di Nica FIORI
L’ammirazione dei francesi per la romanità è sempre stata molto viva e si è concretizzata nei secoli passati con diverse iniziative, tra le quali si ricordano la realizzazione dei primi calchi della Colonna Traiana, fatta eseguire da Francesco I di Francia nel 1540-45 (emulato poi da Luigi XIV e ancora da Napoleone III), e gli scavi nell’area della Basilica Ulpia, avviati nel 1811 dal Governo napoleonico.
Naturale conseguenza di questa passione è stata la creazione nel 1875 dell’École française de Rome (EFR), una delle scuole più prestigiose nel campo della ricerca archeologica, storica e delle scienze sociali, sorta sulla scia di precedenti istituzioni, quali l’Institut de correspondance archéologique (fondato a Roma nel 1829 e soppresso durante la guerra franco-prussiana del 1870) e l’École française di Atene.
A piazza Navona, nella sede espositiva dell’EFR, sono esposti, fino al 20 dicembre 2024, numerosi reperti inediti, rappresentativi di un momento specifico della storia dell’archeologia e delle collezioni di antichità nei primi decenni dopo l’unità d’Italia. La mostra, intitolata Un museo per l’École: la collezione di antichità dell’École française de Rome, vuole celebrare il 150° anniversario della fondazione dell’istituto, avvenuta a Palazzo Farnese, dove tuttora la sua importante biblioteca è aperta agli studiosi di ogni nazionalità. A un secolo dopo risale l’acquisizione dell’edificio al civico 62 di piazza Navona, nei cui sotterranei si celano resti dello Stadio di Domiziano.
Auguste Geffroy, che diresse per primo l’École dal 1875 al 1882 e nuovamente dal 1888 al 1895, ebbe il merito di creare una ricca raccolta di reperti archeologici, con l’intento di formare un museo “didattico”, in linea con la definizione della formazione archeologica universitaria, così come è stata elaborata in Francia alla fine dell’Ottocento.
Il museo non vide mai la luce, ma ora, sia pure temporaneamente, la collezione esce da Palazzo Farnese per essere esposta al pubblico. La sua storia è stata ricostruita negli ultimi quattro anni attraverso l’esplorazione degli archivi e l’analisi dei reperti dagli archeologi Christian Mazet (Université libre de Bruxelles) e Paolo Tomassini (Université catholique de Louvain). Ha dichiarato la direttrice dell’EFR Brigitte Marin:
“Roma si arricchisce in questo modo di un altro punto di riferimento culturale destinato a tutti i visitatori. Costituita dal prodotto di scavi effettuati dall’istituzione e provenienti da acquisti e donazioni di oggetti, la collezione spazia tra una varietà di temi che ne dimostrano la ricchezza e l’importanza”.
Il percorso espositivo è diviso in cinque sezioni, a partire da quella introduttiva che illustra la storia del collezionismo e del mercato antiquario di fine Ottocento con oggetti rappresentativi e documenti d’archivio che raccontano i legami tra i protagonisti di questa storia.
Di Auguste Geffroy è esposto il ritratto, realizzato nel 1876 da Jules-Eugène Lenepveu, un pittore originario di Angers, prix de Rome per la pittura nel 1847, borsista e poi direttore dell’Accademia di Francia a Roma dal 1873 al 1878.
In una vetrina sono esposti anche diversi oggetti provenienti da Vaste (Puglia), da Vulci e da altre località dell’Etruria meridionale, dalla Sicilia e dal Lazio.
Alcuni presentano ancora le etichette scritte da Geffroy. Un frammento di bassorilievo etrusco in terracotta, raffigurante Pan, è stato acquistato nel 1949 a Bolsena da Albert Grenier, allora direttore dell’istituto.
La collezione di antichità dell’École è documentata negli inventari della fine dell’Ottocento e del Novecento, alcuni dei quali sono in mostra, come quello del 1964 di Francois Villard. Escludendo gli oggetti più degni di nota, esposti nei saloni della direzione a Palazzo Farnese, la maggior parte della collezione era stata riposta in casse nel sottotetto del palazzo, dove il suo studio è stato ripreso durante la pandemia da covid e ha portato alla realizzazione di questa mostra.
La sezione intitolata “Offrire a Ercole: le terrecotte votive di Palestrina” è relativa ai primi scavi condotti in Italia dall’École: quelli del 1878 nella città latina di Praeneste (oggi Palestrina), presso il santuario di Ercole, una divinità particolarmente venerata nel Lazio dai commercianti e dai pastori che praticavano la transumanza. Guidati dal giovane archeologo Emmanuel Fernique (1854-1885), uno dei pionieri della ricerca archeologica, questi scavi portarono alla luce diverse fosse riempite di doni votivi, tra cui numerose terrecotte di produzione etrusco-laziale databili tra il IV e il II secolo a.C.: si tratta di frammenti di statue, di teste maschili e femminili, statuette, figurine di animali ed ex voto anatomici, come piedi, mani, orecchie, seni, una tavoletta poliviscerale e perfino una lingua orlata da denti. Conservate come al momento dello scavo, alcune terrecotte mostrano ancora i loro colori originali.
