di Claudio LISTANTI
La 75ma edizione della Stagione Lirica del Teatro Lirico Sperimentale di Spoleto si è conclusa con una rappresentazione molto applaudita della Madama Butterfly di Giacomo Puccini che ha mostrato, come vedremo, diversi punti di interesse.
Parlare di Madama Butterfly, soprattutto aggiungere parole sul valore di questa immensa partitura, è del tutto superfluo in quanto il capolavoro pucciniano è conosciuto ed apprezzato in ogni parte del mondo. La triste storia di Cio-Cio-San certamente risiede in un angolo del cuore degli spettatori di ogni parte della Terra, il cui gradimento le ha dato il primato di opera lirica tra le più rappresentate in assoluto; senza fare impossibili graduatorie si può comunque affermare che la posizione di Butterfly in questa singolare graduatoria si può collocare nelle prime cinque.
Prima di iniziare con la disamina di questo spettacolo è comunque utile iniziare da alcune note che ci aiutano a collocare Butterfly nell’ambito culturale musicale e letterario per comprenderne con più efficacia la valenza.
Nell produzione pucciniana, Butterfly, segue di pochi anni la rappresentazione di Tosca del gennaio del 1900. La sua composizione occupò Puccini in un periodo che va dalla seconda metà del 1901 a tutto il 1903.
Musicalmente, come fa notare Mosco Carner nella sua corposa biografia critica dedicata a Giacomo Puccini, l’eroina pucciniana ha delle antenate ispiratrici, la Sélika de L’Africaine di Meyerbeer del 1865, e la Lakmé di Delibes del 1883, non solo per l’argomento di carattere esotico ma anche per il comune innamoramento delle due donne per un uomo venuto a colonizzare la loro terra. In entrambi i casi c’è uno scontro di civiltà tra gli usi e costumi della popolazione locale e quelli più ‘liberi’ e ‘immorali’ degli invasori: storie che si concludono con il suicidio delle due donne.
Vicende come queste ebbero, alla fine del XIX secolo, anche importanti risvolti ‘letterari’ che influenzarono non poco la nascita della Butterfly pucciniana. Si tratta del romanzo Madame Chrysanthème di Pierre Loti del 1887, con la parallela introduzione in occidente degli argomenti di carattere giapponese che ispirarono lavori teatrali e musicali, operette come il Mikado di Sullivan del 1885 e opere come Iris di Mascagni del 1898, prima di arrivare alle alte vette di Butterfly.
In campo letterario, sempre nel 1998, John Luther Long pubblicò su una rivista un racconto che ebbe molto successo tra i lettori, Madam Butterfly. Basato su un fatto realmente accaduto, il racconto era chiaramente ispirato ai personaggi del romanzo di Loti con protagonista la geisha Ki-Hou-San che si innamora del capitano francese Pierre, donando alla storia caratteristiche squisitamente naturalistiche trasformando i due personaggi in Cho-Cho-San poi ‘anglicizzato’ in Madam Butterfly e Benjamin Franklin Pinkerton. Nel 1900 il drammaturgo David Belasco valorizzò il successo di questo racconto di Long, afflitto forse da troppe lungaggini, trasformandolo in un dramma teatrale in un atto, certamente più snello, che abbandonava il finale di Long che prevedeva il ritorno della protagonista alla vita precedente il matrimonio introducendo il tragico suicidio che ispirò Puccini ma anche cambiando i connotati caratteriali di Pinkerton che qui appare uomo di particolare arroganza e insolenza.
Sul dramma di Belasco, Luigi Illica e Giuseppe Giacosa, costruirono il libretto al quale Giacomo Puccini diede i meravigliosi impulsi musicali che tutti conosciamo. La prima assoluta fu il 17 febbraio del 1904 alla Scala di Milano ma come è noto fu accolta da un insuccesso. Ancora oggi non se ne conoscono i motivi ma Puccini decise di approntare delle modifiche alla partitura che già a partire dal successivo 28 maggio fu rappresentata al Teatro di Brescia, una edizione che rispetto alla precedente prevedeva una serie di tagli e di aggiustamenti, per una ‘diversa’ Butterfly che ebbe subito quel successo di pubblico che ha portato questo capolavoro in tutto il mondo.
Tagli e aggiustamenti non finirono qui. La Madama Butterfly fu oggetto di un vero stato di ‘work in progress’ prima di arrivare alla versione definitiva che conosciamo oggi. Difficile, se non impossibile, sintetizzare tutti i cambiamenti apportati nel corso di quegli anni da Puccini che non si esaurirono con la rappresentazione di Brescia ma che ebbero luogo anche in altre recite successive a Londra nel 1905, a Parigi nel 1906 fino ad arrivare al dicembre del 1920 al Teatro Carcano di Milano. Interventi musicali spesso minimi, forse anche apparentemente insignificanti, ma che dimostrano la maniacale cura che Puccini dedicava alle sue creature.
