“Una bussola per bandiera, con inediti “Poesie dopo Gaza”. Migrazione ed emarginazione, arte e politica, nei versi di Simone Sibilio.

di Marco FIORAMANTI

Simone Sibilio

Una Bussola per Bandiera – con inediti “Poesie dopo Gaza”

Di Felice Edizioni 2024

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“PAGINE SENZA GAMBE / PAROLE SENZA RITORNO”

Roma, Bar/Parco Nemorense. Un tardo pomeriggio assolato di fine luglio accoglie un numeroso pubblico seduto fronte a un “palchetto letterario” – ben organizzato da Chiara Mazza de Il Talento – dove è in atto la seconda edizione del volume Una Bussola per bandiera (Di Felice Edizioni) di Simone Sibilio, docente di lingua e letteratura araba a Venezia Ca’ Foscari e traduttore di numerosi poeti arabi contemporanei.

Accanto a lui, due autori, poeti e scrittori, esperti nel campo della letteratura (e non solo): Ilaria Giovinazzo (La religione della bellezza, Pequod 2023) e Marco Colletti (La materia non esiste, La Vita Felice, 2024).

Marco Colletti, Simone Sibilio e Ilaria Giovinazzo

Alla prima spetta il ruolo di intervistatrice stimolando a più riprese l’autore: sulla differenza tra l’altro (l’alterità) e noi (l’Europa), sull’aspetto formale della sua scrittura poetica, sulle modalità stilistiche e sintattiche, con richiami e ripetizioni, tipiche di una letteratura che appartiene, in forme diverse, a entrambe le opposte sponde del Mediterraneo. A Marco Colletti l’onore invece di rompere il ghiaccio con un interessante testo critico sul tema, vasto e complesso, del libro, ponendo l’accento sulla necessaria distanza tra arte e politicizzazione dell’arte, sulle forme propagandistiche all’interno della poesia.

Entrambi reciteranno, insieme all’autore, poesie contenute nel volume. In apertura e chiusura della serata due brani cantati dalla possente voce di Amedeo Morrone alla chitarra acustica.

Il tema è quello della migrazione, della emarginazione e delle loro cause e conseguenze. Tre sezioni compongono il volume, nato nel 2021 in tempi di pandemia e ora ripubblicato dall’editore, arricchito di alcuni inediti: Poesie dopo Gaza, titolo della prima sezione, le successive: Nel canto e Ancora lì, oltre i margini.

Il testo critico di Vincenzo Mascolo alla prima edizione mette in luce quanto l’essere costantemente immersi nella materia poetica, traducendola, quindi ricreandola in forma nuova, consenta a un poeta di talento come Simone Sibilio di non creare alcuna sorpresa all’uscita di una opera prima. Scrive Mascolo:

Disorientamento e desiderio di una patria, significati questi che il titolo sembra evocare, sono temi nodali del nostro tempo. Intorno a essi Sibilio costruisce quest’opera, fingendo (in senso pessoaiano: “arriva a fingere che è dolore il dolore che davvero sente”) di dar voce al dolore di coloro che sono costretti a lasciare la propria terra e a vagare per il mondo in cerca di accoglienza […].

Dopo i naturali ringraziamenti di rito, l’autore racconta la genesi del suo lavoro, la migrazione dal suo punto di vista, che lo spinge a scrivere “Una bussola per bandiera”. E parla del concetto di approdo:

[…] la messa in discussione radicale del nostro privilegio, del nostro dominio, in quanto europei, in quanto luogo dell’approdo, e in una poesia l’approdo viene definito come un dono, il dono del ricevere dell’arricchirsi, del contaminarsi, della possibilità di cresce come società civile oltre le differenze, oltre le disuguaglianze.

Sul tema dell’alterità tra noi e l’Europa, la “fortezza Europa”, suggerito dalla Giovinazzo, Sibilio risponde:

L’alterizzazione è una prassi politica. Se noi spogliamo questo discorso dalla sua matrice principale che è la politicizzazione di un dibattito su questo fenomeno che è un fenomeno radicato e ancestrale e che dovrebbe solo la sua storia annullare le differenze allora identità/alterità che non sono delle categorie fisse cristallizzate ma che devono essere costantemente messe in discussione e decostruite. Io cerco di farlo con le mie possibilità che in questo caso sono i versi, poi cerco di farlo con studi critici ma questo è un discorso che ho molto a cuore.
Simone Sibilio a confronto con Ilaria Giovinazzo

L’autore fa uso nel libro anche di una prosa poetica, mantenendo un ritmo visivo e musicale, legato a processi socio-politici, mostrando contaminazioni – come lui stesso afferma – con una tradizione orale legata alle culture africane e latinoamericane, presenti nell’essere voce viva. E cita Chandra Candiani quando diceva

“La poesia mi lega alla vita e agli invisibili che non trovano altro rifugio se non nella poesia, altra madre se non nella lingua”.

