“Una patria comune del genere umano con ‘eguaglianza di diritti e di doveri’ ”. Al via gli incontri “Facciamo Pace, umanità in cammino verso la fratellanza”.

di Chiara GRAZIANI

“La giustizia basata sulla misericordia è la via da percorrere per raggiungere una vita dignitosa alla quale ha diritto ogni essere umano”
“Il concetto di cittadinanza si basa sull’eguaglianza dei diritti e dei doveri sotto la cui ombra tutti godono della giustizia. Per questo è necessario impegnarsi per stabilire nelle nostre società il concetto della piena cittadinanza”

 Abu Dhabi, 4 febbraio 2019

(ph Vatican news)

 Sua Santità Papa Francesco                 Grande Imam di Al-Azhar Ahmad Al-Tayyeb

La Storia è piena di sorprese, scriveva Franco Ferrarotti. Neppure in questo tempo in cui la guerra – ripudiata all’esito di due guerre mondiali e di un genocidio – viene riabilitata e tutto pare correre verso il terzo conflitto globale e nuovi genocidi, nulla è già scritto. Ma le sorprese, e la speranza che le prevede, vanno costruite collettivamente. E’ il messaggio della Chiesa che si adopera per questo,  fabbricare le sorprese della Storia. E’ un  attore disarmato: un outsider della geopolitica che  rappresenta però una comunità planetaria, è  moralmente legittimato ed è  dedito alla mediazione nelle grandi crisi – mediatizzate o no – senza  l’ombra di interessi nazionali.

Il Papa alle Nazioni Unite

Papa Francesco, in quest’opera globale di scavo nella Storia, aveva chiesto il 9 gennaio scorso  al corpo diplomatico mondiale – radunato per quello che si può definire il suo discorso annuale sullo stato del Pianeta – una diplomazia della speranza (Cfr https://www.aboutartonline.com/le-dense-nubi-della-guerra-possono-essere-spazzate-via-lesortazione-di-papa-francesco-al-corpo-diplomatico/ ).

Costruire la pace, se davvero la si vuole ottenere, liberando in primis la comunità degli uomini dal fardello del mercato mondiale delle armi che, con la forza d’inerzia di tre trilioni di dollari in entrate annue, ispira relazioni internazionali distorte e valori aberranti (come la necessità di uccidere)  propagandati da “clubs di like-minded” e false narrazioni. Dai capitali mossi dalla guerra perpetua, aveva detto Francesco, discendono infatti, ingiustizia, povertà, mutamento climatico ed ogni forma di divisione e false narrazioni.

Papa Francesco e il corpo diplomatico (9 Gennaio 12025

Ma l’appello del Papa non è solo affare della politica o  della diplomazia. La Chiesa si sta ponendo il problema, non da oggi, di far entrare la necessità della pace fra le urgenze che definiscono il cristiano come cittadino dell’umanità, dimensione quest’ultima della quale non può più fare a meno. In questo quadro va inserita l’iniziativa dell’ufficio per la cooperazione missionaria della diocesi di Roma che ha avviato un percorso formativo in sei tappe dal titolo “Facciamo Pace, umanità in cammino verso la fratellanza”.

Sabato 18 c’è stato il primo incontro nell’aula della Conciliazione a palazzo Lateranense, il ciclo proseguirà, una conferenza al mese, fino a giugno: obiettivo fornire una cassetta degli attrezzi, motivazionale, analitica, storica, spirituale  ad animatori missionari, catechisti, insegnanti di religione e operatori pastorali perché siano aiutati a costruire, o ricostruire, nelle comunità di base questa idea di cittadinanza comune con ogni popolo e religione.

Andrea Riccardi

La prima “lezione” è stata affidata ad Andrea Riccardi, fondatore della comunità di Sant’Egidio associazione di credenti che, nata per realizzare l’evangelica vicinanza ai poveri, dagli anni ‘70 si è diffusa nel mondo realizzando così sul campo che “la guerra è la madre di ogni povertà”: vicinanza ai poveri è anche, e soprattutto, spengere gli incendi della guerra, con la mediazione fra belligeranti e con il sostegno alle vittime. A lui l’organizzatore padre Giulio Albanese, missionario comboniano e giornalista, ha affidato il tema “La profezia missionaria della pace in tempi di guerra”. Con la premessa che la speranza, ha detto Albanese citando Sant’Agostino, ha due figli “indignazione e coraggio”. E indignazione e coraggio non possono essere delegati.

Riccardi è partito da un’immagine:quella dei cimiteri nei paesi più lontani dove gli è capitato di leggere nomi di missionari che, in passato, partivano consapevoli che non ci sarebbe stato ritorno dall’altro capo del mondo.

“Un segno – ha detto – dell’estroversione innata della Chiesa e dei cristiani. Il provincialismo, che oggi torna come portato del nazionalismo che si riafferma a livello internazionale – non fa parte della cattolicesimo, ne è anzi la banalizzazione. Oggi, purtroppo, viviamo anche in Italia un tempo di introversione, di provincialismo estraneo alla cultura missionaria della Chiesa e alla sua profezia di pace. Lo dico ai critici delle aperture di papa Francesco, ad esempio sui temi dell’accoglienza dei migranti. Già dal 1952 Pio XII aveva affermato il diritto delle famiglie a cercare pacificamente uno spazio vitale nel mondo”.

