di Roberta FILIPPI
Roberta Filippi è un’ artista e docente; diplomatasi in scultura con P. Fazzini ed E. Crispolti e in scenografia con T. Scialoja, all’Accademia di Belle Arti di Roma, ha esordito alla XXXVII Biennale di Venezia, poi a Palazzo dei Diamanti di Ferrara e alla Galleria Comunale d’Arte Moderna di Arezzo. Dopo studi teosofici e viaggi in Oriente ha realizzato Kakemono ed Installazioni in cui si fondono, in un nuovo linguaggio pittorico, estetiche e culture d’Oriente ed Occidente. Attualmente la sua ricerca sperimenta la sensualità della materia (foglia d’oro, resine, carte giapponesi) e il lirismo cromatico del cerchio vivente di forme e colori. Sue opere si trovano in collezioni pubbliche, private, museali ed ecclesiastiche. Ha ideato e realizzato opere pubbliche ed eventi artistici di cui è impossibile dar conto in questa sede. E’ presidente de “L’Altrosguardo Artisti associati”, co-fondatrice del Consorzio Casa delle Arti Visive e nel direttivo del Coordinamento delle Associazioni Artisti Visivi di Roma, nella Commissione Cultura del Complesso Museale di S. Caterina da Siena in Roma, Direttore Artistico del Centro Internazionale Antinoo per l’Arte – Archivio M. Yourcenar e membro dell’Associazione internazionale Manifesto Brut. Da tempo è apprezzata collaboratrice di About Art
Dall’1all’8 luglio, nelle sale espositive del Complesso Monumentale di San Salvatore in Lauro di Roma, si terrà l’esposizione della terza annualità del progetto “Vissi d’Arte, l’Opera Lirica, gli Artisti, la Scuola”, nato da un’idea della fondatrice del Centro Internazionale Antinoo per l’Arte-Documentazione Marguerite Yourcenar, Laura Monachesi, con il quale abbiamo cercato di sollecitare l’attenzione delle autorità UNESCO sulla musica lirica, eccellenza italiana, unica al mondo, affinché Le venisse assegnato il titolo di bene immateriale dell’umanità.
Scrive in catalogo il dott. Luigi Romiti, Presidente del Centro Internazionale Antinoo per l’Arte-Documentazione Marguerite Yourcenar:
”Nel percorso di progettazione molte sono le persone incontrate che hanno dato il loro contributo e che ringraziamo, voglio ricordarne in modo particolare due, grandi amici e collaboratori attivi del Centro Antinoo che non sono più tra noi: Maria Fede Caproni, Silvano “Nano” Campeggi e Alessandro Kokocinski, del quale è in mostra un’opera concessa dalla moglie Giovanna Velluti Kokocinski”.
La Musica dell’Anima
La bellezza della Musica vibra di echi nel profondo delle anime più sensibili, riguarda intimamente noi stessi, la nostra anima e la nostra struttura cerebrale; Animus vibrante, quindi, come cassa armonica di sentimenti ed emozioni.
Più di una ricerca scientifica evidenzia come alla base di strutture musicali, indipendentemente dalla cultura di origine e dalla funzione sociale, esistono schemi impliciti e un legame comune tra forma e funzione che denotano l’universalità del linguaggio musicale come veicolo di emozioni. La nostra stessa psiche, l’umana natura, producono archetipi musicali condivisi e ciò ci fa riflettere su come le reazioni emotive suscitate dagli stimoli estetici siano simili pur tra culture molto differenti.
Inoltre nell’interazione e dialogo fra gli ambiti estetico-disciplinari del Melodramma e delle Arti Visive, tonalità, armonia, cromatismo, ritmo, movimento, composizione, timbro, dissonanza, consonanza, sono soltanto alcuni dei termini comuni e la stessa struttura compositiva delle due espressioni artistiche ha assonanze e similitudini ben definite.
