Un protagonista del movimento moderno italiano, Luigi Caccia Dominioni, un ‘archistar silenzioso’, autore di modelli di architettura e vita urbana a Milano oggi di grande interesse per tutti

di Simone LUCCICHENTI

Architettura e continuita’. Il modernismo secondo Luigi Caccia Dominioni

Futuro e progresso ­­sono gli slogan con cui lo speculatore edile vende oggi il suo prodotto in un mercato in cui cultura ed architettura spesso non trovano più posto. La banalizzazione degli spazi urbani, il consumo del territorio con interventi slegati dal contesto hanno impoverito e degradato le città italiane, patrimonio inestimabile dell’umanità.

In italia il concetto di costruire in continuità con la materia tramandata dai centri storici è ancora un argomento tabù.

Nelle università si insegna prevalentemente a disegnare architettura “da copertina” e non il mestiere del costruire correttamente e con sensibilità.

Casa Dominioni, 1953, Milano

In molti paesi del nord Europa sopratutto in Germania e Inghilterra questa è invece pratica comune, anche negli Stati Uniti il fenomeno del “New Urbanism” conquista vaste fette di mercato. In questo modo gli sconnessi e spersonalizzati sobborghi americani progettati intorno all’uso dell’automobile stanno lasciando spazio a schemi incentrati sulla viabilità pedonale e ad un mix bilanciato di destinazioni d’uso come accade da secoli nei nostri centri europei pre-industriali.

La progettazione contestuale in Italia aveva un maestro scomparso pochi anni fa all’età di 103 anni, Luigi Caccia Dominioni.

Star assoluta del design di interni e del disegno industriale, è meno conosciuto per le sue architetture milanesi e nel territorio lombardo che oggi però tornano in auge.

Edifici in via Pisacane, 1994, Milano (per gentile concessione del fotografo di architettura Roberto Conte)

Il ‘senso della misura’ ed una rispettosa esecuzione sono ­i tratti salienti di una architettura aderente alla realtà , la costante osservazione del contesto e l’innato gusto per il dettaglio fa delle realizzazioni di LCD un campione del moderno italiano.

Nella sua prolifica carriera ha mostrato senza manie di protagonismo e lontano dall’ambiente accademico come riconnettere lembi di città e di centri storici senza lasciare spazio a gesti spettacolari.

“Ho pensato che sarebbe stata una buona regola per tutte le città dare un’immagine che fosse più vicina al suolo. Se dal suolo nascessero le architetture, nascerebbero con i materiali locali e quindi tono su tono, pietra su pietra, materia su materia”.   
Planimetria condominio in via Vigoni, 1956 ,Milano

Queste le parole con cui egli stesso delinea il suo approccio alla disciplina. Formatosi con la scuola del razionalismo di Terragni, ha saputo coniugare regola ed eccezione in una interpretazione del moderno fortemente radicata nel terriorio.

LCD era un “piantista”, la distribuzione sapiente degli interni spesso dominati da spazi curvilinei erano un’ arte che ha raffinato alla perfezione . La libertà compositiva non è mai però fine a se stessa o gesto istintinvo ma l’unica risposta possibile a quello specifico contesto e cliente.

E’ la città di Milano che oggi ancora una volta si dimostra terreno fertile per gli investitori stranieri che cercano un contesto produttivo forte con prezzi accessibili rispetto ad altre capitali europee. Nuovi progetti di sviluppo dall’approccio ‘sensibile’ sono ora possibili e il lavoro di Caccia e molti altri della sua generazione si pone come modello irrinunciabile a cui guardare.

Dettagli delle bucature di casa Pirelli, 1958, Milano
Politecnico di Milano, 1996

Osservare l’architettura comune e gli autori senza nome di centri storici e dei borghi italiani deve tornare ad essere un dovere professionale per l’architetto e l’urbanista.

LCD guardava proprio a quel mondo fatto di abitazioni rurali e dimore cittadine, cattedrali del buon senso il cui il grandioso è nascosto nel minuscolo e il rispetto per il territorio è un istinto incorrotto.

“Saldare la tradizione colta con quella popolare“

era il modo con cui Ernesto Rogers affrontava la sfida della ricostruzione nell’Italia del dopoguerra, oggi piu’ che mai è lo slogan del futuro.

Simone LUCCICHENTI   Londra marzo 2019