di Nica FIORI
Un Velázquez in mostra nella Galleria Borghese
Diego Rodríguez de Silva y Velázquez (Siviglia 1599-Madrid 1660), conosciuto col solo cognome materno Velázquez, è stato indubbiamente uno dei sommi protagonisti del siglo de oro della Spagna, in grado di penetrare nell’anima spagnola e di interpretare con finezza e acume la grandezza e allo stesso tempo le miserie e il declino di un impero sul quale non tramontava mai il sole.
Fu nella città andalusa di Siviglia, all’epoca la più fiorente della penisola iberica, che fece il suo apprendistato artistico presso il pittore Francisco Pacheco, del quale sposò la figlia nel 1618. Pochi anni dopo, quando godeva già di una certa fama, venne chiamato a Madrid (nel 1623) come pittore di corte di Filippo IV e nella corte madrilena nel 1629 ebbe modo di conoscere e fare amicizia con Pieter Paul Rubens. Egli, come pochi altri geni artistici, fu in grado di assimilare e reinterpretare in una maniera unica la lezione dei grandi artisti del Cinquecento e del Seicento. Nella sua evoluzione furono fondamentali i due lunghi soggiorni in Italia, il primo tra il 1629 e il 1631 e il secondo tra il 1649 e il 1651. Ma già prima, nella città natale dovevano essere giunte alcune copie o stampe delle opere di Michelangelo Merisi da Caravaggio, che circolavano allora in grandi quantità.
Certo è evidente che i suoi esordi pittorici furono caravaggeschi, a giudicare dal dipinto Donna in cucina con Cena di Emmaus, una delle sue prime opere conosciute, datata al 1618-1620. L’opera, proveniente dalla collezione permanente della National Gallery of Ireland di Dublino, è attualmente esposta nella mostra “Un Velázquez in Galleria”, nella Sala del Sileno della Galleria Borghese che ospita i dipinti di Caravaggio (fino al 23 giugno 2024), per permettere un confronto tra i due geni della pittura.
Come ha spiegato Francesca Cappelletti, direttrice della Galleria, si tratta di un piccolo evento espositivo che si inserisce nel tema di approfondimento relativo allo “sguardo degli artisti stranieri sulla Città Eterna”, anche se per Velázquez abbiamo un’anticipazione di una decina d’anni del suo primo viaggio in Italia. Nell’ambito di questa ricerca, ricordiamo che si è conclusa da poco l’importante mostra su Rubens, mentre la prossima estate s’inaugurerà un’altra mostra, dedicata a Louise Bourgeois, una scultrice del Novecento che inizia a lavorare il marmo, proprio dopo essere venuta a Roma.
Protagonista del dipinto di Velázquez è una giovane domestica (una mulatta) che ha da poco finito di mettere in ordine la cucina dopo una cena, come si intuisce dalla brocca e dalle ciotole rovesciate a scolare e dal panno bianco in primo piano.
Gli oggetti sono dipinti con grande realismo, e lo sguardo dell’osservatore è attratto dalla luce che fa brillare la pentola di rame e il mortaio, accarezza la cesta di paglia appesa al muro dalla quale fuoriescono i panni e sfiora le brocche di ceramica. Sullo sfondo a sinistra, simile a un quadro nel quadro, si intravede una scena con l’episodio evangelico della Cena in Emmaus, nascosto da ridipinture e riemerso grazie a un restauro nel 1933.
Secondo quanto racconta il Vangelo di Luca (24,13-35), mentre due discepoli di Gesù camminavano sulla strada di Emmaus, Cristo risorto si accostò a loro, ma essi non lo riconobbero e parlarono con lui della loro tristezza per gli eventi recenti che avevano riguardato il loro maestro. Quando furono vicini al villaggio, essi lo persuasero a cenare con loro e, durante la cena, egli prese il pane, lo benedisse, lo spezzò e lo diede loro: solo allora i discepoli lo riconobbero.
