di Francesco MONTUORI
Migranti sull’About
di M. Martini e F. Montuori
LETTERA DA MADRID. 4
Passeggiata sulla riva del mare.
( Madrid: il Museo Sorolla)
Due signore passeggiano sulle rive del mare. Il pittore le ritrae dall’alto al punto che la linea dell’orizzonte tende a coincidere con la cornice superiore della tela (fig.1). Sono vestite di bianco, indossano grandi cappelli di paglia.
C’è vento, svolazzano i foulard di seta bianca. Sulla destra la signora trattiene il cappello; i colori sono luminosi; il bianco risplende di luce; il mare violetto è increspato. Nulla è immobile nella rappresentazione: le due signore non sono “in posa” ma colte in un momento istantaneo della loro passeggiata. La pennellata veloce lascia margini alla fantasia dell’osservatore.
Bisogna dipingere in fretta perché quanto è fugace presto sparirà; occorre catturare l’immediatezza, l’apparente facilità dell’istante che fugge. Nulla è immobile nella natura: il mare si alza, si avvolge, ricade; le nuvole si trasformano incessantemente; i rami dei boschi ondeggiano senza sosta, ogni cosa cambia il suo aspetto. Occorre cogliere l’istante muovendo con rapidità il pennello, con piccoli tratti di colore, per raggiungere un luminoso cromatismo, e dominare così il movimento degli uomini e della natura.
L’indagine sui colori della natura si approfondisce nelle composizioni marine. Bisogna sperimentare ed approfondire per catturare l’essenza della luce, i suoi riflessi sulle spiagge del mare valenciano. Il colore si identifica con la luce. La dinamica della rappresentazione contribuisce alla ricchezza della superficie pittorica; la leggerezza della pennellata si combina con la scabrosità nell’uso della spatola e della macchia di colore lasciata dal pennello. Con un accorto gioco di tessiture pittoriche i colori complementari si uniscono per esaltare la luminosità della composizione; l’ombra colorata si schiarisce accanto all’azzurro violaceo del mare; mutano i toni verdi e turchesi e il bianco della risacca si mescola con il colorito malva del mare.
Joaquìn Sorolla nacque a Valencia nel 1863. Ancora giovane ed inesperto ottiene un sussidio per andare a Roma dove perfeziona la sua attitudine a dipingere. Soggiorna sei mesi a Parigi e qui approfondisce la conoscenza delle opere degli impressionisti. In un secondo soggiorno parigino affronta lo studio del “luminismo”; vince il Gran Prix di Parigi. Torna a Madrid nel 1889 dove ha l’occasione di esporre in una prima mostra antologica. Nel 1909 in America ottiene un importante successo esponendo al City Art Museum di St. Louis e nell’Art Institute di Cicago. Dipinge 14 giganteschi murales nelle sale della Hispanic Society of America di New York. Dieci anni fa una mostra al Prado richiamò mezzo milione di visitatori. Nell’estate di quest’anno la National Gallery di Londra gli ha dedicato una grande esposizione.
Predominava in Spagna la pittura di genere storico di Eduardo Rosales e Mariano Fortuny di cui si ricorda l’attenta e precisa osservazione degli interni dei palazzi signorili dove ritraeva le sue modelle. Sulla fine del XIX secolo Sorolla con i suoi acquarelli da inizio ad una nuova tendenza più libera ed aperta di immagini piene e brillanti di una Spagna luminosa e mediterranea, ottimista e contemporanea.
La sua pittura attrae e, al tempo stesso, inquieta: riconosciamo il gesto giocoso dei ragazzi; sentiamo il rumore della fontana in un giardino; calpestiamo la sabbia delle spiagge; aspiriamo l’odore della salsedine marina.
Sorolla condivideva con gli impressionisti la convinzione che la pretesa dell’arte tradizionale di aver scoperto, una volta per tutte, il modo di rappresentare natura e uomini come li vediamo era un semplice artificio.
