di Valentina CERTO
Valentina Certo (Messina, 1989) è una storica dell’arte, professore a contratto di Storia dell’arte presso l’Università Lumsa di Palermo e cultore della materia presso l’Università degli Studi di Messina ed è autrice di un significativo saggio sul soggiorno messinese di Caravaggio pubblicato da Giambra ed, nel 2017 (Caravaggio a Messina. ed arte di un pittore dal cervello stravolto”). Riceviamo e volentieri pubblichiamo questa suo articolo di precisazione relativo ad un importante documento inventariale.
Caravaggio nell’inventario Valdina: alcune precisazioni
Nel 1659, a seguito della morte di Andrea Valdina avvenuta a Palermo, il figlio ed erede universale Giovanni Valdina marchese della Rocca e principe di Valdina, redige un inventario dei beni presenti nel palazzo palermitano della Kalsa. Il documento si trova oggi nell’archivio privato gentilizio Papè di Valdina (Papè di Valdina, secc. XII-XX, regg., voll., bb. 1259), conservato fra gli “Archivi di famiglie” della sede della Gancia dell’Archivio di Stato di Palermo e collocato nella sezione relativa a Giovanni Valdina, in particolare reg. 1201 “Libro di cassa di tutto il mobile della casa in Palermo”, 1665.
Nella prima pagina dell’inventario dei beni presenti alla Kalsa, che ho personalmente trascritto, vengono menzionati trenta quadri con iconografia varia (santi, sante, paesaggi, temi classici, temi tratti dall’Antico e dal Nuovo Testamento e altre opere con la Vergine e Cristo). Valdina è preciso nel ricordare le misure, che sono presenti nella maggior parte delle voci dell’elenco, ancora di più le cornici, di cui sono descritti colori e materiali; un po’ meno per gli artisti e per la provenienza delle opere. In questa elencazione nobiliare c’è una parte che incuriosisce – ai numeri 6, 7 e 8 – ed è così trascritta:
6 – Altro di Giuditta di 5. e 4. con cornice negra toccata d’oro.
7 – Altro di Ecce Homo come quello di sopra di grandezza con cornice tutta negra.
8 – Un Christo con croce in collo del Caravaggio della grandezza di sopra cornice negra et oro.
Si legge che Valdina possedeva un solo quadro autografo e autentico di Caravaggio, un Christo con la croce in collo, menzionato al numero 8 dell’inventario. Viene specificata la cornice “negra et oro”, ma non la grandezza che rimanda a “di sopra”, ovvero alla voce inventariale precedente. Al numero 7 è registrato un Ecce Homo con “cornice tutta negra”. Non è specificato l’artista e, nuovamente, per le misure c’è un chiaro rinvio al numero antecedente, il 6, dov’è inventariata una Giuditta “con cornice negra toccata d’oro” di 5 e 4 palmi, anch’essa di autore ignoto. Il rimando alle misure, 4 e 5 palmi, leggibile al numero 8 dell’inventario, ovvero al Christo con la croce in collo di Caravaggio, interessa sia l’Ecce Homo (di autore ignoto), che la Giuditta (di autore ignoto). Non c’è quindi soltanto una specifica correlazione “di grandezza” tra le due opere con i temi della Passione, ma anche con una terza con l’eroina dell’Antico Testamento.
Giovanni Valdina, tempo dopo, trasferisce i beni dal palazzo della Kalsa al castello della Rocca, attualmente conosciuto come “Il castello di Roccavaldina”, e al casino di Fondachello. Leggendo i documenti, si nota che il numero dei quadri collocati nelle due proprietà risulta aumentato, ciò significa che Giovanni fu un uomo di cultura e interessato all’arte e quindi, oltre a quelli ereditati, ne avrebbe acquistati altri.