Il percorso prosegue con la sezione dedicata alle “Sculture romane di Palazzo Farnese”. Scopriamo così che la collezione dell’École française de Rome comprendeva, sin dalla sua formazione, una sezione dedicata alla scultura antica. Si tratta di oggetti a tutto tondo e a bassorilievo, acquistati da Auguste Geffroy sul mercato antiquario ed esposti nei saloni del secondo piano di Palazzo Farnese, ovvero gli appartamenti della direzione, il Salon rouge e la loggia del palazzo, su una cui parete è stato collocato un sarcofago paleocristiano a tema pastorale.
Tra le opere in mostra troviamo teste marmoree che sono copie romane di originali greci (una testa di Afrodite del tipo “Saffo” e una testa di giovane atleta da un originale del IV secolo a.C.), un possibile ritratto di Antonia minore (I secolo d.C.) e una testa maschile in peperino di età tardo-repubblicana, ma ciò che colpisce maggiormente è un oscillum (un complemento d’arredo che si appendeva nei giardini) in marmo bianco con tracce di colore (I secolo d.C.), che presenta sulla faccia anteriore due maschere e sul retro una pantera marina.
La sezione “I vasi del dono Castellani” comprende un gruppo di vasi greci ed etruschi che il famoso orafo, collezionista e mercante antiquario Augusto Castellani donò all’École nel marzo1879, come attesta uno scambio epistolare tra Auguste Geffroy e Jules Ferry, all’epoca ministro francese dell’Istruzione pubblica e delle Belle Arti.
Il “dono” è costituito da una trentina di vasi, la maggior parte dei quali fu probabilmente rinvenuta dai fratelli Calabresi a Cerveteri, nella necropoli etrusca della Banditaccia, ma comprende anche reperti provenienti da altri siti etruschi.
Si tratta di ceramiche a figure nere e rosse, oltre a vasi in impasto e bucchero nero, rappresentativi della ricchezza e della varietà della produzione greca – importata soprattutto dall’Attica – ed etrusca.
Una coppa attica a figure rosse, risalente al V secolo a.C., è attribuita alla bottega del Pittore di Pentesilea: nella faccia superiore vi è dipinto un efebo drappeggiato appoggiato a un bastone e inferiormente scene di educazione musicale.
In un’anfora attica a figure nere del VI secolo a.C. sono rappresentati Eracle che affronta il leone di Nemea e guerrieri che combattono; un’anfora corinzia a figure nere (VI secolo a.C.) presenta su un lato la protome di un cavallo e sull’altro un gallo. Tra i reperti etruschi è in bella mostra una pisside in bucchero nero del VII secolo a.C., di produzione ceretana.
Alcuni di questi vasi, rinvenuti in stato frammentario, sono stati restaurati nel XIX secolo prima di entrare a far parte della collezione dell’École.
Altri sono assemblaggi, o addirittura veri e propri pastiches, che un nuovo restauro ha messo in luce, in particolare due olpi frammentarie etrusco-corinzie, incollate su carta dipinta di gesso e dipinta. Il restauro a fine Ottocento, in effetti, era eseguito non di rado con l’interazione tra pezzi non pertinenti e altre falsificazioni.
“L’archeologia attraverso la pratica degli oggetti” è l’ultima sezione, che espone un lotto di oggetti frammentari, raccolti non per le qualità estetiche, ma per la varietà dei materiali (ceramica, bronzo, ferro, vetro, terracotta, pietra, stucco, intonaco, osso, conchiglia, ecc.) e la varietà delle classi (vasi, lucerne, elementi architettonici, sculture, decorazioni pavimentali, decorazioni parietali, materiali da costruzione, utensili e iscrizioni). I membri dell’École potevano toccare i reperti, comprendere le tecniche di produzione e cogliere l’abilità degli antichi artigiani.
La mostra, il cui progetto è stato sostenuto dal Ministero francese dell’Insegnamento superiore e della Ricerca, è arricchita da una parte digitale con modelli 3D proiettati sotto forma di ologrammi, video su schermi e qr-code che danno accesso al catalogo online dei singoli oggetti.
Nica FIORI Roma 30 Giugno 2024
Un museo per l’École: la collezione di antichità dell’École française de Rome
29 maggio-20 dicembre 2024. Galleria EFR, piazza Navona, 62 Roma
Orario: dal lunedì al venerdì dalle 10 alle 19, il sabato dalle 10 alle 13. Ingresso libero