Proprio questo momento, nel quale Cristo spezza il pane e lo benedice, è immortalato da Velázquez, come se si trattasse di una visione. La giovane domestica appare immobile e trasognata, evidentemente perché ha percepito la sacralità dell’avvenimento e ne è rimasta spiritualmente colpita. Quest’opera rientra nel genere detto bodegón, che letteralmente significa “taverna” o “locanda”, caratterizzato dalla raffigurazione di persone di umili condizioni sociali, ritratte in scene d’interni dove prevalgono le nature morte. Ma questa volta l’ambientazione sembra richiamare un pensiero di santa Teresa d’Avila, la più importante mistica spagnola che, una volta, rivolgendosi alle sue consorelle, aveva detto queste parole:
“Figlie mie non sconfortatevi se l’obbedienza vi porta a occuparvi di cose esteriori, sappiate che anche in cucina si trova il Signore, e tra le pentole vi aiuta nelle cose interiori e in quelle esteriori”.
Velázquez appartiene a una generazione successiva a quella del Merisi, ma già nel ‘600 i teorici dell’arte parlavano della sua capacità di guardare a Caravaggio e a Jusepe de Ribera (detto Lo Spagnoletto), che a Roma e soprattutto a Napoli fece rivivere il mito di Caravaggio. È plausibile che egli possa aver visto, da giovanissimo, anche una replica della Cena in Emmaus del Merisi, un’opera a lungo conservata nella Galleria Borghese e oggi alla National Gallery di Londra. Quanto al Ribera, Velázquez deve averlo conosciuto a Napoli nel suo secondo viaggio in Italia. Quel viaggio nel corso del quale realizzò a Roma nel 1650 lo splendido Ritratto di Innocenzo X (conservato nella Galleria Doria Pamphili), mettendo a nudo la personalità del pontefice con un realismo penetrante e vibrante di vita.
Il suo dipinto giovanile oggetto della mostra alla Borghese dialoga col tenebrismo e il naturalismo caravaggesco. Anche se non è paragonabile ai capolavori dell’età matura, si riconoscono già elementi che appartengono solo a questo pittore, come ha spiegato Francesca Cappelletti nel corso della presentazione. Si tratta, in particolare, dell’irrompere del sacro nel quotidiano, in questo caso la cucina con la giovane protagonista:
“La presenza della Cena in Emmaus, una visione non completa sulla sinistra, rappresenta l’apertura verso uno spazio religioso all’interno di una scena quotidiana. Velázquez aveva visto forse qualcosa in alcuni pittori cinquecenteschi fiamminghi, ma in questo caso c’è una forza ulteriore. Lo spettatore è portato a riflettere sulla possibilità concreta che questa scena forse è relativa alla cucina dove è stata preparata la cena di Emmaus”.
A quest’opera si possono accomunare altri due dipinti di Velázquez ambientati in una cucina: Cristo in casa di Marta e Maria della National Gallery di Londra, pure caratterizzato da una finestrella con una scena evangelica, e la Vecchia che frigge le uova della National Gallery of Scotland di Edimburgo.
Nelle opere esposte nella Sala del Sileno (cosiddetta in ricordo del gruppo ellenistico con Sileno e Bacco bambino attualmente al Louvre, sostituito da un Satiro danzante, restaurato da Berthel Thorvaldsen con l’aggiunta dei crotali), ammiriamo la Madonna dei Palafrenieri, l’Autoritratto in veste di Bacco (detto anche Bacchino malato) e il David con la testa di Golia di Caravaggio (altre opere caravaggesche sono attualmente in prestito), come pure Un mendicante del Ribera, a evidenziare come questi artisti cercarono la verità nei bassifondi delle rispettive città, nelle strade e nelle taverne, preferendo come modelli le persone umili.
Come riporta Antonio Palomino in “El museo pictorico y Escala optica” (1724), Velázquez a Siviglia eccelleva proprio nei bodegónes e, quando qualcuno gli rinfacciò che non dipingeva con soavità e bellezza soggetti più seri, in cui avrebbe potuto benissimo emulare Raffaello, egli rispose che “preferiva essere il primo in quel genere grossolano, che secondo in uno più delicato”.
Per quanto riguarda il Bacchino, opera giovanile di Caravaggio, è pure presente una drammatica natura morta, ma non si tratta di oggetti inanimati come nel dipinto di Velázquez, bensì di frutta. In quest’umile dramma biologico (secondo una definizione di Longhi), si intravedono degli acini appassiti, come pure una foglia riarsa, che hanno fatto pensare a significati allegorici e morali. L’opera, inoltre, trasmette un sentimento di malinconia che pervade anche le creazioni di Velázquez, compresi i celebri ritratti dei principi e degli infanti, come se egli presagisse la loro morte prematura, e comunque il declino inesorabile dell’Impero spagnolo.
Nica FIORI Roma 7 Aprile 2024