Fuga, rifugio e nostalgia dei luoghi perduti. Mi viene in mente Mahmud Darwish (1941-2008), poeta scrittore, giornalista palestinese reputato tra le più importanti voci del mondo arabo contemporaneo, molto amato da Sibilio; Darwish nel 1997 pubblicò per le edizioni Jouvence il romanzo “Una memoria per l’oblio”. Nella postfazione, Gianroberto Scarcia, grande orientalista, linguista e traduttore, scrive:

Di solito sono gli odori (e i sapori) quelli che generano, acuto, pungente, il rimpianto dei luoghi perduti, devastati o anche, semplicemente, non più nostri […] Nella Beirut di Darwish, è la perdita del luogo (e del tempo) che genera il ricordo dell’odore […] a ritroso, di aver ordinato il caffè.

Ancora sulla memoria. Mentre Colletti leggeva, in maniera impeccabile, una delle poesie, la mia mente entrava in vibrazione con alcuni versi di Peter Handke scritti per “Il cielo sopra Berlino”, quando rievoca alcune immagini:

“le macchie delle prime gocce di pioggia, il sole, il pane e il vino e il saltello, Parsifal, le venature dei fogli di carta, l’erba che si muove, i colori delle pietre, i ciottoli sul letto del ruscello, la tovaglia bianca all’aria aperta, il sogno della casa nella casa […]”.

Percepivo nei versi scritti da Sibilio e recitati da Colletti con freddo ma doloroso struggimento la stessa Sehnsucht, la stessa ricerca di Heimat, quel desiderio interiore rivolto a una persona o quella profonda, intensa, nostalgia dei luoghi natii.

L’interessante discussione poi spinge l’autore a raccontare i suoi modelli più cari della poesia del secondo Novecento e citati, tra gli altri, poeti d’impegno sociale come Franco Fortini.

La serata si conclude con la lettura di due poesie. Cominciamo dalla prima: Siriani, che – racconta Sibilio:

è stata scritta  in pieno periodo piena guerra civile. Parla di uno sfollato interno in Siria, condizione oggi condivisa anche chiaramente dai palestinesi. È un testo che riguarda l’esilio siriano, la diaspora siriana e quindi un altro sguardo ancora su quello che è il concetto di ‘margine’, a cui è intitolata la terza sezione di questo volume.

Siriani

Potrebbe essere nata lì, tra due rovi. / Gli uccelli accorsero e beccarono il fogliame sul terriccio erboso tra residui bellici e piloni di carbone, poi si librarono in aria, specchiandosi in cicogne. /

I compagni per l’evento deposero le armi e coi fucili bardarono un rifugio a protezione dal vento.

I cavalli sellati in fretta e furia al tramonto trasportavano stelle e trilli di donne si sparsero attorno, risuonando canti del villaggio, storie più antiche del pane e ninna-nanne beneaugurali. / Uno sheikh si alzò in piedi e intonò versi della Hamasa di Abu Tammam, mentre il thè più nero del mattino colava dalle labbra dell’onore familiare e assicurava il passaggio di generazione. / Quella madre con occhi cristallo e fiero dolore iscrisse il suo nome sul registro annerito della rinascita. /

Siriani da foreste incendiate, da campi di grano coltivai a veleno, da nature morte di anime vie, gettati lì sullo strapiombo di un anno zero, travolti dai rigurgiti dell’assenza. /Siriani che scrivono a memoria, remano nell’aria, serrano le labbra ma aprono braccia / celebrano il giorno in arrivo così fecondo e ambiguo, e ogni volta è il primo giorno di un anno zero.

La seconda, Tre finestre, è a mio avviso un capolavoro, un omaggio forse, chissà, a quella branca dell’ermetismo italiano che l’autore tanto ama.

Tre finestre

La casa di un poeta ha tre stanze. / E tre finestre: / la prima affaccia sul cortile / la seconda sulla strada / la terza sul mondo.

 Il tuo scrittoio è la parete crepata / Dell’ultima stanza.

Simone Sibilio (1979) insegna lingua e letteratura araba all’università Ca’ Foscari di Venezia. Si occupa principalmente di poesia araba contemporanea, questione palestinese e traduzione letteraria. Tra le sue ultime pubblicazioni Poesia araba moderna e contemporanea (Istituto per l’Oriente, Roma 2022). Ha tradotto numerosi poeti arabi contemporanei tra cui Muhammad al-Fayturi, Talal Haidar, Moncef Ouhaibi, Ghassan Zaqtan, Najwan Darwish. Per DiFelice Edizioni sta curando il volume antologico della poesia dell’autrice siriana Widad Nabi, Ha inoltre in preparazione un lavoro sulla poesia di Mahmud Darvish. Nel 2016 è stato insignito del Premio Poesia Città di Fiumicino per la traduzione di poesia straniera. Alcuni suoi testi poetici, apparsi su testate e riviste nazionali e internazionali, sono stati tradotti in arabo, inglese e francese. La prima edizione di Una bussola per bandiera à uscita per DiFelice Edizioni nel 2021.

 Marco FIORAMANTI  28 luglio Roma 2024

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