La ricerca sinestetica tra Musica e Arti visive, tesa a unire in un’unica sfera sensoriale le percezioni di sensi distinti, ha radici lontane; nella cultura occidentale un esempio di rilievo è il quaderno di note cromatiche messo a punto nel XVI secolo da Giuseppe Arcimboldi, che riusciva a trasporre la musica attraverso un complesso metodo di ombreggiature e toni cromatici. O pensiamo al “cembalo visivo” o tastiera colorata di Skrjabin, o ancora alle teorie di Rudolf Steiner, o alle forme-suono-colore di Kandinsky, insieme a innumerevoli altri esempi che possiamo trovare ripercorrendo la storia delle arti nelle varie epoche e culture.
Nel Melodramma, che è forse la più corretta definizione per l’Opera lirica, Giacomo Puccini è un ulteriore esempio di contaminazioni reciproche tra le due discipline, infatti la sua musica influenzò e ispirò artisti quali Boldini, Previati, Chini, Cremona, Michetti, Conconi, e molti altri che crearono opere di pittura e scultura, ritratti del compositore e dei personaggi delle sue opere, manifesti e scenografie, collezionati dallo stesso Puccini. Nella rappresentazione del Melodramma, grande rilievo assumono la scenografia e i costumi e la collaborazione tra artisti e musicisti ha segnato molti momenti significativi per la nostra cultura, abbiamo infatti esempi anche recenti di grandi artisti che hanno realizzato le loro opere per il Melodramma, come Casorati, De Chirico, Savinio, Guttuso, Cagli, Fioroni, tra gli altri.
In un saggio Piergiorgio Odifreddi indica il numero come
“chiave metafisica per la conoscenza anche in ambito musicale e artistico-figurativo; nel segno della matematica, quindi, protagonista del contributo sulle strutture logico-combinatorie sottese a opere d’arte musicale e visiva, si intrecciano tempo e spazio, ritmo e colore, miti e simbologie, nella storia di questa relazione, soffermandosi su figure, opere e artisti che si sono nutriti dell’osmosi fra suono e immagine”.
Il Melodramma, come sua precipua particolarità e connotazione, unisce il canto, la parola parlata, alla musica. Il termine latino cantus, derivato di canere, “cantare”, indica la modulazione della voce o l’espressione vocale della musica. Unità di suono e parola, il canto sta a rappresentare nelle antiche cosmogonie e nei rituali arcaici la substantia primordiale del mondo e il tramite tra il divino e l’umano mentre, in altri contesti, le potenzialità espressive della voce trovano applicazione in generi teatrali e recitativi, come appunto il Melodramma, in cui si mescolano canto e parlato. Il canto artistico, quale si è sviluppato in Europa a partire dal 17° secolo, ha spinto la voce, nella varietà dei suoi colori timbrici, a livelli estremi di potenza, estensione e agilità, implicando capacità virtuosistiche molto elevate.
Il grande teorico arabo al-Fārābi presenta nel suo Kitāb al mūsiqī al-kabir, “Grande libro sulla musica”, il canto, ghinā, sintesi tra poesia e musica, come il più evoluto mezzo espressivo ideato dall’uomo. Wilhelm Heinrich Wackenroder (1773-1798) postula:
“La musica dipinge sentimenti umani in maniera sovraumana perché parla un linguaggio che noi non conosciamo nella vita corrente, che non sappiamo né come né dove abbiamo appreso, che si può conoscere solo come il linguaggio degli angeli”
Un mondo suggestivo e magico, quello del Melodramma, dove voci, scene, costumi, luci, suoni, applausi, (a volte anche fischi), fanno vibrare il nostro sé profondo, e dove entrano in campo sentimenti molteplici e a volte contrastanti, ma tutti squisitamente umani e senza tempo, quali dramma, tragedia, vita, morte, amore, tradimento, gelosia, abbandono, invidia, sconfitta, miseria, dolore; e tanto sangue, (una per tutte la celebre scena “della pazzia” nella Lucia di Lammermoor, capolavoro di Gaetano Donizetti). Un connubio stretto tra suono ed emozioni, più moderno e attuale di quanto tanti detrattori pensino, e che continua ad appassionare e commuovere migliaia di donne e uomini.