Nei fogli seguenti dell’inventario, datati 1672, sotto il titolo “quadri della sede della Rocca” vengono elencate tutte le opere esposte nel castello, con relativa e precisa collocazione. Il “Cristo con la croce in collo” fu esposto nella seconda stanza “dell’apartato nuovo” insieme all’Ecce homo e un “quadro bislongo conSan Geronimo.
Si legge nel documento, così trascritto:
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quadro di nostro Sig.re con la croce su le spalle mesurano palmi 4. e 5. cornice nera (…)
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quadro come sopra detto, Ecce Homo
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quadro bislongo San Geronimo cornice nera
Dalla lettura di questi fogli si evince che al Christo con la croce in collo non è stata più attribuita la chiara paternità di Caravaggio, segno che l’inventario non fu mai del tutto chiuso: le carte bianche, le annotazioni di spostamenti e vendite degli anni successivi, dimostrano che questi documenti erano soltanto un modo per ricordare e annotare il patrimonio posseduto e che Valdina conosceva bene l’autore dei suoi quadri. Che ci sia un particolare legame con l’Ecce Homo sembra trasparire anche dai documenti: il Cristo con la croce in collo, viene collocato vicino l’Ecce Homo, sia nell’inventario (numeri 32 e 33) che nella stanza del castello, la seconda, forse per la specifica correlazione iconografica e per le identiche misure. A tale proposito, la precedente inventariazione, e i rimandi per le misure di 4 e 5 palmi, che vedevano nell’ordine “Ecce Homo – Christo Porta Croce” sono invertiti in “Christo Porta Croce – Ecce Homo”. Nessun accenno invece alla Giuditta. Purtroppo, non si ha più notizia delle tele che risultano, quindi, disperse.
I documenti Valdina dimostrano che Caravaggio durante il soggiorno siciliano (Siracusa e Messina e, molto probabilmente, non anche Palermo), datato 1608-1609, ebbe importanti commissioni pubbliche ma anche private, da parte di nobili dell’isola, che andarono a confluire nelle più prestigiose collezioni.
Studiando le fonti e gli inventari, emerge che in numerose collezioni siciliane sono stati rintracciati quadri del Merisi: un San Gerolamo scrivente e un San Gerolamo con un teschio in mano sono menzionati nella collezione –ereditata dalla madre Camilla Vassallo nel 1708 – di Giovanni Battista Adonnino, che misuravano entrambi 5 x 4 palmi e avevano un valore di 30 onze.
Si ricorda, tra gli altri, il nobile messinese Di Giacomo che nel 1609 commissionò a Caravaggio un ciclo con quattro “Storie della Passione”. Secondo una nota trascritta dallo studioso Saccà, prima del terremoto del 1908, Caravaggio consegna al messinese sicuramente un quadro con “Cristo con la croce in spalla” e si impegna a ultimare gli altri tre entro il mese di agosto dello stesso anno.
Si legge:
“Nota delli quatri fatti fare da me Nicolao di Giacomo: ho dato la commissione al sig. Michiel Angiolo Morigi di Caravaggio di farmi le seguenti quatri: quattro storie della passione di gesù cristo da farli a capriccio del pittore dalli quali ne finì uno che rappresenta Christo colla croce in spalla, la Vergine addolorata e due manigoldi uno sona la tromba riuscì veramente una bellissima opera e pagata oz. 46 e l’altri tre s’obligò il pittore portarmeli nel mese di agosto con pagarli quanto si converrà da questo pittore che ha il cervello stravolto”.
Vista la comune iconografia è possibile che il Christo colla croce in spalla Di Giacomo e il dipinto di Caravaggio posseduto da Valdina, ovvero “Christo con la croce in collo”, siano la stessa opera che, commissionata nel 1609 dal nobile messinese, fu in un secondo momento acquistata dalla famiglia e inventariata nel 1659.
Valentina CERTO Messina 18 aprile 2021
Bibliografia Sintetica:
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Salamone, L’archivio privato gentilizio Papè Valdina, archivio storico messinese, vol. 79, Messina, 1999.