Nella versione ‘definitiva’, in pratica, oltre alla scissione in due parti del secondo atto che ha dato vita al terzo contenente la soluzione del dramma, sono state eliminate alcune scene, soprattutto nel primo atto dedicate alla descrizione di alcuni personaggi secondari; fu anche rivisto il personaggio Pinkerton reso un po’ meno ‘antipatico’ al pubblico e ridimensionata la parte della moglie Kate Pinkerton che nella prima versione cerca di ottenere per sé il figlio della Geisha.
Ma nel complesso Butterfly rimane opera integra e completamente godibile nella quale è fondamentale, come spesso in Puccini, l’elemento ambientale che caratterizza azione, epoca e personaggi così come il profondo mutamento interiore di Cio-Cio-San che da sposa bambina dai caratteri indiscutibilmente adolescenziali subisce una rapida trasformazione che le fa comprendere il grande ‘tradimento’ operato da quello che credeva il suo amore eterno. Il tutto messo in evidenza da una partitura raffinata ed incisiva nella quale Puccini usa con una certa frequenza la tecnica del ‘leit-motiv’ procedimento che raccoglie, anche se un pò alla lontana, gli echi wagneriani. Il tutto grazie ad una orchestrazione di primissimo ordine che la colloca tra le più interessanti di tutto il ‘900 musicale.
Di rilievo, quindi, la scelta del Teatro Lirico Sperimentale di inserire in una stagione così importante, con la quale ha celebrato i primi 75 anni di vita, un capolavoro così impegnativo per la realizzazione e per l’esecuzione che, come vedremo, ci ha offerto una recita di indiscutibile pregio. Inoltre, ricordando che la stagione era stata aperta da The Rape of Lucretia di Britten, si può dire che all’interno di essa si è formato un lungo e resistente filo sottile, a ricordo di uno dei problemi sociali che oggi è spesso alla ribalta: la violenza sulle donne, auspicando così una pronta e rapida soluzione di questo annoso problema.
Nella disamina di questa produzione di Butterfly iniziamo dalla realizzazione scenica. Affidata al regista Stefano Monti, artista dalla lunga militanza nel teatro di prosa come nel teatro d’opera.
Monti si è trovato nella poco invidiabile posizione di mettere in scena un grande capolavoro parallelamente alle disposizioni anti-covid molto penalizzanti per gli spettacoli dal vivo, soprattutto in luoghi chiusi come il teatro, condizione acuita anche dalle notorie difficoltà economico/finanziarie che affliggono, almeno nel nostro paese, questo genere di spettacolo. Come egli stesso ha dichiarato ha operato delle scelte dimostratesi sicuramente valide:
”Dall’attuale situazione del teatro e dalle difficoltà della progettazione per la messa in scena di M. Butterfly ha preso le mosse la consapevolezza del dovere di esserci per la vita della comunità teatrale e del suo pubblico. Da questa istanza sono maturate linee guida per la messa in scena che conciliassero una pluralità di esigenze. Da quelle legate alla sicurezza, alle ragioni interpretative, a quelle di praticità progettuale in ragione di costi e tempi. Tutto questo non vissuto come un impoverimento, ma anzi un arricchimento in termini esperienziali. Quando si è manifestata la pandemia ho pensato che avevamo una responsabilità verso il teatro musicale in particolare, settore fra i più colpiti.”
Ne è nata una messa in scena semplice ed allo stesso tempo esaustiva per la rappresentazione del dramma. Ha concepito un spazio unificato considerata anche l’assenza del cosiddetto ‘golfo mistico’, coperto da una pedana che si univa a quella naturale del palcoscenico ampliandone così lo spazio disponibile. L’orchestra è stata collocata in fondo al palcoscenico. Dinanzi all’orchestra c’erano gli interpreti creando, però, un efficace punto di convergenza con la collocazione di una pedana sulla quale agiva Cio-Cio-San esaltando così quella centralità teatrale che, indiscutibilmente, caratterizza la figura di Butterfly sia dal punto di vista musicale e vocale sia dal punto di vista dell’azione. Gli altri personaggi contornavano la protagonista, tutti con semplici ma efficaci movimenti che rendevano intelligibile tutta l’azione. La scena del tutto scarna ma con efficaci elementi che ricordavano con precisione l’azione e tutti quegli elementi di ambiente che costellano sia nel primo atto che tutto il resto dell’opera.