All’aria aperta non è possibile cogliere le gradazioni di passaggio tra l’ombra e la luce; alla luce del sole i contrasti sono netti. Le parti illuminate sono assai più brillanti e anche le ombre non sono così uniformemente grigie o nere. La luce, riflettendosi sugli oggetti circostanti, influisce sul colore delle parti in ombra. Gli impressionisti rivelarono che, guardando la natura e gli uomini, non vediamo oggetti definiti, ciascuno con il suo colore, ma piuttosto una vivace mescolanza di toni che si fondono nel nostro occhio. All’aria aperta e in piena luce le forme appaiono piuttosto semplici macchie di colore.
Anche per Sorolla le forme si sciolgono sempre più nell’atmosfera e nella luce solare. Le composizioni bene equilibrate con il disegno esatto del soggetto sono accantonate rispetto al colore ed alla luce della composizione. A Sorolla preme il gioco di luci ed ombre non la forma umana, interessa esprimere dinamismo e spazio; così i suoi paesaggi, inondati di sole e di luce, diventano quasi astratti, macchie di colore. Tutto è luce e colore, niente è forma e disegno
Con semplici tratti, anche su tele minuscole, Sorolla seppe rappresentare la brezza marina, la magia inafferrabile del Mediterraneo con perizia, ardore, duttilità, virtuosismo. Appunti, schizzi, piccoli oli realizzati in tempi cortissimi, come lui stesso affermava, spesso passeggiando per le spiagge del Mediterraneo e della Galizia.
Nel 1910 comincia la costruzione della sua casa madrilena che diverrà l’ abitazione e lo studio dell’artista valenciano. Situata in una delle principali strade di Madrid, il paseo del General Martinez Campos, la casa-museo, è separata in due parti ben distinte: l’atelier con tre ambienti di cui uno assai ampio l’alto soffitto sorretto da capriate lignee, affacciati sul grande giardino e l’ala destinata alla vita familiare.
Il giardino, parte risolto con le perfette geometrie “all’italiana” e parte in stile andaluso, è ricco di maioliche colorate con i tipici colori azzurri, verde e gialli intensi, in una festa di palme, alberi da frutta, piante ornamentali. L’acqua è l’elemento fondamentale: scorre, zampilla e scroscia nelle diverse parti del giardino, memoria dei giardini islamici dell’Alhambra, di Granada e dell’Alcazar di Siviglia.
Attraversato il giardino si perviene al palazzetto Sorolla. L’atelier dell’artista è preceduto da un patio (fig.)
dove sono collezionate i marmi tipici del meridione spagnolo e le ceramiche andaluse che ispirarono i colori delle sue opere: coppe, vasi, piatti, numerose madonne votive. Le tre sale dello studio sono destinate all’esposizione dei suoi lavori più importanti ed ha il fascino della “quadreria”: le opere, numerose, ben allestite e documentate, sono esposte in gran numero sulle pareti, così come Sorolla le conservava, mantenendo dunque inalterati i tratti della casa-studio originaria; la terza sala, in particolare, è ricca di fascino:
vi sono conservati dipinti, bozzetti, ma anche colori e tavolozze, mobili originali, oggetti personali di Sorolla ed una riproduzione in bianco e nero di papa Innocenzo X di Diego Velasquez, oggi a Roma al Museo Doria Panfili. Considerò Velasquez il suo grande maestro.
Voluto nel 1925 da un lascito della moglie del pittore Clotilde Garcia del Castillo
allo stato spagnolo, il museo fu inaugurato nel giugno del 1932 sotto la direzione del figlio di Sorolla, Joaquin Sorolla Garcia. La casa museo è oggi molto amata dai madrileni; si può passeggiare nel giardino, sedere a leggere un libro ed affacciarsi nel fornitissimo book shop per acquistare una semplice cartolina con l’immagine preferita.
Francesco MONTUORI 9 dicembre 2019