“Vivere nella Natura come dei fiori”: il ‘mondo fluttuante’ di Hiroshige alle Scuderie del Quirinale (fino al 29 luglio)

di Marta ROSSETTI

“Hiroshige. Visioni dal Giappone”

Roma, Scuderie del Quirinale, fino 29 luglio 2018  

Il centocinquantesimo anniversario delle relazioni diplomatiche bilaterali tra l’Italia e il Giappone (“Trattato di Amicizia e di Commercio”, 25 agosto 1866) del 2016 ha aperto una proficua stagione di esposizioni dedicate alla cultura artistica giapponese. La mostra di Hiroshige allestita presso le Scuderie del Quirinale (1 marzo – 29 luglio 2018) rientra in tale felice movimento e raccoglie circa 230 opere provenienti da collezioni italiane, giapponesi e statunitensi, molte dal Museum of Fine Arts di Boston. L’esposizione è curata da Rossella Menegazzo, professore del settore disciplinare “Archeologia, storia dell’arte e filosofie dell’Asia Orientale” presso il Dipartimento dei Beni Culturali e Ambientali dell’Università degli Studi di Milano, e da Sarah E. Thompson (assistant curator for “Japanese Prints”, Boston, Museum of Fine Arts), con la collaborazione del Museum of Fine Arts di Boston ed il patrocinio dell’Agenzia per gli Affari Culturali del Giappone (Bunkachō) e dell’Ambasciata del Giappone in Italia.

Utagawa Hiroshige (1797-1858), vissuto alla fine dell’epoca Tokugawa, è noto come uno dei principali maestri produttori di ukiyo-e (“immagine del mondo fluttuante”), maestri attivi dall’inizio del Seicento alla fine dell’Ottocento. Tale produzione influenza in modo significativo parte del lavoro artistico europeo della seconda metà dell’Ottocento, dando vita al fenomeno del japonisme (ne sono viva testimonianza le parole di Vincent van Gogh nelle missive indirizzate al fratello Théo e ad Émile Bernard che accompagnano l’esposizione). Hiroshige cresce in una famiglia agiata nel distretto centrale di Yayosugashi (oggi Marunouchi) nel quartiere di Chiyoda, a Tōkyō. Nel periodo di formazione, inquadrabile tra il 1806 e il 1828, è allievo di Okashima Rinsai della Scuola Kano, di Utagawa Toyohiro (1763c.-1825), maestro produttore di ukiyo-e, e risente dell’influsso di Ōoka Unpō della Scuola Maruyama-Shijō.

La mostra è divisa in sette sezioni tematiche – “Cinquantatré stazioni di posta del Tōkaidō”, “Immagini di viaggio: Tōkaidō e Kisokaidō”, “Vedute di luoghi lontani”, “Fiori, uccelli e pesci”, “Parodie e umorismo”, “Vedute della capitale orientale”, “Cento vedute di luoghi celebri di Edo” – ove sono esposte xilografie ed alcuni disegni preparatori per stampe. Ma la protagonista è sempre la natura, perché il maestro giapponese, per dirla con le parole di van Gogh, si impegna

“a studiare un unico filo d’erba. Ma quest’unico filo d’erba lo conduce a disegnare tutte le piante, e poi le stagioni, e le grandi vie del paesaggio, e infine gli animali, e poi la figura umana. Così passa la sua vita e la sua vita è troppo breve per arrivare a tutto” (“Lettera a Théo”, 542).
fig. 1. Utagawa Hiroshige, Hakone. Illustrazione del lago (da Cinquantatré stazioni di posta del Tōkaidō), xilografia policroma, 1833-1834, Boston, Museum of Fine Arts.

Le sette sezioni tematiche sono precedute da un gruppo di prime opere (surimono – “cosa stampata”, temi di beltà, storici e teatrali) e sono chiuse dalla produzione pittorica di dipinti su rotolo (kakemono – “cosa appesa”), questi databili all’ultimo decennio di vita del maestro e sovente accompagnati da versi poetici calligrafati, tra cui emergono per singolarità “Enoshima(Libera Corporation Collection), rappresentazione quasi onirica della piccola isola della prefettura di Kanagawa, e “La cascata maschile di Nunobiki a Settsu” (Nakau Collection), ove il rosso vivo di alcuni alberi (forse momiji: “acero”) pare evocare proprio il vigore fisico e spirituale dell’uomo, contrapponendosi così al pendant femminile dai soli colori dimessi.

fig. 2. Utagawa Hiroshige, Okabe. Il Monte Utsu (da Cinquantatré stazioni di posta del Tōkaidō), xilografia policroma, 1833-1834, Boston, Museum of Fine Arts.