E’ il mondo del Melodramma (il termine opera lirica, non del tutto corretto, deriva dalle parole greche “lyriké” e “lýra” e si riferiva all’arte di comporre poesie cantate con l’accompagnamento di una lira), dove il dramma, appunto, incontra il mélos greco e insieme danno vita alla rappresentazione scenica. Ancora oggi, nella nostra civiltà digitale, il Melodramma italiano (e non solo) specialmente dell’Ottocento, è in cartellone nei maggiori palcoscenici mondiali, ed è diffuso a livello popolare superando mode e generi musicali. Siamo in molti ad auspicare un indirizzo di studi coreutico nelle scuole di ogni ordine e grado, fin dall’infanzia (il teatro lirico è un connubio di musica e narrazione e le storie riescono sempre a catturare l’interesse dei bambini), al fine di valorizzare e diffondere la conoscenza del nostro grande patrimonio sul piano formativo, una scuola dei sentimenti e delle emozioni per la crescita e la sensibilizzazione dei giovani.
In questo terzo step del progetto “Vissi d’Arte…l’Opera Lirica, gli Artisti, la Scuola”, gli Artisti si sono ancora una volta appassionati al tema, realizzando opere di pittura, scultura, fotografia, installazioni e, per i più giovani, libri d’artista, ispirandosi ai compositori indicati, (Rossini, Donizzetti, Bellini, Mascagni, Leoncavallo), alle opere e ai personaggi che più si confacevano alle diverse personalità e pratiche artistiche.
Alba Laura Arciello, nel raffigurare il momento più drammatico de “I Pagliacci” di Leoncavallo, lo amplifica immergendo i personaggi di Canio e Nedda in un’atmosfera dai toni cupi, tracciando le figure con pastose pennellate a olio, rapide e materiche, in cui i colori denunciano l’angoscia dei sentimenti, l’ineluttabilità di un destino segnato. Nel suo Sipario “Borgata dell’amore”, acrilico su carta, Giuseppe Calonaci crea con lucida volontà dell’intelletto, rapporti proporzionalmente armonici tra forme e colori, per generare un equilibrio strutturale ancorché emotivo, destinandolo al contesto storico di appartenenza, in una possibile interpretazione di respiro cosmico.
L’installazione bifronte di Meo Carbone, “La Chiave di Violino”, aerografo su plexiglass, presenta una sinfonia di ritratti dei vari compositori, protagonisti di questo terzo appuntamento con il Melodramma italiano. L’opera, libera da schemi costrittivi, è di raffinata originalità compositiva, e i colori interagiscono con le forme in aerea leggerezza. Lo scultore Franco Caruso, nel suo “Prima dell’Opera” presenta una pregevole coppa, quasi un simbolico elisir, distillato da pagine musicali ricche di note in libertà, da cui attingere e abbeverare i sensi e lo spirito. Il trittico di Laura D’Andrea, ispirato all’amicizia tra il compositore Pietro Mascagni e il pittore Gustav Klimt, ambedue protagonisti delle nuove istanze del simbolismo e di una crescente fascinazione per l’esotismo, ne riporta gli stilemi stilistici più noti in una sinfonia cromatica che ne riverbera tutta la luminosità. In “Casta Diva” lo scultore Raffaele Della Rovere esplicita una riuscita sintesi del connubio tra energia, tensione ed equilibrio formale. Sostanzialmente d’astrazione, la resa morfologica che l’artista imprime alla sua opera vive e si libra con ariosa intensità e padronanza del rythmòs. Una serie di costumi scenici, legati alle