di Silvana LAZZARINO
E’ la prima esposizione in Italia dell’artista ghanese-statunitense dove emerge il motivo dell’identità e della libertà.
I processi esplorativi dell’arte che con le diverse espressioni linguistiche dalla pittura, alla scultura, dalla fotografia al digitale, si arricchiscono di materiali legati al quotidiano, compresi quelli di scarto, diventano sempre più per un artista occasione per ridefinire il proprio vissuto tra passato e presente con cui ritrovare un nuovo ascolto di sé.
Entro questa ottica si orienta l’arte di Basil Kincaid (St. Louis, Missouri, 1986i) artista ghanese-statunitense che attraverso il suo mantenersi ancorato alle tradizioni e allo stesso tempo dentro la modernità ruota intorno all’osservazione di sé a partire da quanto a lui vicino e distante per riscoprire aspetti del proprio essere rimasti silenti. La ricerca di sé, che si muove con il ritrovare la propria identità personale e culturale all’interno della diaspora africana, filtrata dalle sovrastrutture della sua esperienza americana accompagna i suoi lavori per la prima volta esposti in Italia a Milano negli spazi della Galleri a Poggiali (Foro Bonaparte 52).
Attraverso questa sua prima mostra personale realizzata in Italia “The Rolling Fields to My House” Basil Kincaid porta avanti mediante collage, fotografie, installazioni e la tecnica del quilting (assemblaggio di frammenti di trapunte) un processo di un ascolto più profondo di sé che gli permette di scandagliare nel proprio mondo a partire dal suo passato, e di soffermarsi a pensare come nella società spesso prevalgano condizionamenti e abitudini limitanti per l’essenza della propria libertà.
A riguardo anche il pregiudizio rientra in questo aspetto influenzando esso stesso le relazioni con le persone considerando ad esempio importante se una persona appartiene o meno ad un certo contesto socio-culturale.
Ma se la diversità viene vista quale arricchimento e confronto, si può ripartire per conoscere e riconoscersi negli altri, per dar spazio ad ogni memoria come a ricucire un macrocosmo di volti, sguardi, esperienze che risuonano quali eco di un sentire condiviso dove ciascuno possa manifestare la propria unicità essendo portatore di valori che restano nel tempo e che si potenziano nella loro complementarità.
Realizzate con materiali di uso comune sia essi trovati, sia recuperati, compresi quelli donati, l’artista ridisegna costumi culturali alternativi.
Grazie alla sua spiccata forza creativa e all’immaginazione, ma anche all’intuizione e al coraggio Basil Kinkaid ha dato forma a rappresentazioni in cui si possono immaginare luoghi che invitano a recuperare quell’amore percepito quale desiderio e bisogno di libertà innata per attivare spazi che partecipano alla liberazione condivisa su scala locale e globale. Libertà che si aggancia a identità, e infatti egli non dimentica di dare spazio alla sua identità che in queste opere appare come solida radice del sé e dell’osservatore; un testimone onnisciente in sintonia con tutte le versioni di sé attraverso le dimensioni esponenziali.
L’utilizzo della tecnica del quilting (assemblaggio di frammenti di trapunte dove utilizza diversi materiali) prende spunto dalle sue tradizioni familiari creative rinnovandole e, rivisitandole per mettere in evidenza come a questa società manchi la volontà di riconsiderare la possibile coesistenza tra individuale e globale, dove ciascun individuo mantenendo la propria specificità si inserisca a completare quella globalità di cui è parte integrante. Considerato all’interno della tradizione culturale nera, come uno spazio rivoluzionario di gioia, coraggio e comunità Il quilting, era visto dunque in netto contrasto con la sottomissione sociale e finanziaria.
“È un modo per onorare i miei predecessori mentre affronto le domande e le preoccupazioni su dove sono, siamo, oggi” – afferma Basil Kincaid – “È un modo per restaurare e ricostruire con l’’intraprendenza insita dentro di noi.”
A questo l’artista lega il suo guardare alla libertà: diritto necessario per ciascun individuo contro l’oppressione, l’omologazione in cui si rischia di cadere. La ricerca di identità si manifesta anche nell’entità nera presente in questi lavori a significare l’importanza del suo essere parte della sua tradizione che porta con sé, Entità ed identità nera di cui sembra voler esplorare la natura policromatica nel suo spostarsi in vari terreni e stavolta sul suolo italiano.
Basil Kincaid (St. Louis, Missour,1986i) è un artista post-disciplinare che attraverso la sua ricerca costruisce, contempla e rivede i limiti autoimposti e condizionati e ne esplora le loro fissità. Attraverso la tecnica del quilting, del collage, dell’installazione e della performance realizzati con materiali di recupero o donati Kincaid abbandona i costumi sociali per dedicarsi alla stesura di tessuti culturali alternativi. Kincaid ha studiato disegno e pittura al Colorado College, laureandosi nel 2010. Ha collaborato con Kavi Gupta Gallery, Mindy Solomon, Kravets Wehby e Carl Kostyal e altri. Nel 2019, Kincaid ha debuttato con il suo primo lavoro commissionato da un’istituzione, la performance “The Release”, presso la Pulitzer Arts Foundation di St. Louis MO. Nel 2020 Kincaid ha ricevuto la Regional Arts Commission of St. Louis. Nel 2021, Kincaid è stato selezionato come borsista per la United States Artist Fellow ed è entrato a far parte della collezione del Smithsonian AmericanArt Museum.
Silvana LAZZARINO Roma 12 settembre 2021
Basil Kincaid
The Rolling Fields to My House
Galleria Poggiali Foro Bonaparte 52 – 20121 Milano
dal 15 settembre al 20 novembre 2021
Inaugurazione 15 settembre 2021 dalle ore 18.30 alle 21.00
per informazioni: +39 02 72095815 info@galleriapoggiali.com