Nella prima sezione tematica – “Cinquantatré stazioni di posta del Tōkaidō” (ed. Takenouchi Magohachi, 1833) – tra i luoghi celebri (meisho) osservati ed interiorizzati da Hiroshige sulla strada che collega Kyōto a Edo (Tōkyō) da lui percorsa in parte nel 1832, colpiscono la surrealtà paesaggistica di “Hakone. Illustrazione del lago” (fig. 1) e di “Okabe. Il Monte Utsu” (fig. 2), la luce silenziosa dell’enorme luna che accompagna il cammino dei viandanti di “Numazu. Scena al crepuscolo” (fig. 3),

fig. 3. Utagawa Hiroshige, Numazu. Scena al crepuscolo (da Cinquantatré stazioni di posta del Tōkaidō), xilografia policroma, 1833-1834, Boston, Museum of Fine Arts.

l’atmosfera ovattata e l’incredibile capacità di rendere la neve e il cielo nevoso di “Kanbara. Neve di sera” (fig. 4),

fig. 4. Utagawa Hiroshige, Kanbara. Neve di sera (serie Cinquantatré stazioni di posta del Tōkaidō), xilografia policroma, 1833-1834, Boston, Museum of Fine Arts.

il soffio e gli effetti del vento, la figura ammantata in “Yokkaichi. Il fiume Mie” (fig. 5) (tutte: Boston, Museum of Fine Arts).

fig. 5. Utagawa Hiroshige, Yokkaichi. Il fiume Mie (serie Cinquantatré stazioni di posta del Tōkaidō), xilografia policroma, 1833-1834, Boston, Museum of Fine Arts.

Seguono le “Immagini di viaggio: Tōkaidō e Kisokaidō” (1833-1855; 1835-1838), le due arterie che per mare e per monti collegano Kyōto a Edo (Tōkyō) nello Honshū Centrale: qui compaiono ancora la luna, che offre la possibilità di rappresentare il lato in ombra di uomini, ponte e natura in “Nagakubo”, e la neve, magistralmente resa assieme al cielo grigio in “Ōi” (fig. 6) (entrambe: Boston, Museum of Fine Arts).

fig. 6. Utagawa Hiroshige, Ōi (serie Sessantanove stazioni di posta del Kisokaidō), xilografia policroma, 1838-1842, Boston, Museum of Fine Arts.
fig. 7. Utagawa Hiroshige, I dintorni di Koshigaya nella provincia di Musashi (serie Trentasei vedute del Fuji), silografia policroma, 1858, Boston, Museum of Fine Arts.
fig. 8. Utagawa Hiroshige, La piana di Ōtsuki nella provincia di Kai (serie Trentasei vedute del Fuji), silografia policroma, 1858, Boston, Museum of Fine Arts.

Nella terza sezione – “Vedute di luoghi lontani” – che raccoglie diverse località celebri (meisho) eseguite dagli anni Trenta agli anni Cinquanta dell’Ottocento (da Kyōto a Ōmi, da Kanazawa ad Enoshima, sino al Monte Fuji), l’abilità tecnica di Hiroshige si evidenzia in “Pioggia notturna a Karasaki”, mentre la delicatezza del suo spirito emerge ne “I dintorni di Koshigaya nella provincia di Musashi” (fig. 7) e, soprattutto, nella lirica “La piana di Ōtsuki nella provincia di Kai” (fig. 8), capolavoro tardo del maestro facente parte della serie “Trentasei vedute del Fuji” (tutte: Boston, Museum of Fine Arts).

fig. 9. Utagawa Hiroshige, Occhialino del Giappone e ciliegio piangente, martin pescatore e campanula cinese, passero e begonia, usignolo dei cespugli e ibisco, xilografia policroma, 1830-1835, Boston, Museum of Fine Arts.

Seguono, poi, “Fiori, uccelli e pesci”: il genere kachō-e (fiori e uccelli) include versi poetici calligrafati (“Occhialino del Giappone e ciliegio piangente, martin pescatore e campanula cinese, passero e begonia, usignolo dei cespugli e ibisco”, Boston, Museum of Fine Arts, fig. 9), la serie dedicata ai pesci unisce specie ittiche e vegetali annoverando la carpa, simbolo di vigore e coraggio cui il fanciullo giapponese deve ispirarsi (tale concetto è raccolto nel Koinobori – carpe di carta o di stoffa ondeggianti al vento – del Kodomo no hi, tradizionale festa dei bambini di sesso maschile che ha luogo in Giappone il 5 maggio di ogni anno).

fig. 10. Utagawa Hiroshige, L’imperatore Kōkō (serie Cento poesie per cento poeti in racconti illustrati della balia), xilografia policroma, 1845-1848, Boston, Museum of Fine Arts.