Il magistero odierno della Chiesa ha le sue radici lì, in un lunghissimo pontificato che, ricordiamo, fu segnato anche dall’esperienza dei lager nazisti, dove gli esponenti di diverse confessioni, molti sacerdoti cattolici fra questi,  venivano forzati alla convivenza (accadeva nelle baracche di Dachau che qualcuno definì paradossalmente “di fatto la prima assemblea ecumenica”).  Il seme maturò nel Concilio Vaticano II (“il primo concilio globale”)  e fu Paolo VI, con l’enciclica Popolorum Progressio, ha detto Riccardi, a spostare la questione sociale sui rapporti nord-sud e sulla pace come sviluppo (e anche qui, aggiungiamo, torna la continuità con Francesco). “Una primavera per la Chiesa”, ha spiegato Riccardi. Una stagione le cui conquiste sembravano irreversibili per tutta la comunità degli uomini.

Non un paradiso senza guerra, ha puntualizzato Riccardi.

“La guerra fredda che non ha impedito i conflitti. Ma c’erano un Kennedy, un Krusciov ed un valore comune a tutti, un obiettivo di pace che nessuno metteva in discussione. Oggi viviamo l’eclissi della cultura della pace che non è più un bene comune mondiale da proteggere. Piace a noi cattolici parlare di bene comune: la pace è il primo bene comune dell’umanità. Eppure una risorta stagione della forza ha preso il sopravvento, il nazionalismo ha organizzato l’odio e le Nazioni Unite, strumento di pacificazione, equilibrio e cooperazione, sono messe in discussione”.

Fare la pace non è più una virtù; è lecito – naturale si direbbe – odiare e costruire i rapporti fra nazioni su questo. La stessa parola nazione, per Riccardi, viene adoperata per indicare una realtà omogenea, compatta, che non esiste come tale, mentre l’opinione pubblica

“è satura delle immagini del dolore degli altri che non percepisce neppure più, frastornata com’è dal caos di false informazioni”.

In questa anestesia delle coscienze “la comunità internazionale danza irresponsabilmente sull’orlo della guerra”.

Come è potuto accadere? Cosa ha interrotto il cammino verso un orizzonte – pace e giustizia per la comunità umana –  che non pareva in discussione? Per Riccardi è intervenuta la forza di un’altra promessa, quella dell’”età dell’oro del capitalismo”, a spostare la direzione di marcia. Questa promessa, i miracoli del mercato libero che avrebbe fatto colare come miele democrazia, libertà e ricchezza diffusa, è stata privilegiata. Il nazionalismo, che è alla base di quella che Riccardi chiama l’introversione che stiamo vivendo, si è alimentato di questa promessa. Il miele, però, non è colato dall’alto e l’età dell’oro è quella del mercato delle armi che “eternizza” i conflitti. Eppure la primavera dei popoli, annunciata dall’enciclica paolina, aveva avuto il suo punto alto nella giornata della grande preghiera interreligiosa di Assisi, connvocata nel 1987 da Giovanni Paolo II per unire la famiglia umana intorno alla richiesta di pace. Quel giorno, su richiesta del Pontefice, quasi ovunque i conflitti si fermarono. La famiglia umana aveva risposto.

Assisi 1987 (ph da Sant’Egidio)

Oggi, invece, ha semplicemente ignorato la richiesta di Francesco di una tregua per Natale.

“Siamo, allora, relitti del passato?” ha chiesto provocatoriamente Riccardi all’uditorio. “O siamo portatori di una profezia?”.

La risposta è nel compito al quale Riccardi ha chiamato la platea di educatori cattolici. Una parola pesante che dice più volte: resistenza.

“Noi non possiamo cedere, la responsabilità dei cristiani è resistere. La prima resistenza è la preghiera. Dobbiamo rientrare nella storia, pregando per la pace”. 

La banalizzazione del provincialismo, il cattonazionalismo sono tentazioni ma la chiave “sarà l’estroversione” che è nello spirito missionario della Chiesa e che ne è sempre stato l’antitesi. Roma communis patria, sia l’orizzonte. “Ri-umanizzare l’altro”, disumanizzato nella categoria rozza del “nemico”, è poi “un antico segreto del cristianesimo”. Usate questo “antico segreto” ha suggerito. Con i migranti, i poveri, i sofferenti. Sant’Egidio usa l’”antico segreto” ormai da decenni. Uno sguardo che può portare cultura di pace anche nel cortile di casa.

Perchè la storia, ha ricordato alla fine  “è piena di sorprese”. E nessun finale scritto non può essere cambiato.

Francesco e il Saladino (Credit foto – fra Robert Lentz Ofm)

Nelle sorprese della storia, non ancora ben comprese,  Riccardi ha indicato il documento sulla fratellanza umana, per la pace mondiale e la convivenza comune sottoscritto nel 2019 ad Abu Dhabi da papa Francesco ed  il grande Imam di Al-Azhar Ahmad Al-Tayyeb. (https://shorturl.at/hAezu) . Cristiani e musulmani vi affermano, per la prima volta, che nel nome di Dio non può essere mossa guerra né commessa ingiustizia o si possono distruggere le risorse di tutti a vantaggio di pochi. Nel nome di Dio “ e dell’innocente anima umana che Dio ha proibito di uccidere”, scrivono impegnandosi, siamo una sola fratellanza universale. Una patria comune del genere umano per la quale le due grandi religioni monoteiste si sono impegnate a costruire una cittadinanza con “eguaglianza di diritti e di doveri”  e che metta tutti all’ombra della giustizia. Quest’ultimo impegno, a ben leggere, potrebbe essere la soluzione al conflitto in Medio Oriente. Non più figli di un nazionalismo o di un altro, ma cittadini uguali, all’ombra della giustizia.

Chiara GRAZIANI  Roma 19 Gennaio 2025