di Claudio LISTANTI
In programma Settima di Dvořàk e Berlioz con Carnevale Romano ed Aroldo in Italia assieme alla viola di Antoine Tamestit
Il 14 marzo scorso è stata una data importante per l’Accademia Nazionale di Santa Cecilia.
Infatti, sul podio dell’Orchestra dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia è salito per la prima volta uno dei più importanti direttori di oggi, John Eliot Gardiner. Si è colmata così una incredibile carenza nei programmi dell’Accademia che per un lungo periodo hanno dovuto rinunciare alle interpretazioni di un musicista di straordinaria arte interpretativa. Molti, ne siamo certi, abbinano il nome di Gardiner al repertorio squisitamente barocco, Bach, Haendel, Monteverdi su tutti, ma la sua bacchetta è spesso orientata verso un repertorio molto più vasto per giungere fino ai grandi autori romantici senza dimenticare anche capolavori del ‘900.
Per questa occasione ceciliana Gardiner ha presentato un programma completamente romantico che comprendeva uno degli autori a lui più cari, Hector Berlioz, del quale ha diretto una programma di ispirazione ‘italiana’, una sorta di piccolo viaggio nel paesaggio e nelle tradizioni del nostro paese, il Carnevale Romano dal Benvenuto Cellini e, con la parte della viola solista affidata a Antoine Tamestit, l’Aroldo in Italia, che del concerto è stato uno sorta di centro gravitazionale. Al fianco di questi capolavori la Sinfonia n.7 in re minore di Antonin Dvořàk.
Berlioz, come accennato, è un autore molto amato da Gardiner che con il Festival Berlioz ne ha coltivato a lungo la sua poetica musicale, rendendosi anche protagonista guidando l’Orchestra Révolutionnaire e Romantique.
Proprio il rapporto tra questa ultima orchestra e quella dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia era da considerarsi uno centri di interesse della serata in quanto l’Orchestra la prima è una compagine che utilizza in toto strumenti d’epoca mentre quella dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia è orchestra moderna a tutti gli effetti. Nell’incontro di presentazione del concerto alla stampa, Gardiner ha chiarito questo aspetto, spiegando che quando si passa da un’orchestra come Orchestra Révolutionnaire e Romantique, che impiega strumenti e una tecnica ispirati alla pratica dell’epoca di Berlioz a quelle contemporanee, è importante l’attenzione ai timbri richiesti dall’autore e mantenere il bilanciamento tra i vari strumenti, con particolare attenzione agli ottoni, trombe e tromboni in modo tale che non sovrastino gli altri.
Nello specifico l’esecuzione è stata di ottimo livello e straordinariamente trascinante soprattutto per la qualità del suono che Gardiner ha ottenuto dall’Orchestra dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia nella quale è sempre ben presente l’ottima pratica strumentale ottenuta grazie al lavoro di anni del direttore musicale Antonio Pappano qui esaltata da Gardiner in maniera molto incisiva e dinamica.Tali caratteristiche sono emerse già dall’Allegro assai con fuoco dell’Ouverture il Carnevale Romano, magnifica apertura del concerto dove colore e ritmi sono subito balzati in prima linea per farci ascoltare questo brano che Berlioz nel 1843 ricavò dal Benvenuto Cellini, che indubbiamente contiene quell’anima popolare propria della storia della nostra città messi bene in risalto dalla direzione d’orchestra anche nell’Andante sostenuto centrale e nel travolgente Allegro vivace conclusivo.
Di evidente contrapposizione è stato il brano conclusivo della prima parte, la Sinfonia n.7 in re minore di Antonin Dvořàk, una partitura che possiamo definire di carattere apollineo, certamente espressione delle correnti classiciste del Romanticismo da accostare alla grande poetica musicale di Johannes Brahms, soprattutto alla Sinfonia n. 3 certamente ascoltata da Dvořàk prima di comporre questa che abbiamo ascoltato. Un filo sottile e resistente le unisce e Gardiner ha saputo mettere in evidenza queste caratteristiche offrendoci una esecuzione dalla spiccata cantabilità musicale già dal primo movimento esaltando l’espressività di questo Allegro Maestoso che inizia con l’intervento di viole e violoncelli e del loro tema appassionato enunciato con chiarezza ed incisività. Il tutto legato al senso di serenità ed inquietudine che pervade il successivo Poco Adagio per transitare nell’energico ritmo di danza del Vivace del terzo movimento per concludersi poi con l’Allegro del finale che si ricollega idealmente al primo movimento chiudendone così idealmente il cerchio del discorso.
Come già accennato Aroldo in Italia op. 16 è stato il brano protagonista della seconda parte, centro gravitazionale della serata. Il brano è intitolato esattamente Sinfonia in 4 parti per viola concertante e orchestra, ma con evidenza può essere definito anche come musica descrittiva, o a programma, visti gli specifici titoli di ognuna dei quattro movimenti che la compone. Nell’economia della serata può essere considerato una sorta di sviluppo di quanto introdotto dal Carnevale Romano che ha aperto il concerto al quale Gardiner ha dedicato estrema cura per restituirci delle ‘cartoline’ colorate e sfarzose della nostra cultura popolare.
Ispirata al Childe Harold’s Piligrimage (Pellegrinaggio del giovane Aroldo) di Lord Byron in essa Berlioz ha trasfuso parte della propria personalità creando così un affresco tanto efficace quanto coinvolgente con le sensazioni che Aroldo prova in prima persona affidate alle sonorità della viola, strumento poco utilizzato per parti soliste ma qui introdotto da Berlioz con incomparabile maestria.
In Aroldo si respira l’Italia ad iniziare dai vari stati d’animo di Aroldo tra le montagne dove gioia e felicità si alternano alla malinconia per giungere alla mistica e commovente Marcia dei Pellegrini (secondo movimento) e alla sensuale serenata che un montanaro degli Abruzzi dedica alla sua amata (Terzo movimento) per chiudere con l’Allegro frenetico dell’Orgia dei Briganti che chiude alla grande il brano per questa occasione diretto da Gardiner in maniera del tutto coerente con l’evolvere dell’ipotetica ‘azione’ affiancato dalla prodigiosa prova del violista Antoine Tamestit che ha dimostrato di essere strumentista ideale per questo tipo di opera musicale.
Al termine del concerto il pubblico ha applaudito a lungo testimonianza del gradimento della prova dell’Orchestra dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia e del violista Antoine Tamestit e, soprattutto di John Eliot Gardiner del quale il pubblico romanao aspetta con trepidante attesa la sua prossima prova ceciliana, l’esecuzione di Semele di Georg Friedrich Händel che il direttore inglese presenterà il prossimo 8 maggio coadiuvato dall’English Baroque Soloist e dal Monteverdi Choir.
Claudio LISTANTI Roma marzo 2019