico di sovrintendere i lavori relativi alla fortezza urbana di Calstelfranco Emilia, la cui pianta a stella a otto punte è nelle sue mani, nel dipinto del 1631 del Guercino eseguito direttamente a Bologna,  e conservato nella prima sala del Museo (18).

Immensamente grato per gli onori ricevuti, Bernardino volle manifestare la sua devozione al papa inserendo inizialmente le api barberiniane nel suo stemma con le tre spade. E’ sempre  al Beatissimo Padre Urbano VIII che scrive mentre si fa ritrarre dal Reni a Bologna,  seduto in abito cardinalizio davanti allo scrittoio, nel dipinto coevo a quello del Guercino, esposto anch’esso nella prima sala.

Ma è soprattutto nel salone di rappresentanza del palazzo, nella Sala Grande, in cui volle imprimere il ricordo del papa in decorazioni, ben analizzate da Neppi (19) che alludono alla sua politica di sostenitore del potere temporale della chiesa cattolica, quale era.

Nel programma decorativo eseguito nel 1635 dai quadraturisti bolognesi, Michelangelo Colonna e Agostino Mitelli, in un tripudio di api disseminate ovunque, viene simbolicamente celebrato sulle quattro pareti il potere spirituale della chiesa, attraverso quelle figure più rappresentative del potere temporale che nel corso del tempo lo hanno sostenuto, da Carlo MagnoCostantino, da Matilde di Canossa al cardinale di origine spagnola, Egidio di Albornotz, la cui abile azione politico – militare riportò sotto il controllo papale tutti i territori dello Stati Pontificio, rendendo possibile il rientro del Papa da Avignone a Roma e la fine dello scisma. Nel riquadro monocromato è raffigurato a Viterbo mentre consegna a papa Urbano V di   ritorno da  Avignone, nel 1367, un carro pieno di chiavi  delle città  ritornate alla Chiesa (20).

In nome dell’ amicizia che lo legava a tutta la famiglia, in particolare ai nipoti del papa, i cardinali Francesco e Antonio Barberini, aveva fatto eseguire o acquistato anche dei loro ritratti. Nel citato inventario dei beni ereditari del 1661 sono segnalati cinque ritratti  di casa Barberini che teneva esposti nella villa di Tivoli, come risulta inventariato anche un ritratto del papa stesso con cornice dorata, che conservava insieme al busto, nell’attuale prima sala del Museo (21) . Nel 1630, il fratello Virgilio, compartecipe al senso di fedeltà verso il papa, gli aveva anche proposto di far erigere dal Borromini la cappella di famiglia in Sant’Andrea della Valle, proprio di fronte a quella dei Barberini, “dai quali”, come riferisce

sono venute le grandezze in casa nostra e credo che essi goderiano assai, che una loro creatura abelisse l’ogetto della loro cappella” (22).

La cappella non più edificata e fatta realizzare successivamente dal loro nipote Orazio, nella chiesa di Santa Maria in Vallicella (23), doveva essere ornata sulle pareti da bassorilievi raffiguranti scene della vita di Bernardino che lo mostrano al servizio di Urbano VIII (24).

Nel busto il papa è raffigurato in abbigliamento quotidiano  con camauro e  mozzetta, priva di stola ricamata con le chiavi pontificie, come appare ad esempio nel prototipo in marmo della Galleria Nazionale d’Arte Antica in Palazzo Barberini  del 1632 e in repliche autografe più vicine al nostro, come quelli bronzei  del Museo del Louvre del 1640 e del Duomo di Spoleto del 1640-44.

La scultura poggia su un peduccio sagomato con la scritta Urbano VIII e, scolpita a rilievo, un’ape, come in nessun altro analogo busto. Il piedistallo è a pilastrino, parzialmente rastremato, rivestito di cottanello e nero venato.

Il papa appare stanco e invecchiato. Come giustamente è stato osservato (25), (26), il volto dimagrito e allungato, con il pizzo meno folto, potrebbe riflettere la situazione degli ultimi anni della sua vita, sconvolta dagli esiti negativi della guerra di Castro. Segni marcati che l’artista suo prediletto  ha voluto rendere reali ed efficaci,  evitando  di cancellarli o sublimarli in tratti  inverosimili.

Maria Lucrezia VICINI  Roma 11 Giungo 2023

NOTE

1)Cannatà R., Il Collezionismo del cardinale Bernardino Spada in La Galleria di Palazzo Spada, Genesi e storia di una Collezione, Roberto Cannatà, Maria Lucrezia Vicini, Roma, 1992, pp. 28,64, nota n. 33
2)Cannatà R.,  in Cannatà. Vicini, cit. 1992, p.28
3)Cannatà R., Vicini M.L, cit, 1992, p.188
4) Cannatà R., Vicini M.L., cit. 1992, p.195
5) Cannatà R., Vicini M.L., cit.1992, p. 199
6)Riccoboni A., Roma nell’Arte. La scultura nell’evo moderno dal Quattrocento a tutt’oggi, Roma 1942, p. 162
7)Faldi I., Un busto di Urbano VIII di Gian Lorenzo Bernini in Palazzo Spada, in Bollettino d’Arte 1965, 1-2, pp. 79-80
8)Baldinucci F., Vita del Cavaliere Gian Lorenzo Bernino scultore, architetto e pittore, Firenze 1682, p. 103
9)Wittkower R., Palladio e Bernini, in Bollettino del Centro Internazionale di studi di Architettura A Palladio, 1966, 7, pp. 13-15
10) Marcello e Maurizio Fagiolo dell’Arco, Bernini. Una introduzione al gran Teatro Romano, 1967, scheda 93
11) Corradini S., La Collezione del Cardinale Angelo Giori, in Antologia delle Belle Arti, I. 1977, p. 85
12)Neppi  L. Palazzo Spada,  Roma 1975, p.148
13)Schutze S., in Gian Lorenzo Bernini Regista del Barocco, catalogo della mostra a cura  di Maria Grazia Bernardini, Maurizio Fagiolo dell’Arco, Milano 1999, pp. 328-329
14)Ferrari O., _Papaldo S., Le sculture del Seicento a Roma, Roma 1999, p. 521
15)Montagu J., in Bernini and the Birth of Baroque Portrait Sculpture, catalogo a cura di Andrea Bacchi, Catherine Hess, Jennifer Montagu, Los Angeles 2008, p. 288
16) Neppi L., 1975 cit. p. 131
17)Rendina C., I Papi. Storia e segreti, Roma 1987
18)Vicini,M.L. In Guercino. Capolavori da Roma e da Cento. Catalogo della Mostra a cura di Rossella Vodret, Fausto Gozzi, 2011, pp. 122-123