esotiche atmosfere del bacino mediterraneo trattate particolarmente in varie opere rossiniane, è proposta da Gabriella Di Trani, già artista visiva, poetessa e performer, interprete di una teatralità che attraversa tutta la sua vasta e poliedrica produzione artistica. Suggestiva l’immagine fotografica realizzata da Patrizia Dottori per “La Sonnambula” belliniana, in cui lo “sfocato” ben rende l’evanescente confine tra sonno e veglia, dove la realtà vive su diversi e contemporanei piani paralleli, che si incontrano, si sfiorano e si attraversano, lasciando nella coscienza effimere e volatili tracce. Di pregnante presenza materica è invece l’opera metallica “Arie” dello scultore Roberto Dottorini, nella quale la purezza delle soluzioni formali e l’essenziale armonia compositiva, rendono la forza e la leggerezza delle più belle arie del melodramma. Il lavoro di Paola Failla, “Me voglio fa’ ‘na casa ‘miezz’o mare” dall’omonima canzone di Donizetti, è declinato tra scritture segrete e stesure cromatiche ricche di sensibilità e introspezione, che entrano a far parte viva della composizione, ora di matrice gestuale, ora più analitica e di fantasioso fraseggio mnemonico. L’articolata tecnica mista “Le due Facce del Tempo” tipica del lavoro di Andrea Felice, quadrata e specchiata, indifferentemente capovolgibile alla maniera di Escher, è ambientata ispirandosi alle note del movimento del Temporale del “Gugliemo Tell” di Rossini.
Nell’opera pittorica “Casta Diva-Iside svelata” Roberta Filippi mette in campo gli archetipi di un Eros Cosmogonico che da sempre attraversa come un fil rouge il suo lavoro. Il manto stellato si disvela e discende a noi diventando acque di vita, il sangue mestruale ha tutto il pathos e la forza dirompente e generatrice del Sacro Femminino. Le carte dei collages plurimaterici di Luciana Fortini, così tipici del suo fare artistico, si stratificano qui sul supporto in varie sovrapposizioni, stesure e velature cromatiche, a rappresentare la vivacità e l’energia del “Guglielmo Tell” di Rossini. L’opera “Senza titolo” in acciaio trattato, dello scultore Valter Gatti è in linea con i caratteristici divertissement cari all’artista, ricco si di padronanza del “mestiere”, ma anche di sagace spirito ironico e dissacrante. Alessandro Kokocinski, nel suo “Aspettando il domani”, suggestiva opera a olio, ancora una volta traspone con sensibilità visionaria le emozioni di una musica, che trova vibrante eco nella sua anima risplendente di colori.
Priscilla Lotti nel suo “Vivo nel fuoco ma non brucio più” acrilico su tela, rappresenta la fiamma delle passioni che agitano e tormentano i personaggi di “Cavalleria Rusticana” nella tensione di una catarsi purificatrice. Leonella Masella interpreta varie arie della Norma belliniana, in un trittico realizzato con stampa e tecnica mista su carta acquarellabile e perpex. Grandi foglie virate in azzurro fanno da sfondo a figure di sapore pop, che vi si sovrappongono in un dialogo tra estetiche e periodi storici diversi. Altra interpretazione dell’aria belliniana “Casta Diva”, è quella di Vincenzo Maugeri attraversata da una sottile malinconia, contemplando forse, nelle foglie autunnali, la caducità del nostro divenire e degli accadimenti umani, le tragedie del vivere, mentre l’ineffabile astro notturno risplende lontano.
