di Marco FIORAMANTI
Conoscere intimamente una persona significa essere, in qualche modo, parte integrante della sua vita interiore.
È questo forse il karma di Renzo Paris (poeta, romanziere, critico, traduttore) a cui la sorte ha concesso il privilegio di conoscere e raccontare nei dettagli il quotidiano – sia l’esistenza glamour che quella underground – dei principali personaggi, suoi intimi, del mondo letterario romano a partire dagli anni Sessanta.
È l’autore stesso a parlare di sé e della sua intimità in questo suo nuovo libro appena uscito, pubblicato da elliot, un tributo a Laura Madame Betti, a vent’anni dalla morte, dopo quello dedicato quattro anni prima ad Amelia Miss Rosselli, due donne scese a Roma da un altro pianeta. Convincendosi che:
“…scrivere era diventato a poco a poco una seduta spiritica […] cercando l’io profondo nei miei ricordi. Mi sembra, come nel finale del “tempo ritrovato”, che non avrei avuto la forza di tenere a lungo avvinto a me quel passato di giganti immersi nel Tempo. Per questo mi sono messo a rievocare la Madame Verdurin romana (la Betti, ndr), che amava ricevere a cena quei giganti e, a volte, affettuosamente, metterli alla berlina”.
Ho deciso di prenderla alla larga, dall’esterno, dai fili invisibili che compongono il libro, da alcuni dei trenta capitoletti dell’indice. Il primo, per esempio: La vedova. Laura Betti, inconsolabile vedova per la perdita del suo amore impossibile, quel due novembre del ’75, il massacro di Pier Paolo, che amava chiamarla La pupattola bionda.
L’accattivante affabulazione di questo racconto di vita permette a Renzo Paris di creare in trasparenza una sorta di ipertesto, inserendosi con una storia-nella-storia dando vita a personali rievocazioni d’infanzia legate a una bambola bionda che l’adolescente di Celano smontava nelle singole parti e che poi avrebbe sovrapposto, molti anni dopo, alle fattezze in carne ed ossa dell’amica bionda dagli occhi azzurri e la bocca a cuore. C’è poi Biancospino, un amore sessantottino di lotte femministe poi giunto al capolinea. Ma è nel capitolo otto, Madame, che entra viva in scena l’attrice felliniana de “La dolce vita” nella parte di sé stessa. “Non ho mai capito la reale differenza tra recitare ed esistere”, disse una volta Laura Betti in una intervista.
Nata nel 1927 a Casalecchio del Reno, nella provincia bolognese, la giaguara (“perché cammino con la falcata felpata”, rispose a Pasolini al suo primo incontro, e dopo averlo baciato in bocca dichiarò: “Io sono fatta così. Io li stupro gli uomini. Sono io che me li faccio, non sono mica loro che si fanno me”) era approdata a Roma anche lei nel ’55, proprio come Paris, lui dalla Marsica. Cantante jazz dalla voce roca, fu prima cabarettista con Walter Chiari (“I saltimbachi”, 1954), poi attrice teatrale (diretta da Visconti ne “Il crogiuolo” di Miller) e infine di cinema, con oltre sessanta film (basti citare, tra i registi, Fellini, Pasolini, Bellocchio, Monicelli, Scola e Bertolucci).
Di carattere esuberante, con quel tanto di felice svitatezza un po’ visionaria che la caratterizzava, Laura Betti esce fuori da questo libro nel triplo ruolo, quello iniziale, del suo arrivo a Roma dalla provincia, la “flâneuse” neorealista arrivata confusa dai tanti sogni in testa, quello successivo, grintoso, della mondana di successo, del jet set romano del Caffè Rosati e delle estati al Circeo e Sabaudia da Moravia (“la Nonna”), della sua casa al Babuino piena di scrittori, e scrittrice anche lei con il suo Teta veleta).
Nel 1960 Laura è già famosa, scrive Paris. Era stata in via Veneto a farsi schiaffeggiare da Tomas Milian, a sedersi sopra le ginocchia dei vari Rock Hudson, a buttarsi contro i paparazzi gridando “No! No! No!” altrimenti la foto non la pubblicavano. Per questo la chiamavano anche Miss Flash. E infine c’è il coté strettamente ‘pasoliniano’, quello dell’impegno per l’Archivio, il libro sui processi, sulle ipotesi e sulle verità negate.
“Madame Betti” è anche molto altro, è un microcosmo proustiano di nomi, di volti noti (e di morti viventi), dove il dolore, la melanconia, strisciano latenti e s’insinuano nei ricordi in una realtà raccontata nel suo farsi, senza giudizio alcuno, con la consapevolezza di un Tempo presente che andava raccontato. Bonjour Madame!
Marco FIORAMANTI Roma 14h Luglio 2024