La quinta sezione – “Parodie e umorismo” – mette insieme xilografie prodotte tra il 1840 e il 1854 raffiguranti ombre cinesi, eventi storici, temi letterari: tra queste emergono “L’imperatore Kōkō” (fig. 10), “Gengji dell’Est. Il giardino innevato”, con i cristalli di neve sul ciliegio in fiore, ma specialmente “Veduta con la neve” (fig. 11) facente parte della serie “Genji alla moda”, per l’eleganza compositiva e dei dettagli e per la rara bellezza del paesaggio del pannello centrale, esso stesso invenzione a sé stante (“Genji monogatari” è composto da Murasaki Shikibu nell’XI secolo ed è il più celebre romanzo della letteratura giapponese; le figure delle xilografie dedicate a Gengji sono opera di Utagawa Kunisada, 1786-1865).

 

fig. 11. Utagawa Kunisada, Utagawa Hiroshige,Veduta con la neve (serie Genji alla moda), xilografia policroma, 1853, Boston, Museum of Fine Arts.

Le “Vedute della capitale orientale” (ed. Shōeidō, 1831-1832), preludio della più nota serie “Cento vedute di luoghi celebri di Edo”, sono dedicate all’antica Edo, attuale Tōkyō, assieme ai gruppi “Luoghi celebri di Edo” (1832-1834), con vedute a volo d’uccello, e “Attracchi dei traghetti di Katsushika nella capitale orientale” (1854), e sono esposte con i “Luoghi celebri di neve, luna e fiori” (1844-1847), serie conosciuta come “I tre bianchi” di cui fa parte la “Pesca di ayu nel fiume Tama sotto la luna autunnale” (fig. 12) (Boston, Museum of Fine Arts), ove protagonista è ancora una volta la luna.

fig. 12. Utagawa Hiroshige, Pesca di ayu nel fiume Tama sotto la luna autunnale (serie Luoghi celebri di neve, luna e fiori o I tre bianchi), xilografia policroma, 1844-1847, Boston, Museum of Fine Arts.

La settima ed ultima sezione tematica – “Cento vedute di luoghi celebri di Edo” (ed. Sakanaya Eikichi, 1856-1858) – è di certo quella in cui Hiroshige lavora utilizzando un linguaggio più moderno: sorprendono alcune fughe prospettiche, “Il traghetto di Yoroi. Koamichō” (fig. 13) (natsu: estate), certe asimmetrie, “Matsuchiyama. Veduta notturna del canale San’ya” (fig. 14) (haru: primavera), ed i close-up quasi fotografici, “Fiori di iris a Horikiri” (fig. 15) (natsu: estate); contemporaneamente, “Bakurochō. Maneggio Hatsune” e “Ryōgoku. Il tempio Ekōin e il ponte Moto-Yanagi” (haru: primavera), “Ōji. La cascata di Fudō” (natsu: estate), “Aceri a Mama. Ponte annesso al santuario di Tekona” e “Luogo per la contemplazione della luna” (aki: autunno), “Fukagawa. Depositi di legname” (fuyu: inverno) si evidenziano per particolarità e rappresentano le quattro stagioni in cui la sezione è suddivisa (tutte: Boston, Museum of Fine Arts).

La mostra è aperta dal “Ritratto funebre (shinie) di Hiroshige” di Utagawa Kunisada (Boston, Museum of Fine Arts) accompagnato dai versi di commiato “Azuma e fude o nokoshite / tabi no sora / nishi no mikuni no / mei tokoro o mimu” ovvero “Parto per un viaggio lasciando il mio pennello ad Azuma (Edo) per visitare i luoghi celebri della terra d’Occidente”, il paradiso puro del Buddha Amida. Terminato il percorso dell’esposizione, ricordiamo con dolcezza quel commiato e nella nostra mente risuonano vere le parole di van Gogh:

“Ma insomma, non è quasi una vera religione quella che ci insegnano questi giapponesi così semplici e che vivono in mezzo alla natura come se fossero essi stessi dei fiori? E non è possibile studiare l’arte giapponese, credo, senza diventare molto più gai e felici, e senza tornare alla nostra natura nonostante la nostra educazione e il nostro lavoro nel mondo della convenzione” (“Lettera a Théo”, 542).

Marta ROSSETTI      Roma   marzo 2018