Per “La Gioconda” di Ponchielli, la pittrice Marcella Mencherini crea un’immagine dinamica in cui forme e colori si snodano succedendosi in un moto vorticoso, tra trasparenze e velature, atmosfere diafane e timbri vibranti, in una forma avvolgente che racchiude la compresenza di suggestivi brani paesaggistici. Campiture piatte e rapidità di esecuzione, quasi in una istantanea di sapore digitale, mette in campo Pier Francesco Menichelli, nel suo lavoro che ritrae il compositore Vincenzo Bellini. Patrizia Molinari propone un raffinato intervento con foto stampa inkjet su carta giapponese, sovrapponendo un suo tipico segno pittorico ad acrilico, alla scrittura musicale belliniana, un’aria da concerto, poi trasformata in aria da camera. Una immagine dai toni e movenze delicati e affabulatrici è la scelta di Emanuele Panzera Scurto, nella resa iconografica del personaggio di Amina de “La Sonnambula”. A rappresentarla smarrita in una dimensione altra, ne dipinge l’esile figura costretta in un vortice che la rapisce e trasporta in un altrove solo sognato. Radiosità azzurre velano, sottolineandola, la maestosa luminosità della “Casta Diva” nell’opera di Lina Passalacqua che, a presagire l’imminente tragico destino che Norma consapevolmente sceglie di affrontare, erige una aspra barriera di forme acuminate. Un paesaggio di fresca bellezza, dipinto con levità e cura fin nei minimi particolari, “Arie di Primavera” è proposto da Mario Pellegrini per l’opera “Don Pasquale” di Donizzetti. Una fusione panica con il paesaggio naturale, con il linguaggio segreto delle piante, delle pietre e della silente vita delle cose.
M.H.Sonja Peter guarda al cuore della tragedia belliniana, raffigurando i personaggi di “Norma e Pollione, uniti nel fuoco sacro” purificati dalle fiamme sull’altare sacrificale, tra le venerate querce secolari e irradiati dalla luce lunare. “Camminare nel sonno” declinata nel linguaggio dell’astrazione, tipico del suo lavoro, è la composizione ricca di suggestivi accordi cromatici e formali che presenta Simona Sarti, anche lei ispiratasi all’opera “La Sonnambula” di Vincenzo Bellini.
Con l’antica tecnica della ceramica raku, Beatrice Scandaliato celebra la cosiddetta Opera Buffa, in auge nel XVIII secolo, raffigurando alcuni personaggi tipici della Commedia dell’Arte, molto apprezzati per la popolarità e l’immediatezza comunicativa. Placido Scandurra, con la consueta maestria che lo contraddistingue, ritrae a olio su tela il compositore Vincenzo Bellini immerso in un caos creativo in cui frammenti di spartiti, strumenti musicali, elementi di geometrica rigorosità, campiture e toni cromaticamente armonici, di immediata forza comunicativa, concorrono a rendere il pathos generativo della musica belliniana.
Chiudono la rosa degli Artisti che con le loro opere danno forma e immagine a questo terzo appuntamento con il Melodramma italiano, quattro giovani con già all’attivo ricerche personali, esperienze espositive e importanti riconoscimenti pubblici. Qui si cimentano con il Melodramma e le sue suggestioni realizzando opere pittoriche e Libri d’Artista, quest’ultimi realizzati a mano in copia unica. Angela Del Grosso ritrova nella musica lirica la stessa voce della natura, di cui fortemente e con passione si sente parte, insieme a ogni creatura e lo esprime nella pittura con delicatezza e sensibilità. Maria Cristina Marmo, dotata di forte e originale temperamento, sceglie “I Pagliacci” di Leoncavallo cogliendo gli aspetti più vulnerabili e fragili dei personaggi del dramma, i cui destini sono ben rappresentati dagli intrecci di rovi e sguardi furtivi. L’opera a tecnica mista di Francesco Pellicano ben rappresenta una ulteriore tappa del suo percorso di ricerca e sperimentazione di tecniche e materiali che armonizzino la sua complessità interiore e ne accompagnino l’evoluzione. Il “Mosè in Egitto”, di Gioacchino Rossini, è la scelta di Desirée Perifano che con talento e originalità di linguaggio, tra disegno e scrittura graficamente connessi, tratta efficacemente personaggi e frammenti testuali.
Roberta FILIPPI Roma giugno 2019
Direttore Artistico Centro Internazionale Antinoo. Artista Visiva