Clelia De Angelis ha creato dei costumi di grande fascino non solo per la Cio-Cio-San ma anche per tutti gli altri protagonisti, rispettando con precisione l’epoca dell’azione primonovecentesca che scaturisce dal libretto. Nelle prime file della platea erano sistemati i coristi in totale continuità con il pubblico collocato nelle file successive e nei palchi di tutto il teatro, quasi a dare un senso di rappresentazione ‘avvolgente’ che univa esecutori e pubblico per una non comune ‘unitarietà d’insieme’ completata, ed esaltata, da una tela collocata nel fondo del palcoscenico sulla quale erano proiettati alcune illustrazioni animate di Lamberto Azzariti e, in trasparenza, anche parte dell’azione con i personaggi che apparivano come una sorta di ‘silhouette’ che impreziosivano, anche grazie alle luci di Eva Bruno, la percezione dell’insieme e dello svolgimento del dramma.
Per quanto riguarda la parte vocale (ci riferiamo alla prima recita del 17 settembre) c’è stata una lieta sorpresa, quella del soprano Sara Cortolezzis. Seconda classificata all’edizione 2021, 75ma del Concorso “Comunità Europea” per Giovani Cantanti Lirici, la giovane cantante veneta ha mostrato un’apprezzabile padronanza vocale abbinata ad una intensa interpretazione scenica mostrando anche di possedere il necessario ‘temperamento’ per interpretare il personaggio di Cio-Cio-San, tra i più difficili del repertorio lirico. Ci sembra una cantante da un ‘possibile’ importante avvenire che le consenta di sconfinare in un tipo di repertorio anche di peso specifico maggiore che soddisfi il suo desiderio, del quale ci ha parlato in una piccola intervista, di giungere fino a quelle grandi parti che sono le regine donizettiane. Per lei, al termine della recita, un incontrastato successo personale.
Al suo fianco segnaliamo la soddisfacente interpretazione del baritono Alberto Petricca che ci ha regalato uno Sharpless di rilievo, a tratti anche piuttosto commovente, come nel patetico dialogo con Butterfly quando cerca di far capire alla ragazza che Pinkerton non ne vuole più sapere. Petricca è uscito dal Concorso di Spoleto 2021 non nel ventaglio dei vincitori ma idoneo, giovanissimo, ha dimostrato sia in Butterfly come nell’altro spettacolo a cui ha partecipato, l’intermezzo L’ammalato immaginario, un notevole talento musicale che fa intravedere, anche per lui, un interessante futuro.
Il tenore Andrea Vincenti è risultato un efficace Pinkerton assieme all’appassionata Suzuki di Dyana Bovolo con Klara Luznik nel ruolo di Kate Pinkerton. Completavano la compagnia di canto Federico Vita Goro, Matteo Lorenzo Pietrapiana Yamadori, Giacomo Pieracci Lo Zio Bonzo, Maurizio Cascianelli Commissario imperiale e Antonio Trippetti Ufficiale del registro. La parte rappresentativa è stata efficacemente completata dalla presenza di Monique Arnaud, grande studiosa del teatro Nō, che ha sostenuto la parte del Custode dei Codici prevista per questa edizione e collaborato alla realizzazione per la parte esclusivamente dedicata alla rappresentazione di usi e costumi della tradizione giapponese. Da ricordare la partecipazione dei mimi Giulio Fortunato e Alessando Muzi assieme ad Agnese Romani nella commovente parte recitata del figlio di Butterfly.
Carlo Palleschi ha diretto l’orchestra e coro dell’Istituzione Teatro Lirico Sperimentale ‘A. Belli’ di Spoleto in modo del tutto funzionale alle caratteristiche della partitura ed all’impostazione dello spettacolo per il quale, però, la purtroppo necessaria collocazione ‘innaturale’ di orchestra e cantanti, ha messo in evidenza qualche immancabile squilibrio senza però influire sull’apprezzabile resa di tutto l’insieme.
La recita, alla quale ha assistito un pubblico senza dubbio numeroso considerando tutte le limitazioni dovute al covid, ha applaudito a lungo al termine dello spettacolo tutti gli interpreti testimonianza dell’ampio gradimento per quanto visto ed ascoltato.
Nel complesso questa 75ma edizione della Stagione del Teatro Lirico Sperimentale di Spoleto si è rivelata valida sotto tutti gli aspetti rinnovando ancora una volta la sua preziosa presenza nel campo della rappresentazione e dell’interpretazione nel teatro lirico confermando pienamente le validità delle sue prerogative di base rivolte all’individuazione e alla formazione di giovani cantanti che la rendono, ancora oggi e con forza immutata, istituzione tra le più in vista di questo settore del Teatro d’Opera.
Claudio LISTANTI Roma 26 settembre 2021